Adesione al concordato preventivo biennale, come impatta sui contributi

Il concordato preventivo biennale ha un impatto sui contributi che devono essere versato. Ma è necessario fare una distinzione tra chi dipende dall'Inps e chi no

Pubblicato: 15 Ottobre 2024 06:00

Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Introdotto dal Dlgs n. 13 del 12 febbraio 2024, il concordato preventivo biennale ha uno scopo ben preciso: semplificare gli adempimenti fiscali per i contribuenti minori, ossia quelli che hanno un giro d’affari minore di 5 milioni di euro. Un capitolo importante relativo al nuovo strumento è quello della determinazione dei contributi: il reddito concordato dal titolare di partita Iva con l’Agenzia delle Entrate può essere utilizzato per calcolare i contributi?

La risposta non è la stessa per tutti. È affermativa per i commercianti, gli artigiani e gli altri soggetti che sono iscritti alla Gestione Separata Inps; negativa per i liberi professionisti che sono iscritti ad una Cassa previdenziale privata.

Ma entriamo nel dettaglio e cerchiamo di capire cosa comporta l’adesione al concordato preventivo biennale per il pagamento dei contributi.

Concordato preventivo biennale, in cosa consiste

Prima di procedere è bene ricordare che il concordato preventivo biennale è, in estrema sintesi, l’accordo che intercorre tra un contribuente e l’Agenzia delle entrate per il biennio 2024-2025, grazie al quale il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni o dall’attività d’impresa viene predeterminato, in modo che il diretto interessato sappia quali imposte sui redditi deve versare e a quanto ammonta l’Irap. Il concordato preventivo biennale non ha effetti sulla disciplina Iva.

In altre parole grazie all’accordo che intercorre tra il titolare di partita Iva e l’AdE eventuali redditi maggiori o minori rispetto a quelli concordati non avranno alcune rilevanza per l’Irpef – o l’Ires, laddove sia dovuta -, per l’Irap e per gli eventuali versamenti previdenziali (in quest’ultimo caso, come vederemo, le regole non sono uguali non per tutti).

Ricordiamo che l’adesione al concordato preventivo biennale – che deve essere formalizzata entro il 31 ottobre 2024 attraverso una piattaforma online – permette di beneficiare di una serie di vantaggi, tra i quali ci sono la garanzia di zero controlli fiscali per due anni ed una corsia preferenziale per i rimborsi. Ma non solo: il concordato preventivo biennale sostituirà completamente il redditometro, andando ad eliminare gli eventuali accertamenti basati sul tenore di vita.

Cosa succede per i contributi

Particolare attenzione, in questo contesto, deve essere data proprio dalla voce relativa ai contributi previdenziali, per i quali si vengono a determinare alcune singolarità:

Questo significa che la normativa del concordato preventivo biennale produce degli effetti diretti anche sulla sfera previdenziale, definendo come si debbano comportare i diretti interessati per il versamento dei contributi.

Come abbiamo accennato in precedenza, vi è la possibilità di versare i contributi sul reddito effettivo, anche quando supera quanto previsto negli accordi del concordato preventivo biennale. C’è da aggiungere, però, che:

Concordato preventivo biennale, come si devono comportare i professionisti

Il concordato preventivo biennale ha un precedente storico: una disposizione simile era contenuta all’interno dello strumento introdotto attraverso il decreto Legge n. 269/2003. In questo caso, di particolare interesse, era l’articolo 13, il quale prevedeva che:

Sul reddito che eccede quello minimo determinato secondo le modalità di cui al comma 4 non sono dovuti contributi previdenziali per la parte eccedente il minimale reddituale; se il contribuente intende versare comunque i contributi, gli stessi sono commisurati sulla parte eccedente il minimale reddituale.

Su questo argomento, successivamente, è intervenuta la Corte di Cassazione – Cass. Sez. Lavoro 11.2.2019 n. 3916 e Cass. Sez. Lavoro 11.10.2022 n. 29639 -, che si è espressa a favore della disapplicazione della disposizione. In altre parole, per la determinazione della base reddituale sulla quale calcolare i contributi dovuti alla propria cassa previdenziale, il professionista non poteva utilizzare il reddito determinato con il concordato preventivo biennale. Gli accordi, infatti, riguardano unicamente le obbligazioni tributarie e non il rapporto obbligatorio contributivo che intercorre tra un libero professionista e la cassa previdenziale di riferimento.

Viste le analogie che intercorrono tra il passato ed il presente, ad oggi si propone nuovamente il problema dei contributi alle casse previdenziali private. L’autonomia delle stesse – dato l’orientamento della giurisprudenza – prevederebbe che la disciplina del concordato preventivo biennale non sia applicabile ai professionisti. Fatta salva la possibilità di ogni ente di assumere una decisione autonoma al riguardo.

Non risulta, quindi, completamente infondata la presa di posizione dei Presidenti delle casse di previdenza private aderenti all’Adepp, che hanno dichiarato di ritenere non applicabili alle Casse le disposizioni che sono contenute all’interno dell’articolo 30 del Decreto Legge n. 13/2024. Questo significa che il concordato preventivo biennale, almeno per i liberi professionisti, funzionerà solo per il pagamento dell’Irpef e non per il versamento dei contributi previdenziali.

In sintesi

Chi accede al concordato preventivo biennale deve prestare la massima attenzione ai contributi: il reddito su cui devono essere calcolati è quello dell’accordo per i commercianti, gli artigiani e quanti sono iscritti alla gestione separata Inps.

Per i liberi professionisti vige un’altra regola: i contributi da versare sono legati al reddito effettivo, salvo altre disposizioni prese dalla cassa di appartenenza.

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