Eredità alla badante di 320 mila euro, ma il figlio la fa sparire: cosa dice la legge

Una vicenda giunta alle cronache nelle ultime settimane ricorda che, in tema di successioni ed eredità, ci sono regole precise e l'erede non può agire scavalcando queste ultime

Pubblicato: 23 Novembre 2024 16:00

Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

Le questioni in materia di eredità e successioni sono diffuse e in grado di gettare ulteriore benzina sul fuoco in rapporti familiari conflittuali e avvelenati. La complessità delle regole sui diritti dei legittimari e sulle quote disponibili, il valore dei beni che finiscono in successione, l’eventuale intervento dei creditori del defunto e/o degli eredi, come pure la contestazione della validità del testamento costituiscono alcuni dei principali motivi per cui, in Italia, si fa causa a parenti e familiari.

E proprio la contestazione della validità del testamento è alla base di una recente vicenda, di cui le cronache venete hanno dato notizia. Un ex imprenditore 80enne ha assegnato l’eredità alla propria badante, designandola erede universale, ma il figlio dell’anziano – dopo il decesso del genitore – ha ritenuto opportuno scavalcare l’atto del padre e appropriarsi degli averi, finendo a processo.

La lavoratrice domestica rivendica la validità del testamento olografo, ma che cosa c’è di vero dietro questa storia? Cosa dice la legge in materia? La condotta del figlio del testatore può ritenersi – in qualche modo – giustificabile? Di seguito parleremo di questi argomenti, tenendo conto delle indicazioni offerte dalle regole in tema di successioni ed eredità.

La vicenda e la contesa tra il figlio e la badante del genitore

Al centro della disputa giudiziaria è il figlio 64enne giornalista, oggi imputato con l’accusa di appropriazione indebita – un reato punito con la reclusione e con la multa. Nel giorno del decesso del genitore, recandosi nella sua abitazione l’uomo avrebbe infatti sottratto o prelevato ben 320mila euro in contanti, insieme a due smartphone che furono del defunto.

L’anziano fu trovato morto dalla lavoratrice domestica, la quale, in preda a un forte turbamento emotivo, telefonò alla madre, che a sua volta contattò il figlio. Giunto nell’abitazione, in base a quanto raccontato dalla badante nella denuncia, l’uomo però non avrebbe mostrato alcun segno di dolore per il decesso e, anzi, avrebbe iniziato a frugare nei cassetti dell’abitazione, in cerca della chiave dello studio dove il padre aveva gestito la sua attività imprenditoriale.

Dopo esservi entrato, il 64enne si sarebbe impossessato di 320 mila euro in contanti (in banconote da 50 euro), che il padre teneva in un cassetto. La badante si oppose, affermando di essere lei la destinataria di quegli averi per il testamento redatto dal defunto. Contattati dalla ragazza, arrivarono sul posto i carabinieri che – dopo alcuni chiarimenti in merito alla situazione – decisero di consegnare i 320mila euro al figlio, in attesa di maggior chiarezza sulla questione ereditaria. Il giornalista promise alle forze dell’ordine di versare i soldi in un conto corrente ad hoc, ma i successivi controlli – come vedremo tra poco – riservarono una sorpresa.

Il ruolo del testamento olografo e la sparizione dei soldi

La scintilla che ha determinato la badante a fare denuncia dei fatti e a costituirsi parte civile, va rintracciata nella redazione del testamento da parte dell’80enne. Egli infatti designò la propria badante come destinataria dei suoi averi, colei che lo accudì nell’ultima parte della sua vita e con cui l’uomo creò un solido legame affettivo.

Dopo la separazione dalla ex moglie, il pensionato aveva interrotto i rapporti anche con il figlio giornalista, con cui anzi sarebbero emersi nel tempo contrasti caratteriali, divenuti poi insanabili.

Aperto il procedimento a carico del figlio, le indagini delle forze dell’ordine hanno scoperto un “buco” nel conto corrente che il 64enne aveva promesso di aprire. Nel c/c non c’erano infatti i 320 mila euro trovati in denaro contante – e consegnati al giornalista come scritto nel verbale dei carabinieri. Infatti, nel resoconto bancario la cifra indicata è pari a soli 70 mila euro.

La difesa del giornalista – che ha parlato di un’imprecisione nel citato verbale – non è stata sufficiente a convincere la Procura. Da qui la scelta di processarlo con rito immediato. Al momento le parti si trovano nella fase dell’udienza predibattimentale e quindi per arrivare a sentenza ci vorrà ancora del tempo, tuttavia – alla luce di questi fatti – è possibile fare qualche considerazione e dare qualche chiarimento in merito a come avrebbero dovuto andare le cose, per evitare problemi con la giustizia.

Il vincolo della quota legittima

Il nodo della questione – dicevamo – scaturisce dal fatto che il defunto aveva fatto testamento, designando come erede universale la propria badante. Poche settimane dopo il decesso seguì un formale controllo notarile, grazie a cui il testamento fu ritenuto valido e autentico.

Come abbiamo già evidenziato quando abbiamo parlato della possibilità di dare l’eredità alla badante, il ruolo del testamento olografo (una delle tipologie di questo documento), vale a dire scritto per intero, datato e firmato dal testatore, è essenziale ai fini della destinazione dell’eredità. Con lo strumento, infatti, un soggetto può liberamente indicare quale persona o persone saranno destinatarie del patrimonio, dopo la sua morte.

Attenzione però: se per legge il testatore può disporre validamente del suo patrimonio, egli potrà farlo rispettando pur sempre i i limiti rappresentati dalla quota detta “legittima”, che il Codice Civile riserva a favore di specifiche persone aventi uno stretto legame con il defunto. Questa quota altro non è che una porzione minima e obbligatoria sul patrimonio della persona deceduta, da riconoscersi agli eredi detti “legittimari” – anche in presenza di un testamento valido.

Tra i legittimari troviamo ovviamente i figli e, conseguentemente, la quota di legittima sarebbe spettata anche al giornalista che, finendo a processo, ha preferito scavalcare le istruzioni scritte nel testamento per appropriarsi di tutti gli averi del padre.

Che cosa avrebbe dovuto fare il figlio

Pur essendo stata designata erede universale, l’assistente familiare non avrebbe quindi ereditato tutto il patrimonio del defunto, ma esclusivamente la parte a lei spettante – nel rispetto della quota legittima.

Se nel testamento è assegnata alla badante una parte del patrimonio che supera la quota disponibile, i legittimari – e in questo caso il figlio dell’uomo – possono agire in tribunale con un’azione di riduzione, per recuperare la parte spettante loro. In questo modo quanto lasciato alla badante verrebbe ridotto e ridimensionato, per rientrare nei limiti legali.

Concludendo, al figlio sarebbe bastato un po’ più di buon senso e di sangue freddo – e un po’ più di consapevolezza in merito alle regole di legge in tema di testamenti ed eredità (a cui si può anche rinunciare) – per evitare guai con la giustizia, scaturiti da azioni dettate da rabbia e impulsività.

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