Si apre una fase a dir poco delicata per il mondo dei costruttoridipneumatici. L’Antitrust europeo ha infatti posto sotto la lente d’ingrandimento l’intero settore. Ci si concentra sui principali nomi dell’ambito, sospettando sia stato generato un vero e proprio “cartello”. Si parla di pratiche commerciali restrittive della concorrenza nella ristretta cerchia dei giganti dell’industria dei battistrada. Ad oggi non è altro che un’ipotesi ma la sola indagine ha scosso il fragile mondo della Borsa. L’obiettivo di tali presunte pratiche? Fissare in modo artificiale i prezzi e tenerli sopra un certo standard.
L’Antitrust è dunque a caccia di segnali che possano confermare un sistema (ecco cosa si intende per cartello) d’accordi per una garanzia di guadagno. Il tutto a discapito dei clienti finali, ovviamente. La Commissione Ue ha svelato in una nota d’aver svolto delle ispezioni a sorpresa presso le sedi di differenti aziende in vari Paesi dell’Unione. Ecco qual è la situazione attuale.
Il cartello degli pneumatici
Nella nota pubblicata dalla Commissione Ue non sono stati resi noti i nomi dei gruppi coinvolti nell’inchiesta, così come nei semplici accertamenti. Si tratta della normale prassi in questi casi. Il dubbio è però un gravoso rischio per i mercati. Per questo motivo i diretti interessati hanno scelto di esprimersi a riguardo.
I big non hanno perso occasione per tentare di placare le acque, da Continental a Pirelli, da Michelin a Bridgestone, da Goodyear a Nokian. I funzionari li hanno raggiunti tutti, nessun gran marchio escluso. Nello specifico l’attenzione è stata riservata agli pneumatici per auto, furgoni, camion e autobus (venduti nei confini del territorio economico europeo).
“La Commissione teme che sia stato messo in atto un coordinamento sui prezzi tra le società ispezionate, anche attraverso comunicazioni pubbliche”.
Cosa rischiano i colossi degli pneumatici
Com’è noto, la Borsa è molto volatile e ogni dichiarazione ha il suo effetto, figurarsi un’inchiesta. I titoli sono rapidamente crollati, come prevedibile. Non un disastro, certo, ma la prospettiva di multe gigantesche per i principali costruttori di pneumatici non ha reso felici gli investitori, ovviamente. Nel peggiore dei casi, infatti, si potrebbe arrivare a toccare quota 10% del fatturato globale.
Proviamo a fare un esempio concreto, così da comprendere la mole di questa vicenda. La sola Pirelli ha registrato un fatturato globale di 6.6 miliardi di euro nel solo 2022. Una multa del 10% sarebbe pari a 660 milioni di euro. Guardiamo al quadro generale in Borsa:
- Continental – Ceduto il 2,1%;
- Nokian – Ceduto il 4,4%;
- Pirelli – Ceduto fino al 4%, per poi limitare i cali nel finale di seduta con un ribasso dello 0,7%;
- Michelin – Ceduto fino al 4%, per poi limitare i cali nel finale di seduta con un ribasso dello 0,8%;
- Goodyer – Ceduto oltre il 2%
Abbiamo parlato però di risposte di questi grandi nomi, ed ecco la versione ufficiale di Pirelli. A spiegare la posizione della compagnia è stao un portavoce, che ha assicurato di star “garantendo pieno supporto all’Autorità nell’ambito degli accertamenti in corso. Nel confermare la correttezza del proprio operato e d’aver sempre agito nel totale rispetto di tutte le norme e i regolamenti. Il fatto che la Commissione svolga tali controlli non significa che le imprese siano colpevoli di comportamenti anticoncorrenziali, né anticipa il giudizio sull’esito dell’indagine stessa”.
Ad oggi gli analisti si dicono alquanto tranquilli. L’ipotesi di un esito negativo per Pirelli e il resto del settore appare improbabile. L’aumento dei costi verrà giustificato, con ogni probabilità, con lo shock dell’aumento dei prezzi di produzione su scala globale. Questo il parere degli analisti di Barnca Akros.
Intermonte guarda invece al caso peggiore. Pur escludendo una multa pari al 10% del fatturato, si tiene conto delle tempistiche dell’aumento dei prezzi. Ciò ha avuto inizio da metà 2021 e “il caso peggiore potrebbe essere una multa inferiore a quella comminata ai produttori di camion nel 2016”. Al tempo la sanzione fu del 3,5% del fatturato.