Una delle voci più importanti della retribuzione di un lavoratore dipendente è costituita dal Tfr, il Trattamento di Fine Rapporto. Succede sempre più spesso, purtroppo, che l’azienda non versi questa componente entro i termini previsti, creando non pochi disagi economici al malcapitato di turno. Il ritardo nel versamento del Tfr, però, costituisce una vera e propria inadempienza contrattuale, che si porta dietro delle conseguenze legali ben precise.
Sono diverse le motivazioni che possono portare al pagamento del trattamento di fine rapporto in ritardo: l’azienda potrebbe attraversare un momento di difficoltà economica, se non addirittura una vera e propria crisi aziendale. Quando il lavoratore sta affrontando questa situazione ha diritto ad una serie di tutele specifiche: la legge prevede che vengano riconosciuti gli interessi di mora e l’importo dovuto venga rivalutato.
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Tfr, quando il pagamento diventa obbligatorio
A stabilire in quale momento il Tfr debba essere erogato è l’articolo 2120 del Codice Civile: il pagamento deve avvenire nel momento in cui il rapporto di lavoro cessa, indipendentemente dalle cause che abbiano portato alla sua conclusione. A questa disposizione non sono ammesse delle deroghe, tanto che il pagamento è, a tutti gli effetti, un credito privilegiato del lavoratore.
Ma ai fini pratici, il trattamento di fine rapporto quando deve essere versato? La sua liquidazione deve avvenire nel momento in cui il datore di lavoro consegna al dipendente la documentazione di fine rapporto (nella quale sono inclusi il certificato di lavoro e la documentazione previdenziale). Da un punto di vista normativo non sono previsti dei termini più ampi che permettano al datore di lavoro di dilazionare il pagamento, sempre che non siano state inserite delle clausole contrattuali particolari o la situazione sia un evento speciale regolamentato da un’apposita legge.
Sui tempi di consegna del Tfr è intervenuta la Cassazione a Sezione Unite, che con la sentenza n. 8230/2018 ha sottolineato come il trattamento di fine rapporto sia esigibile non appena il rapporto di lavoro cessa: il ritardo (che viene inteso come inadempimento contrattuale) si viene a configurare a partire dal primo giorno successivo a quello nel quale il rapporto di lavoro è terminato.
Trattamento di fine rapporto pagato in ritardo
Nel caso in cui il pagamento del Tfr venga effettuato in ritardo, scatta la costituzione in mora automatica del datore di lavoro. Non è necessaria alcuna diffida da parte del lavoratore. Siamo di fronte ad un principio ampiamente confermato dalla giurisprudenza di legittimità, che comporta l’applicazione immediata degli interessi di mora una volta che l’obbligazione sia scaduta.
A determinare quale tasso d’interesse debba essere applicato è il Decreto Legislativo n. 231/2002, che lo fissato al tasso di riferimento della Banca Centrale Europea maggiorato di otto punti percentuali. È possibile applicare il tasso legale laddove questo risulti essere più favorevole al creditore.
Altra importante voce da tenere a mente, in caso di ritardo nel pagamento del Tfr, è la sua rivalutazione monetaria: in questo caso è necessario seguire i parametri Istat (a definire nello specifico quali modalità debbano essere adottate è l’articolo 2120 del Codice Civile). In questo caso vengono applicati gli indici dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. La rivalutazione scatta in modo automatico e si va a cumulare con gli interessi di mora: siamo davanti ad un doppio meccanismo che serve a proteggere il valore e il potere d’acquisto del credito.
In quale modo è possibile recuperare il Tfr
Il legislatore ha messo a disposizione dei lavoratori diversi strumenti per recuperare il Tfr che non è stato pagato. La prima strada da percorrere è quella della diffida formale al datore di lavoro: non serve per metterlo in mora, ma è utile per sollecitare il pagamento. E, soprattutto, permette di creare una prova che l’azienda è in difetto.
Se questo primo passo non fosse sufficiente per sbloccare la situazione, è possibile rivolgersi al Giudice del Lavoro: un decreto ingiuntivo è a tutti gli effetti uno strumento processuale particolarmente efficace per tentare di recuperare il credito in modo rapido.
Il trattamento di fine rapporto è un credito di natura retributiva: come tale beneficia della presunzione di liquidità ed esigibilità semplificare l’ottenimento del decreto.
Prima di intraprendere una qualsivoglia strada legale, ad ogni modo, è preferibile scegliere delle strade alternative, come può essere la mediazione. Questa soluzione permette di aprire un dialogo con il datore di lavoro in un ambiente neutrale: l’obiettivo è quello di trovare un accordo che possa essere soddisfacente per entrambi.
È bene sottolineare, ad ogni modo, che il Tfr continua a mantenere il proprio carattere di credito privilegiato – a prevederlo è l’articolo 2751-bis del Codice Civile -: nel caso in cui l’impresa dovesse essere in difficoltà o ci fossero delle procedure concorsuali, il lavoratore ha diritto di prelazione sugli altri creditori, almeno fino a determinati importi che sono previsti dalla legge.
Come viene gestito il Tfr nel settore pubblico
Il trattamento di fine rapporto nel settore pubblico cambia nome: si chiama Tfs, ossia Trattamento di Fine Servizio e ha delle specificità di erogazione diverse rispetto a quelle previste nel settore privato.
Le ultime (in ordine cronologico) disposizioni dell’Inps a riguardo sono state aggiornate il 27 marzo 2023 e hanno definito in modo preciso quali siano i tempi di erogazione del trattamento, che cambiano a seconda dei motivi per i quali il rapporto di lavoro è cessato:
- deve essere erogato entro 105 giorni nel caso in cui la cessazione sia avvenuta per inabilità o decesso;
- deve essere erogato entro 12 mesi nel caso in cui la cessazione sia avvenuta per raggiungimento del limite di età;
- entro 24 mesi per tutte le altre cause di cessazione.
Il pagamento viene considerato in ritardo quando si superano i tre mesi dalla termine entro il quale deve essere erogato: a questo punto si applicano gli interessi di mora.
L’Inps, attraverso il messaggio 3550 del 10 ottobre 2023 ha spiegato che è possibile recuperare quanto spetta – compresi gli interessi di mora – attraverso un’azione di rivalsa . per gli interessi di mora entro il termine di prescrizione di dieci anni. Il recupero di questi crediti avviene nel primo o nel secondo semestre dell’anno – indipendentemente dal credito che è stato cumulato – purché sia superiore a 12 euro.