La Guardia di Finanza può accedere all’abitazione privata di un professionista per effettuare dei controlli, quando questo lavora in casa? Lo smart working e luoghi di lavoro promiscui aprono la porta a nuove perplessità da parte dei contribuenti, perché le soluzioni adottate per risparmiare o per una semplice comodità, non permettono di tracciare un confine netto tra la vita professionale e quella privata.
Il problema sorge laddove ci siano dei luoghi di lavoro promiscuo, intesi come quei posti in cui un imprenditore o un professionista svolge la propria attività commerciale o professionale e nei quali è anche ubicata l’abitazione privata.
Indice
I poteri di controllo della Guardia di Finanza
Partiamo da un presupposto di fondo: la polizia tributaria ha sempre la possibilità di accedere in un qualsivoglia locale che venga adibito ad azienda industriale o commerciale. L’accesso ai locali deve essere effettuato per le verifiche e le ricerche che si rendono necessarie per accertarsi che gli adempimenti prescritti dalla legge e dai regolamenti in materia fiscale vengano rispettati.
Il dubbio, però, nasce proprio per i locali che sono adibiti ad abitazione privata del professionista/imprenditore: in questi casi è necessaria una specifica autorizzazione a cura della Procura della Repubblica.
A fornire alcune indicazioni in questo senso è stata la stessa Guardia di Finanza, che ha confermato quali sono i presupposti che legittimano l’accesso per effettuare dei controlli fiscali: variano a seconda del tipo di locale interessato. Ma soprattutto si tiene conto quale peso abbia nella sfera di riservatezza di un privato l’accesso delle forze dell’ordine per effettuare una verifica.
Rispondendo al dubbio aperto in precedenza, per accedere ad un locale utilizzato come abitazione privato, le autorità devono essere in possesso:
- di un’apposita autorizzazione rilasciata dal responsabile del Reparto della Guardia di Finanza, che indichi lo scopo dell’accesso;
- per i locali adibiti ad uso promiscuo è necessario, inoltre, essere in possesso dell’autorizzazione del Procuratore della Repubblica territorialmente competente (come stabilito dall’articolo 52, comma 1, Dpr 633/1972 e dall’articolo 33, comma 1, del Dpr 600/1973).
Uso promiscuo di un immobile abitativo per natura
A delineare quando i locali possano essere classificati a uso promiscuo ci ha pensato la stessa Guardia di Finanza che, ribadendo un indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato, ricorda che questa ipotesi si viene a verificare nel momento in cui gli stessi ambienti sono utilizzati per la vita familiare e per le attività professionali.
Questa situazione si viene a verificare anche quando la comunicazione interna permette di trasferire i documenti dell’attività commerciale o professionale nei locali abitativi. Su questo argomento è possibile consultare due sentenze della Corte di Cassazione: la n. 6232/2015 e la n. 37911/2022.
Sempre la Guardia di Finanza, nel corso dell’ultimo degli incontri che ogni anno tiene con la stampa specializzata, ha spiegato che:
Il provvedimento dell’Autorità Giudiziaria che autorizza l’accesso nei locali ad uso promiscuo assolve ad una funzione formale di controllo della sussistenza dei presupposti di legittimità richiesti dalla legge, per cui, nella richiesta di accesso, non è necessaria altra motivazione oltre a quella che dà atto della coincidenza fra domicilio privato e luogo di svolgimento dell’attività.
L’accesso nella casa del contribuente
La situazione inizia ad essere leggermente diversa nel momento in cui i locali risultino essere adibiti esclusivamente ad abitazione privata – stiamo parlando, quindi del cosiddetto uso esclusivo. In questo caso l’accesso può avvenire, sempre previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica territorialmente competente, solo e soltanto quando siano presenti dei gravi indizi di violazione delle norme tributarie.
L’accesso, inoltre, deve essere finalizzato ad uno scopo ben preciso: reperire libri, registri, documenti, scritture contabili, contante e altre prove che possano dimostrare le violazioni del contribuente. Su questo argomento è importante quanto indicato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 7723/2018 e dall’articolo 52, comma 2, del Dpr 633/1972 e dall’articolo 33, comma 1, Dpr. n. 600/1973.
Quando c’è l’uso promiscuo, ma l’immobile non è abitativo
Essere in possesso di un provvedimento dell’autorità giudiziaria, attraverso il quale venga autorizzato l’accesso nei locali ad uso promiscuo è un atto dovuto, anche quando viene rilasciato dopo un esame attento e preciso della richiesta e della situazione che l’ha fatta scaturire.
Il provvedimento assolve ad una funzione formale di controllo della sussistenza dei presupposti di legittimità che sono generalmente richiesti dalla norma. In questo caso non sono necessari dei gravi indizi come per accedere nel domicilio esclusivo: l’accesso è preordinato ad una normale attività di ispezione fiscale.
Come abbiamo visto in precedenza, la Guardia di Finanza ha la possibilità di entrare laddove i locali siano in uso promiscuo quando gli stessi siano utilizzati per la vita familiare e per quella professionale. In questo contesto si possono venire a realizzazione delle casistiche un po’ particolari.
L’accesso a uno stabilimento industriale, solo per fare un esempio, non richiede un’autorizzazione preventiva del magistrato, anche quando all’interno dovessero esserci dei locali che sono adibiti ad abitazione del proprietario o del personale (il custode o qualsiasi altro dipendente). Sempre che i verificatori non debbano entrare proprio nei locali privati.
Con l’ordinanza n. 1698 del 20 gennaio 2022 la Corte di Cassazione ha sottolineato che eventuali immobili che abbiano un utilizzo aziendale/familiare del legale rappresentante dell’azienda e che siano collegati solo esternamente, non possono essere considerati ad uso promiscuo. in questo caso i verificatori devono essere in possesso dell’autorizzazione del Procuratore della Repubblica per potervi accedere.
Quando si parla di locali adibiti all’esercizio delle attività oggetto di verifica, c’è un concetto meno ampio di immobile. Vengono individuati esclusivamente quelli nei quali viene effettivamente esercitata l’attività. Si pensi, per esempio, ai locali adibiti alle attività professionali all’interno dei condomini, nei quali potrebbe trovarsi anche l’abitazione privata del contribuente: un alloggio è utilizzato per l’attività, l’altro per viverci.