Il rimborso spese nel regime forfettario è possibile?

I rimborsi spese, per quanti hanno aderito al regime forfettario, sono una pratica che deve essere gestita con la dovuta cautela

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Costituiscono un reddito a tutti gli effetti e, come tali, sono soggetti a tassazione. Stiamo parlando dei rimborsi spese erogati ai titolari di partita Iva che hanno optato per il regime forfettario. A questa regola generale c’è un’unica eccezione che è costituita dalle spese che sono state anticipate per nome e per conto del cliente, per le quali, però, è necessario seguire delle regole dettagliate.

Ricordiamo che il regime forfettario si basa su una regola ben precisa: il reddito imponibile viene determinato applicando un coefficiente di redditività al totale dei compensi che il titolare della partita Iva percepisce nel corso dell’anno.

Non è possibile dedurre analiticamente i costi che vengono sostenuti, compresi quelli di vitto ed alloggio. Si ritiene, infatti, che queste voci siano comprese all’interno del coefficiente di redditività stesso.

Regime forfettario, quali sono le novità del 2025

A partire dal 2025 sono entrate in vigore importanti novità relative ai rimborsi previsti per i professionisti che hanno adottato il regime ordinario.

I cambiamenti, che sono stati introdotti attraverso il Dlgs n. 192/2024, prevedono che i rimborsi delle spese che sono state sostenute nello svolgimento di incarico non concorrano alla formazione del reddito, purché siano state addebitate in modo analitico al cliente.

Siamo di fronte ad una novità particolarmente importante, ma che che si porta dietro un limite significativo.

Il legislatore ha modificato unicamente l’articolo 54 del Tuir, non ha messo mano al comma 64 della Legge 190/14, il cui scopo è quello di disciplinare dettagliatamente in quale modo debba essere determinato il reddito di quanti hanno aderito al regime forfettario. Questa omissione fa sì che le novità non possano essere applicate anche a questi contribuenti, perché manca una specifica previsione normativa.

La dimenticanza del legislatore ha fatto sì che si venisse a creare una situazione a dir poco paradossale:

Quante tipologie di rimborsi ci sono

La normativa in vigore ha previsto 2 differenti tipologie di rimborsi per i titolari di partita Iva che hanno aderito al regime forfettario:

Spese sostenute per conto dei clienti

Disciplinate dall’articolo 15 del Dpr n. 655/72, sono le somme che il professionista ha dovuto anticipare per nome e per conto del cliente. La peculiarità di questa tipologia di spesa è che la fattura o ricevuta è intestata al cliente finale e non al professionista. Quest’ultimo agisce come un semplice intermediario finanziario.

Quando le spese sono state sostenute per nome e per conto del cliente finale, il professionista può accedere al trattamento fiscale più favorevole. Rientrano in questa tipologia di costi:

Siamo davanti ad una tipologia di spesa che non concorre alla formazione del reddito imponibile: è necessario, però, che vengano documentate in modo adeguato e siano indicate in modo chiaro e preciso all’interno della fattura, dove deve essere indicato che sono degli anticipi effettuati per nome e conto del committente.

L’Agenzia delle Entrate ha confermato questa prassi all’interno delle circolari 58/E/2001 e 5/E/2021.

Spese legate all’attività professionale

Il discorso cambia leggermente per i rimborsi che il committente paga al professionista per coprire le spese che quest’ultimo ha dovuto sostenere per poter eseguire il proprio incarico. Rientrano in questa voce i costi che sono stati sostenuti:

Il rimborso di queste spese concorre alla formazione del reddito imponibile secondo il coefficiente di redditività che viene applicato al codice Ateco dell’attività che il professionista svolge.

Sono dei costi che, a tutti gli effetti, possono essere rimborsati dal cliente, ma da un punto di vista fiscale sono considerati come dei veri e propri compensi e come tali sono soggetti a tassazione.

Tra l’altro questi compensi concorrono al raggiungimento del limite annuo per poter rimanere all’interno del regime forfettario. Devono, inoltre, essere inclusi nella fattura che viene emessa al cliente.

Come gestire i rimborsi

Uno degli aspetti più importanti nella gestione del rimborso è avere sotto mano la relativa documentazione.

Ogni singola voce rimborsata, infatti, deve essere giustificata da una ricevuta, da una fattura o da uno scontrino parlante. In questo modo il professionista riesce a dimostrare di aver sostenuto effettivamente la spesa.

Altro aspetto che non deve essere trascurato è la tracciabilità dei pagamenti. Ogni spesa per la quale si chiede il rimborso deve essere saldata attraverso un bonifico o la carta di credito o una qualsiasi altra forma di pagamento tracciabile.

All’interno della fattura, inoltre, devono essere distinte chiaramente le prestazioni professionali dai rimborsi spese. Molto pragmaticamente si dovrebbe fare in questo modo:

Le prime due voci concorrono alla formazione del reddito, la terza no.

Obbligo di compilazione del quadro RS

È bene poi ricordare che i contribuenti che hanno optato per il regime forfetario devono compilare il quadro RS del Modello Redditi PF. Al suo interno devono essere indicate le spese e i consumi che sono stati sostenuti nel corso dell’anno.

Il costo deve comprendere anche l’Iva addebitata nelle fatture di acquisto: questa è una precisazione molto importante, perché molti forfettari tendono a non richiedere le fatture perché ritengono, in modo errato, che non siano necessarie.

Non compilare questa voce comporta l’erogazione di una sanzione amministrativa pari a 250 euro.

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