Fringe benefit, obbligo di comunicazione dati all’Inps entro il 21 febbraio

Entro il 21 febbraio 2024 devono essere comunicati all'Inps i fringe benefit erogati nel 2023. Quali sono i soggetti tenuti a questo adempimento

Pubblicato: 8 Gennaio 2024 12:21

Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Entro quando devono essere comunicati all’Inps i dati relativi ai fringe benefit erogati nel corso del 2023? Questa particolare comunicazione deve essere effettuata dai datori di lavoro direttamente all’ente nel caso in cui i dipendenti siano andati in pensione. Stando a quanto spiega l’Inps all’interno del messaggio n. 32/2024 questo adempimento relativo ai fringe benefit risulta essere di particolare importanza per lo stesso istituto, per permettergli di adempiere a tutte le attività di sostituto d’imposta che servono per effettuare il conguaglio fiscale. La comunicazione dovrà essere effettuata entro e non oltre il 21 febbraio 2024.

Ma entriamo nel dettaglio e scopriamo quali sono le novità più importanti.

Fringe benefit: deadline del 21 febbraio

Attraverso il messaggio n. 32/2024, l’Inps ha invitato i datori di lavoro, che nel corso del 2023 abbiano erogato dei fringe benefit e dipendenti andati in pensione, a comunicare entro e non oltre il 21 febbraio 2024 i loro dati. Da quest’anno, infatti, l’istituto è diventato sostituto d’imposta di questi lavoratori andati in quiescenza e dovrà svolgere le eventuali operazioni di conguaglio fiscale basandosi sui dati che gli sono stati forniti dalle aziende.

Per i fringe benefit, infatti, si dovrà applicare il cosiddetto principio di cassa allargato: i compensi, che sono stati erogati entro il 12 gennaio 2024, rientrano nel periodo d’imposta dell’anno precedente, ossia il 2023.

L’Inps, per poter assolvere in maniera efficace e celere tutti gli adempimenti in capo ai sostituti d’imposta, ha sollecitato i datori di lavoro ad effettuare la comunicazione entro e non oltre il 21 febbraio 2024. La trasmissione dei dati dovrà essere effettuata telematicamente andando ad utilizzare l’applicazione Comunicazioni Benefit Aziendali.

Nel caso in cui le comunicazioni dovessero arrivare oltre il 21 febbraio 2024 non saranno oggetto di un conguaglio di fine anno. Rientreranno all’interno delle rettifiche delle certificazioni uniche 2024. All’interno di queste certificazioni verrà indicato che il contribuente è obbligato a presentare la dichiarazione dei redditi.

Fringe benefit: cosa sono

I fringe benefit rientrano nei programmi di welfare aziendali messi in campo direttamente dalle aziende. Sono dei compensi che le aziende erogano ai propri dipendenti oltre al normale stipendio e vengono erogati direttamente dal datore di lavoro in natura. Questo significa che, ai lavoratori non vengono offerte delle somme di denaro, ma arrivano beni o servizi. A regolamentare i fringe benefit e, più in generale, la retribuzione in natura è l’articolo 2099, comma 3, del Codice Civile, che riporta nello specifico:

Il prestatore di lavoro può anche essere retribuito in tutto o in parte [con partecipazione agli utili o ai prodotti, con provvigione o] con prestazioni in natura.

Ovviamente i fringe benefit, dato che costituiscono parte della retribuzione, concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente.

Tra le prestazioni in natura che il datore di lavoro può erogare ai propri dipendenti vi rientrano, tra le altre cose:

Le esenzioni del 2023

Ricordiamo che, limitatamente per il periodo d’imposta 2023, il Decreto Lavoro – più correttamente il Decreto Legge n. 48/2023 convertito in modificazioni nella Legge n. 85/2023 – ha previsto che il datore di lavoro possa riconoscere ai lavoratori dipendenti – e a quanti stanno percependo dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente – con figli a carico, dei fringe benefit esentasse fino ad un valore massimo di 3.000 euro. Per tutti gli altri lavoratori, unicamente per il periodo d’imposta 2023, il tetto massimo è pari a 258,23 euro.

L’articolo 40 del Decreto Lavoro, nello specifico, prevede che siano esclusi dalla formazione del reddito – entro il valore complessivo di 3.000 euro l’anno – il valore dei beni che siano stati ceduti o dei servizi regolarmente prestati ai dipendenti con dei figli a carico. La stessa agevolazione è prevista per le somme che sono state erogate o rimborsate agli stessi dipendenti per provvedere al pagamento delle utenze di casa di luce, gas ed acqua.

Per il periodo d’imposta 2023, la norma, in estrema sintesi, ha introdotto una deroga al regime ordinario, che prevede le esenzioni dei beni ceduti e dei servizi prestati fino ad un massimo di 258,23 euro. Per il 2024, le regole sono nuovamente cambiate.

Le operazioni di conguaglio

È bene ricordare che anche per il 2023 continua a rimanere in vigore la disciplina prevista direttamente dall’articolo 51 del TUIR: nel caso in cui il valore dei beni o dei servizi erogati risulti essere complessivamente superiore ai limiti previsti – ossia 3.000 euro o 258,23 euro – il datore di lavoro dovrà assoggettare l’intero ammontare dei fringe benefit alla tassazione prevista dalla normativa. Questo significa che, nel momento in cui vengono erogati fringe benefit per 3.001 euro o 259,23 euro a seconda dei casi, l’intero ammontare del valore erogato risulta essere assoggettato a tassazione. Anche gli importi inferiori.

Per arrivare a determinare l’ammontare dei limiti appena citati è necessario prendere in considerazione anche il valore dei beni e dei servizi ceduti dai precedenti datori di lavoro, nel caso in cui questi siano presenti.

Da un semplice punto di vista previdenziale, nel caso in cui dovessero essere stati superati i limiti previsti, il datore di lavoro che opera il conguaglio dovrà provvedere a versare i contributi solo e soltanto sul valore dei fringe benefit che lui stesso ha erogato.

In sintesi

Che cosa richiede l’Inps ai datori di lavoro? Di comunicare i fringe benefit erogati fino al 12 gennaio 2024. Questi, infatti, rientrano nel periodo d’imposta 2023. La comunicazione deve essere effettuata unicamente per i dipendenti che siano andati in pensione. L’Inps, per questi soggetti, assume il ruolo di sostituto d’imposta: dovrà provvedere, infatti, a fare i necessari conguagli nel cedolino della pensione.

Nel caso in cui la comunicazione non dovesse essere effettuata entro il 21 febbraio 2024, i lavoratori sono tenuti alla presentazione della dichiarazione dei redditi.

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