L’Italia è un paese sempre più povero in termini assoluti. L’Istat ha recentemente pubblicato i dati provvisori riguardanti le spese delle famiglie italiane nel 2023, fornendo un quadro aggiornato sulla povertà nel Paese. Rispetto all’anno precedente, il tasso di famiglie in questa condizione è salito leggermente dal 9,7% al 9,8%, coinvolgendo complessivamente 5,7 milioni di persone. Mentre si osserva un miglioramento della situazione al sud, si registra un peggioramento a livello individuale al nord, con un aumento dello 0,5% della povertà assoluta nelle regioni settentrionali. Il dato rimane stabile tra le famiglie con almeno un membro lavoratore, ma peggiora per quelle con un capofamiglia occupato come dipendente.
Nel corso del 2023, l’economia italiana ha vissuto un periodo di significative fluttuazioni, riflettendosi anche sulle spese delle famiglie. Secondo le stime preliminari condotte dall’Istat, la spesa media mensile è aumentata del 3,9% in termini nominali rispetto all’anno precedente. In termini reali, però, si è ridotta dell’1,8% a causa dell’alta inflazione, che ha registrato una variazione annua del 5,9% dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo.
Età: una questione di numeri e fragilità
Un aspetto significativo riguarda l’età delle persone coinvolte e la quantità dei figli. Questa condizione di povertà assoluta è più frequente nelle famiglie con 5 o più membri, come quelle con 3 figli, e in generale tra quelle che hanno almeno un figlio minore, dove si registra nel 12% dei casi. Tale tendenza suggerisce una fragilità economica maggiore nelle famiglie più numerose e con bambini a carico. Inoltre, l’età avanzata dei membri familiari può contribuire alla vulnerabilità economica, poiché potrebbero avere maggiori difficoltà nel trovare occupazione o generare reddito sufficiente per sostenersi.
Provenienza geografica: Sud vs Centro-Nord
Scorporando i dati a livello geografico, emergono differenze significative nella distribuzione della povertà assoluta. Mentre al sud si osserva un miglioramento rispetto agli anni precedenti, con un calo al 10,3% per le famiglie e al 12,1% per gli individui, al centro e al nord si registrano aumenti netti, quasi ovunque di mezzo punto percentuale. In particolare, le famiglie povere sono meno diffuse al centro (6,8%) rispetto al nord (8%). Il paradosso è che sono proprio le regioni settentrionali, più popolose, ad ospitare un maggior numero di nuclei in condizioni di esclusione sociale, con oltre 27mila casi rispetto agli 11mila al centro e i quasi 20mila al sud.
Nucleo famigliare: una variabile determinante
Un altro fattore rilevante è la composizione del nucleo familiare, che influisce significativamente sulla condizione di povertà. Le famiglie con almeno un lavoratore tendono a mantenere una situazione più stabile, ma aumenta nettamente il tasso di povertà tra i nuclei in cui il capofamiglia ha un impiego da dipendente, passando dall’8,3% al 9,1%. Inoltre, la presenza di membri stranieri all’interno del nucleo familiare è correlata a un’alta incidenza di povertà, con il 35,6% dei nuclei composti interamente da stranieri considerati poveri in maniera assoluta. Questi dati certificano l’importanza della composizione familiare e della stabilità occupazionale nel determinare il rischio di povertà assoluta.
Stabilità della povertà assoluta familiare e individuale
Le stime preliminari indicano che nel 2023 la percentuale di famiglie in condizioni di povertà assoluta è rimasta sostanzialmente stabile all’8,5% del totale delle famiglie residenti, in linea con l’8,3% registrato nel 2022. Ciò corrisponde a circa 5,7 milioni di individui, con una quota pressoché stabile rispetto all’anno precedente. Anche l’intensità della povertà assoluta a livello nazionale è rimasta invariata al 18,2%.