Fine anno letteralmente al fior di cotone per i contribuenti che hanno deciso di aderire al regime forfettario. Anche per il 2026 sono state confermate le regole per dipendenti e pensionati, i quali, per accedere alla flat tax possono avere un reddito fino a 35.000 euro. La novità è stata annunciata da un comunicato stampa, attraverso il quale è stato dato il via libera al Disegno di Legge di Bilancio 2026 per accedere e restare nel regime forfettario. In altre parole viene confermata la soglia prevista dalla scorsa Manovra, ma per il momento sfuma l’ipotesi di portare a 100.000 euro la soglia per applicare la flat tax al 15%.
Tra le novità a cui devono prestare attenzione i forfettari, tra l’altro, c’è la gestione dei rimborsi spese, che amplia ulteriormente la possibilità di usufruire dell’imposta sostitutiva all’Irpef
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Regime forfettario, soglia di reddito fino a 35.ooo euro
Stando a quanto riportato nel comunicato stampa diramato a seguito del Consiglio dei Ministri dello scorso 17 ottobre 2025, è stato confermato il limite di reddito per poter accedere al regime forfettario nel 2026 da parte dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, che vi possono accedere nel caso in cui ne abbiano maturati per un importo inferiore a 35.000 euro. In altre parole il legislatore ha deciso di riproporre la norma transitoria che era stata introdotta con la Legge di Bilancio 2025, la quale, altrimenti, sarebbe stata valida solo e soltanto fino al 31 dicembre.
In linea teorica questa soglia sarebbe pari a 30.000 euro: al momento, però, non è ancora chiaro se il nuovo tetto possa diventare strutturale o se si è davanti ad una semplice proroga. Indicazioni più precise, su questo argomento, le si riusciranno ad avere solo quando si avrà a disposizione il testo del Ddl di Bilancio e soprattutto quando verrà approvato definitivamente a fine anno. Questa novità, è bene sottolinearlo, andrà ad impattare non solo su quanti vorranno accedere al regime forfettario per la prima volta, ma anche sulle verifiche della permanenza.
In altre parole potranno continuare a beneficiare della flat tax al 15% prevista dal regime forfettario quanti, nel corso del 2025, abbiano percepito dei redditi da lavoro dipendente ed assimilati – al cui interno rientrano anche le pensioni – entro il tetto massimo di 35.000 euro. Nel momento in cui dovesse essere superata questa soglia, si dovrà optare obbligatoriamente per il regime ordinario.
Ci sarà il tetto dei 100.000 euro?
Nessuna novità al momento, invece, per il tetto dei 100.000 euro. La novità, che abbiamo visto fino a questo momento, non si affianca all’innalzamento del tetto massimo dei ricavi e dei compensi (sottolineiamo che per il momento non ci sono indicazioni in questo senso, non è detto che non possano arrivare da qui a fine anno).
Al momento la soglia continua a rimanere 85.000 euro: non sembra aver trovato spazio nella Manovra 2026, anche se da tempo la Lega sta spingendo in questo senso. A rendere complicato questa novità sembrerebbe essere il quadro normativo comunitario. Lo scorso 1° gennaio, infatti, è diventato completamente operativo il nuovo regime transfrontaliero di franchigia, che permette ai Paesi che fanno parte dell’Unione europea di prevede un regime forfettario con una soglia massima di 85.000 euro, attraverso il quale sarebbe possibile cedere dei beni o prestare dei servizi. La soglia sale a 100.000 euro nel caso in cui vengano effettuate delle operazioni intra-Ue.
Questa novità, però, ha definitivamente stoppato la possibilità per i singoli Paesi di chiedere delle deroghe ai limiti comunitari, che in Italia aveva permesso di alzare l’asticella del limite massimo per accedere alla flat tax e per l’applicazione della franchigia dell’imposta sul valore aggiunto. In questo caso siamo davanti ad un blocco rilevante, che sostanzialmente stoppa l’estensione della flat tan oltre gli 85.000 euro.
La questione dei rimborsi spese
A rendere più agevole la permanenza all’interno del regime forfettario (non solo per dipendenti e pensionati, ma per tutti i contribuenti) è la nuova gestione dei rimborsi spese. L’innovazione, in questo caso, è stata introdotta dal comma 2 dell’articolo 54 del Tuir, attraverso il quale il legislatore ha stabilito che non concorrono a formare il reddito le somme che i professionisti e i lavoratori autonomi percepiscono a titolo di rimborso spese per l’esecuzione di un incarico. Questi costi devono essere addebitati in modo analitico al committente.
Da un punto di vista strettamente pratico, per quanti hanno aderito al regime forfettario l’esclusione dei rimborsi ha degli effetti pratici: non essendo considerati come dei compensi, questi importi non vengono inclusi nei calcoli per continuare a beneficiare della flat tax.
Ai fini pratici questo significa che i rimborsi spese – dato che non sono quantificabili come dei compensi – non rientrino nelle seguenti soglie:
- 85.000 euro, che esclude la permanenza nel regime nell’anno successivo;
- 1000.000 euro, che porta all’esclusione immediata nel corso dell’anno.
La norma, in questo caso, apre la porta ad un dubbio interpretativo: cosa siano i compensi in senso stretto e quando possano essere considerati invece dei rimborsi. Le perplessità sorgono laddove una spesa girata al committente possa essere considerata un compenso: caso emblematico, in questo senso, sono le spese per l’uso comune di immobili. A chiarire il dubbio ci ha pensato l’interpello n. 904–287/2024 alla Dre Lombardia, il quale ha chiarito che queste somme non rappresentano un compenso anche per i forfettari, ponendo al sicuro quanti si trovano in questa situazione.
L’obbligo della tracciabilità
Perché i compensi rimangano esclusi dal reddito dei forfettari è necessario che le spese vengano tracciate nel dettaglio. Il nuovo comma 2-bis dell’articolo 54 ha espressamente stabilito che le spese sostenute in Italia per vitto, alloggio, viaggio e trasporto debbano essere effettuate con degli strumenti di pagamento tracciabili. Solo così possono non essere considerate come dei compensi.
È necessario, inoltre, che le spese vengono addebitate in modo dettagliato e analitico in fattura: devono essere tenute distinte dall’onorario. Un rimborso spese generico e forfettario verrebbe considerato a tutti gli effetti come un compenso, con le relative conseguenze fiscali.