La riforma del catasto sta creando tensioni tra i partiti che compongono l’esecutivo. Da un lato il premier Mario Draghi, insieme al ministro Daniele Franco, capo del Mef, e i suoi tecnici, minacciano la caduta del Governo qualora non passasse, dall’altra il centrodestra teme che il nuovo sistema possa far aumentare le tasse per alcune fasce della popolazione. Ma cosa prevede esattamente la riforma e in che modo potrebbe influire sulle tasche degli italiani?
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Riforma del catasto, cosa prevede e cosa cambia
L’obiettivo della riforma del catasto è quello di “modernizzare gli strumenti di individuazione e di controllo delle consistenze dei terreni e dei fabbricati, e un’integrazione delle informazioni presenti nel catasto dei fabbricati in tutto il territorio nazionale, da rendere disponibile a decorrere dal 1° gennaio 2026“.
In sostanza, il governo Draghi vuole arrivare a una piena digitalizzazione del catasto entro i prossimi quattro anni, per far emergere irregolarità, immobili abusivi, destinati a diversi utilizzi o non censiti, e terreni edificabili accatastati come agricoli, e procedere al corretto classamento. A questo fine nuovi modelli e strumenti renderebbero più fluida la circolazione di documenti tra gli uffici dei Comuni e l’Agenzia delle Entrate.
Il testo prevede che alla rendita catastale già prevista dalle norme vigenti, per ogni immobile siano determinati anche il valore patrimoniale e la rendita, adeguati ai valori di mercato. In sostanza a ogni immobile sarà attribuito un valore di vendita e uno di locazione. Inoltre ll’unità di misura non sarà più il vano catastale ma il metro quadro.
Ben 39 milioni di italiani interessati dalla riforma del catasto
Dalle analisi sull’impatto della riforma del catasto emerge che la normativa potrebbe interessare ben 39 milioni di persone fisiche e 1,5 milioni di persone giuridiche, tra enti, società e associazioni. Non dovrebbero essere interessati da ripercussioni fiscali dirette, ma dal 2026 potrebbero trovarsi a pagare di più, o di meno, in tasse sulla casa.
Gli immobili che non hanno più le caratteristiche originarie potrebbero infatti cambiare classe o categoria. Ed è proprio questa rimodulazione che spaventa il centrodestra: l’adeguamento dei valori catastali a quelli di mercato potrebbe generare variazioni consistenti nell’Imu e nell’Isee.
Isee e Imu saliranno con la riforma del catasto?
In base alle simulazione della Uil, con i nuovi valori catastali le rendite aumenteranno mediamente di oltre il 128%, con l’Imu sulla seconda casa che passerà dagli attuali 896 euro a 2.046 euro. Ai fine del calcolo Isee, invece, una prima casa potrebbe passare da circa 23 mila euro a oltre 98 mila, con un aumento del 319%. Anche chi ha solo una casa, dunque, potrebbe essere penalizzato, ad esempio per l’ottenimento di bonus e agevolazioni su base Isee.
Ma attenzione: la riforma non prevede un aumento diretto delle tasse. Ed è possibile immaginare che, una volta mappato l’intero patrimonio immobiliare italiano, il Governo e il Fisco decidano di procedere con ulteriori riforme mirate a una maggiore equità nella ripartizione del prelievo fiscale, superando gli attuali paradossi per cui, ad esempio, case di lusso in pieno centro storico hanno rendite catastali più basse immobili recenti costruiti in periferia.