Sostanzialmente la marca da bollo virtuale costituisce un modo molto semplice per riuscire ad assolvere all’obbligo di versare l’imposta senza necessariamente essere costretti a recarsi fisicamente in una tabaccheria per acquistare una marca cartacea. Ma, soprattutto, è il mezzo più semplice per applicare la marca da bollo sulle fatture elettroniche, per le quali non esiste un corrispondente cartaceo che abbia un valore legale.
La marca da bollo virtuale è stata introdotta per la prima volta in Italia il 14 aprile 2017. L’obiettivo del legislatore è quello di rendere le procedure digitali più snelle e fluide. Fin da subito il sistema di pagamento virtuale si è dimostrato efficace e particolarmente apprezzato dai contribuenti. Tanto da costituire una valida alternativa all’utilizzo del contrassegno cartaceo. Ma cerchiamo di capire quando si debba applicare la marca da bollo sulle fatture e quando è possibile effettuare questa operazione in maniera virtuale.
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Quando deve essere inserita la marca da bollo virtuale
Ma quando si rende necessario applicare l’imposta di bollo su di una fattura (o una ricevuta fiscale)? I casi sono quattro, e tutti prevedono l’apposizione di una marca da bollo da 2 euro in caso di importi superiori ai 77.47 euro:
- fuori campo IVA: è il caso delle fatture emesse dai professionisti che operano nel regime forfettario o nel regime dei minimi;
- esenti IVA;
- escluse da IVA;
- non imponibili ai fini IVA.
In tutti questi casi, è possibile acquistare la marca da bollo in modo tradizionale (recandosi quindi da un tabaccaio, e apponendola sulla fattura) oppure in modo virtuale. Ed è, quest’ultima, una soluzione molto comoda soprattutto per chi, in possesso di Partita IVA, emette molte fatture l’anno.
Ma come si fa, in caso si volesse procedere con la marca da bollo virtuale? In questo caso, non sarà più necessario acquistare la singola marca da bollo, ma basterà presentare una dichiarazione telematica entro il 31 gennaio di ciascun anno, utilizzando i servizi dell’Agenzia delle Entrate in prima persona o facendosi aiutare un intermediario abilitato (come il proprio commercialista). In tale Dichiarazione, si andrà a riepilogare il numero di documenti soggetti a marca da bollo emessi nell’anno precedente. Due sono le sezioni di cui la Dichiarazione è composta: nella prima è necessario inserire i propri dati, i dati del rappresentante che firma la dichiarazione e del soggetto che si impegna alla presentazione telematica e i dati generali, con l’autorizzazione all’assolvimento dell’imposta di bollo in modo virtuale; nella seconda parte, bisogna compilare il quadro A se ci si riferisce a documenti e atti soggetti a imposta fissa, o il quadro B in caso siano soggetti invece a imposta proporzionale.
Una volta effettuati i dovuti controlli, l’Agenzia delle Entrate provvede poi a liquidare in maniera definitiva a consuntivo l’imposta dovuta per l’anno precedente, e liquidare in maniera provvisoria l’imposta per l’anno in corso. Il contribuente riceve quindi un avviso di liquidazione dell’imposta di bollo dovuta, e andrà a pagare il totale con cadenza bimestrale (28 febbraio, 30 aprile, 30 giugno, 31 agosto, 31 ottobre e 31 dicembre).
Regime forfettario: obbligo della marca da bollo
Anche i contribuenti titolari di partita Iva che hanno optato per il regime forfettario sono tenuti a mettere la marca da bollo sulla fattura elettronica. Questo adempimento deve essere assolto nel caso in cui l’importo del documento sia superiore a 77,47 euro. La fattura, infatti, contiene degli importi esenti Iva, quindi è necessario sempre inserire la marca da bollo.
Per i forfettari il bollo deve essere indicato e non addebitato. Le somme, infatti, che danno origine al bollo non costituiscono delle anticipazioni: non sono delle spese sostenute per conto del cliente. Ma costituiscono il compenso del forfettario, così come è stato chiarito dalla risposta n. 248 del 12 agosto 2022 dell’Agenzia delle Entrate.
Il fatto che si tratti di compenso e non di spese anticipate per conto del cliente, la marca da bollo nella fattura elettronica di un forfettario non deve essere addebitata al cliente. Nel caso in cui il bollo dovesse essere inserito in fattura per avvalersi della rivalsa – senza alcun titolo – nei confronti del cliente, l’importo di due euro deve essere inserito in fattura con esenzione N2.2 ed è sottoposto a normale tassazione. Questo significa che gli importi percepiti concorrono alla formazione dell’utile, diversamente da quello che avviene per le anticipazioni, che non costituiscono utile d’impresa.
Le sanzioni previste
Nel caso in cui i contribuenti non dovessero rispettare l’obbligo di pagamento della marca da bollo risultano essere soggetti a sanzioni pecuniarie. A stabilirlo è l’articolo 23 del DPR n. 633/1972. Le sanzioni ammontano ad una cifra che oscilla tra una e cinque volte l’imposta evasa per ogni documento irregolare.