Taiwan, la Cina risponde a Trump con la “riunificazione pacifica”

Dopo le dichiarazioni di Trump sulla promessa di Xi, Pechino ribadisce la volontà di una “riunificazione pacifica” con Taiwan, senza però escludere l’uso della forza

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

La Cina è pronta a realizzare una “riunificazione pacifica” con Taiwan, pochi giorni dopo che il presidente Usa Donald Trump ha detto che il suo omologo Xi Jinping gli ha promesso di non invadere l’isola finché sarà alla Casa Bianca. Il presidente statunitense ha precisato che la “garanzia” del dittatore cinese non si estende quindi alle amministrazioni future. Ma non è chiaro quando Xi abbia dato questa garanzia a Trump, con il presidente americano che l’ha resa pubblica venerdì a Fox News.

La posizione della Cina

Mao Ning, portavoce del ministero degli Esteri, ha ribadito la posizione di Pechino secondo cui la questione di Taiwan è un “affare interno” della Cina, quando le è stato chiesto di commentare le dichiarazioni di Trump. “Siamo pronti a lavorare con il massimo impegno e la massima sincerità alla riunificazione pacifica, ma non permetteremo ad alcuno di separare Taiwan dalla Cina in alcun modo”, ha aggiunto Mao.

In passato, lo stesso Xi Jinping ha pubblicamente usato un linguaggio simile sulla “riunificazione pacifica”, ma ha anche insistito in modo chiaro sul fatto che “non prometteremo mai di rinunciare all’uso della forza“. Il Segretario generale del Partito comunista cinese ha giurato di realizzare la “riunificazione” con l’isola con ogni mezzo necessario, e le esercitazioni militari nelle acque circostanti Taiwan si stanno intensificando.

Taiwan è rivendicata da Pechino come parte sacra e inalienabile del proprio territorio. Dopo l’insediamento a Taipei del presidente William Lai nel maggio 2024, la Cina ha intensificato la sua retorica e la pressione militare sull’isola. Lai, considerato da Pechino un sostenitore dell’indipendenza dell’isola, continua a difendere la sovranità taiwanese e a mettere in guardia contro tentativi di infiltrazione da parte cinese.

Per gli Usa non ci sarà nessuna invasione

Nonostante la situazione non sia semplice, l’amministrazione Trump sembra molto sicura sul fatto che non ci sarà alcuna invasione. Già a marzo, il ministro al Tesoro statunitense Scott Bessent ha affermato in un’intervista che il Partito comunista cinese (Pcc) non oserà mai invadere Taiwan finché c’è Trump alla Casa Bianca. A maggio, invece, il ministro alla Difesa americano Pete Hegseth ha dichiarato pubblicamente che secondo lui il Pcc intendere attaccare la Taiwan entro il 2027.

Le dichiarazioni di Trump e la risposta di Pechino confermano così il delicato equilibrio e le molteplici sfide che caratterizzano la questione taiwanese nell’attuale scenario geopolitico.

La posizione ambigua degli Usa su Taiwan

Taiwan e la sua autonomia sono un punto di forte tensione nelle relazioni tra Stati Uniti e Cina. Gli Stati Uniti garantiscono la fornitura di armi (per scopi difensivi) a Taipei in base a una specifica legge del 1979 sulle relazioni con l’isola, la Taiwan Relations Act. La legge prevede una serie di disposizioni in merito ai rapporti in ambito culturale, commerciale, diplomatico, strategico, militare e difensivo. Inoltre, Washington vede Taiwan non solo come un importante partner economico, ma anche come un baluardo contro l’espansione cinese nell’Asia-Pacifico.

La legge è una delle basi della famosa “ambiguità strategica statunitense“: nonostante i buoni rapporti con Taiwan, per oltre quarant’anni gli Stati Uniti non hanno mai voluto chiarire formalmente come reagirebbero in caso di invasione.

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