I debiti fiscali non si possono compensare con i crediti di terzi: i chiarimenti

L'Agenzia delle Entrate ha chiarito che non è possibile compensare i propri debiti fiscali con i crediti di un terzo soggetto, anche se quest'ultimo è d'accordo

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Non è possibile compensare i debiti fiscali con i crediti di un altro contribuente. È questo quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la risposta n. 246 del 17 settembre 2025: le delucidazioni sono arrivate a seguito della presentazione di un modello relazionale proposto da una rete di imprese, attraverso il quale era stato previsto il saldo dei tributi di un retista da parte di un altro, che avrebbe utilizzato dei propri crediti. Questa operazione, ai fini strettamente pragmatici, si configura come un accollo tributario vietato.

Anche quando un contribuente non si assume formalmente l’obbligo di estinguere dei debiti di un altro soggetto, l’utilizzo di eventuali crediti per estinguere i debiti diversi non è permesso dalla normativa attualmente in vigore. I versamenti effettuati in questo modo non vengono considerati effettuati e sono sottoposti alle operazioni di controllo e alle relative sanzioni.

I crediti non compensano i debiti di un altro soggetto

Una rete di imprese costituita nel 2025 aveva presentato un’istanza all’Agenzia delle Entrate attraverso la quale chiedeva la legittimità di un modello operativo, attraverso il quale si prevedeva che un’impresa aderente alla rete effettuasse il pagamento dei debiti tributari riferibili a un’altra impresa facente parte della stessa rete. Il pagamento sarebbe stato effettuato utilizzando dei propri crediti fiscali.

L’operazione sarebbe avvenuta all’interno di un contratto di appalto e distacco stipulato con la rete, che aveva il compito di coordinare le attività tra le varie imprese, senza per questo intervenire in modo diretto sui vari versamenti effettuati.

Stando a quanto ritenuto dalla stessa rete, il meccanismo si fondava su una serie di regole interne e di presidi di tracciabilità, grazie ai quali non si veniva a configurare un accollo vietato, dato che non veniva assunto in via formale il debito di un altro soggetto. E, soprattutto, non si veniva a configurare una compensazione centralizzata.

Con risposta n. 246 del 17 settembre 2025, l’Agenzia delle Entrate ha fornito un punto di vista opposto sulla vicenda, ritenendo che il modello proposto non potesse rientrare a pieno titolo nella tipologia dell’accollo tributario, che tra l’altro risulta essere completamente vietato dalla legge.

Come funzionano l’accollo e la compensazione

L’Amministrazione tributaria poggia la propria posizione sull’articolo 1273 del Codice Civile, che regolamenta l’istituto dell’accollo del debito.

La norma, infatti, stabilisce che, nel momento in cui un terzo soggetto dovesse assumere il debito di un contribuente, si viene a configurare l’istituto dell’accollo, che può essere:

Anche quando dovesse mancare la liberazione del debito originario, il terzo soggetto è obbligato verso il creditore nei limiti dell’assunzione.

Tornando al caso preso in esame dall’Agenzia delle Entrate, il retista benché non si assumesse formalmente l’obbligazione dell’altro retista, di fatto si impegnava a estinguere il debito tributario utilizzando i propri crediti. Questo è, a tutti gli effetti, un accollo sostanziale.

Tra l’altro l’AdE ha sottolineato che la forma giuridica che è stata adottata (che prevede dei contratti di appalto, il distacco e dei regolamenti interni) non andava ad impattare direttamente su come doveva essere qualificata l’operazione, che rimane a tutti gli effetti un accollo tributario.

La compensazione tra soggetti diversi è vietata

La questione su cui ruota tutta la vicenda è la compensazione. L’articolo 17 del Dlgs n. 241/1997 ha espressamente stabilito che è possibile utilizzare l’istituto della compensazione solo e soltanto per i debiti e i crediti che fanno capo allo stesso soggetto.

Sull’argomento l’Agenzia delle Entrate era già andata con la risoluzione n. 140/2017: in quell’occasione quello era già stato stabilito che non fosse possibile compensare i debiti di un contribuente con i crediti di un altro, anche quando appartengono allo stesso gruppo industriale o alla stessa rete.

L’articolo 8 della Legge n. 212/2000, ossia lo Statuto del Contribuente, sostanzialmente ammette l’istituto dell’accollo di un debito d’imposta altrui. Ma non ha fatto alcun tipo di cenno alle modalità di pagamento, mai disciplinate.

Alcune indicazioni arrivano dall’articolo 1 del Decreto Legge n. 124/2019, che ha espressamente previsto l’accollo quando il pagamento avviene senza compensazione di crediti dell’accollante. In caso contrario di ritiene che il versamento non sia stato effettuato (negligenza che porta alle sanzioni previste dall’articolo 13 del Dlgs n. 471/1997).

Accollo del debito fiscale per conto terzi
📜 Riferimento normativo Articolo 8, comma 2, del Decreto Legge n. 124/2019 (convertito nella Legge n. 157/2019)
⚖️ Cos’è l’accollo del debito fiscale È l’accordo con cui un soggetto (accollante) si impegna a pagare, per conto del debitore originario (accollato), un debito tributario verso l’Erario
🚫 Divieto di pagamento per conto terzi L’articolo 8 vieta che un soggetto diverso dal contribuente esegua il pagamento delle imposte tramite compensazione dei propri crediti fiscali
Solo il titolare del debito può effettuare il versamento
💳 Cosa è consentito È ammesso l’accollo interno tra privati, cioè l’accordo contrattuale tra accollante e accollato), ma il pagamento deve comunque essere eseguito dal contribuente con i propri mezzi (F24 o bonifico)
L’Erario non riconosce effetti liberatori al pagamento fatto da terzi con compensazione di crediti
⚠️ Sanzioni previste Chi effettua l’accollo non autorizzato con compensazione indebita di crediti d’imposta è punito con:
  • una sanzione del 30% dell’importo compensato indebitamente;
  • recupero del tributo non versato;
  • sanzioni accessorie e possibili risvolti penali in caso di frode fiscale
🏦 Modalità corrette L’unico modo legittimo per pagare il debito fiscale altrui è eseguire un bonifico o versamento diretto sul conto dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione, senza compensazione e con l’indicazione del codice fiscale del debitore
📅 Aggiornamento Conferma del divieto ribadita da Agenzia delle Entrate e Corte di Cassazione, in particolare Cass. n. 36641/2023 e n. 11887/2024

Il divieto dell’accollo è confermato dalla giurisprudenza

A confermare il divieto dell’accollo è la Corte di Cassazione con l‘ordinanza n. 3930 del 16 febbraio 2025, che sottolinea che questo tipo di operazione ha efficacia solo quando viene fatta internamente: il debito continua a rimanere sull’accollato.

Non è ammessa la compensazione tra soggetti diversi, anche se coinvolgono debiti e crediti che ricadono nella stessa annualità.

L’accollante, tra l’altro, non ha la possibilità di compensare un debito altrui con dei propri crediti, né l’accollato ha la possibilità di chiedere all’erario di compensare i propri debiti con i crediti di un terzo soggetto.

Quali conseguenze derivano dalle sentenze

Quanto abbiamo visto fino a questo momento porta a delle conclusioni ben precise, che sono chiarite direttamente dall’Agenzia delle Entrate:

Volendo sintetizzare al massimo, l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che le compensazioni tra soggetti diversi, in ambito tributario, è un’azione vietata. Qualsiasi tipo di tentativo che dovesse portare ad aggirare questo divieto è considerato a tutti gli effetti illegittimo.

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