Buoni pasto, per la fatturazione si applica la doppia aliquota Iva. Le regole da rispettare

La gestione dei buoni pasto è delicata, soprattutto dal punto di vista contabile. È infatti importante sapere quale aliquota Iva si deve applicare

Pubblicato: 29 Ottobre 2024 06:00

Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

La gestione dei buoni pasto non sempre è così semplice e lineare come molti possono immaginare. Soprattutto da parte delle aziende che li devono gestire sotto il profilo fiscale. L’aliquota Iva che deve essere applicata, ad esempio, dipende dal tipo di contratto che viene sottoscritto:

Ma entriamo nel dettaglio e cerchiamo di capire come funzionano e come devono essere gestiti i buoni pasto, almeno per quanto riguarda l’aspetto dell’Iva.

Buoni pasto, cosa sono

Veri e propri titoli di pagamento, i buoni pasto possono essere utilizzati dai loro possessori per acquistare dei pasti o dei prodotti alimentari. Possono essere utilizzati unicamente dal loro titolare e hanno un valore prestabilito.

I buoni pasto rientrano a tutti gli effetti tra i fringe benefit: ossia i beni o i servizi che i datori di lavoro erogano ai propri dipendenti in aggiunta allo stipendio. Sono una sorta di erogazione in natura, al cui interno i buoni pasto permettono di acquistare direttamente i pasti o dei prodotti alimentari.

Esistono diverse tipologie di buoni pasto:

Quale Iva deve essere applicata

L’excursus su cosa siano e come funzionino i buoni pasto, fa capire perché è necessario comprendere quale aliquota Iva debba essere applicata. Infatti questo strumento può essere utilizzato in un bar o all’interno della mensa aziendale, il ché determina un tipo diverso di applicazione dell’aliquota Iva. Questa, infatti, deve essere applicata in base al tipo di contratto che è stato sottoscritto:

Comprendere se l’Iva è al 4% o al 10% è importante per verificare quale sia l’imponibile dei servizi che vengono erogati attraverso i buoni pasto. La gestione corretta delle pratiche relative alle aliquote dell’imposta sul valore aggiunto è importante, perché i servizi erogati attraverso i buoni pasto vengono autorizzati ed accettati. E quando i dipendenti consumano le pietanze presso una mensa aziendale o interaziendale, vengono emesse delle fatture per ottenere il rimborso delle somme.

Come si determina la base imponibile

Per riuscire a calcolare la base imponibile dei buoni pasto è possibile percorrere tre strade diverse:

L’aliquota da applicare, a questo punto, è pari al 10% se ad emettere la fattura sono i gestori dei servizi di mensa. Se invece a compilare il documento contabile è una società emittente, che deve fatturare direttamente al datore di lavoro, l’aliquota da applicare è pari al 4%: in questo caso la base imponibile è costituita dal prezzo convenuto tra le parti, indipendentemente che lo stesso risulti essere pari, inferiore o superiore al valore facciale che è stato indicato direttamente sul buono pasto.

Buoni pasto, le regole per la fatturazione

A dettare le regole a cui devono sottostare le aziende nel momento in cui fatturano i buoni pasto è il Decreto n. 122/2017122 del Ministero dello Sviluppo Economico, con il quale è stato regolamentato l’utilizzo dei buoni pasto come mezzo sostitutivo del servizio mensa erogato direttamente dall’azienda.

Ad essere interessati direttamente dalle norme sono le società che emettono i buoni pasto, il datore di lavoro e i soggetti che li ricevono. Sotto il profilo giuridico, infatti, si vengono ad instaurare due diversi rapporti contrattuali tra i diversi soggetti:

L’aliquota Iva da applicare viene determinata dalla natura dell’operazione che si sta effettuando. Una volta chiarita la reale natura dell’operazione, è possibile applicare la giusta aliquota Iva.

Nel caso in cui si viene ad instaurare un rapporto tra il datore di lavoro e la società emittente, siamo davanti alla somministrazione di alimenti e bevande presso la mensa aziendale. In questo caso si applica quanto stabilito dal n. 37 della Tabella A, parte II, del DPR n. 633 del 1972, che prevede un’aliquota del 4%. Questa interpretazione può essere estesa anche ai buoni pasto.

Nel caso, invece, che dovesse scaturire un rapporto tra la società emittente e la mensa aziendale che accetta i buoni pasto, deve essere applicata un’aliquota del 10%. Il documento, tra l’altro, sottolinea che generalmente la società di emissione applica una percentuale di sconto incondizionato sul valore nominale dei buoni pasto: la base imponibile dovrà essere determinata andando ad applicare la percentuale di sconto convenuta al valore facciale del buono pasto, scorporando l’IVA, quindi, dall’importo così ottenuto.

In sintesi

I buoni pasto hanno due tipi di aliquote Iva: al 4% o al 10%, che vengono applicate in base a chi eroga i pasti dei dipendenti. Nel primo caso se è la mensa aziendale, nel secondo caso se è una società che emette semplicemente i documenti di pagamento.

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