Il governo degli Stati Uniti ha consigliato a Google di modificare il proprio modello aziendale e di aprire il motore di ricerca alla concorrenza, in seguito a una condanna per monopolio emessa all’inizio di agosto. In un documento di 30 pagine visionato dal Financial Times, il Dipartimento di Giustizia (DOJ) menziona la possibilità di apportare “cambiamenti strutturali”, termine che molti esperti interpretano come una scissione.
Le richieste del Dipartimento di Giustizia
La ricerca su Internet potrebbe quindi cambiare? Sembra di si vista la decisione di agosto del DOJ, che ha redatto un documento in cui vengono dettagliate potenziali sanzioni nei confronti dell’azienda californiana. Nel testo, preparato dai pubblici ministeri e diretto al giudice Amit Mehta, che presiede il caso, si afferma che si stanno “considerando rimedi comportamentali e strutturali” per impedire a Google di utilizzare i suoi prodotti come Chrome, il Google Play Store e il sistema operativo Android per raccogliere dati da alimentare nel proprio motore di ricerca, ottenendo così un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti attuali e futuri.
L’azienda è stata accusata di violare la legge antitrust mediante contratti restrittivi con Apple e altri produttori di smartphone, imponendo Google come motore di ricerca predefinito sui dispositivi. Secondo il DOJ, “per rimediare pienamente a questi danni, non basta fermare il controllo attuale di Google sulla distribuzione, ma è necessario garantire che non possa controllare anche la distribuzione futura”.
Pertanto, il Dipartimento di Giustizia potrebbe richiedere a Google di cedere alcune delle sue attività, come il browser Chrome e il sistema operativo Android, che la Corte ha riconosciuto come strumenti utilizzati dall’azienda per mantenere il monopolio nella ricerca online.
Come può cambiare Google
Il documento di 32 pagine del Dipartimento di Giustizia segna l’inizio della seconda fase del secondo grande processo, dopo quello di agosto che ha confermato il ruolo di Google come “monopolista” nella ricerca. I toni sono severi: “Per oltre un decennio, Google ha controllato i canali di distribuzione più popolari, lasciando ai concorrenti minimi o nulli incentivi per competere per gli utenti. Per rimediare a questi danni, è necessario non solo interrompere il controllo attuale di Google sulla distribuzione, ma anche garantire che non possa controllare la distribuzione futura.”
Una disgregazione di Google riordinerebbe un mercato di ricerca in cui l’azienda gestisce oltre il 90% delle query online e addirittura il 94% per gli smartphone, e trasformerebbe un business che ha reso la sua società madre, Alphabet, una delle più preziose al mondo. I correttivi rispetto alla politica attuata finora da Google potrebbero includere la richiesta da parte dei giudici di condividere i dati di ricerca degli utenti con i concorrenti e di limitare l’uso dei risultati per addestrare nuovi modelli di intelligenza artificiale generativa.
Un altro aspetto discusso nel documento riguarda il comportamento degli utenti. Tra le possibili soluzioni, il Dipartimento di Giustizia propone di richiedere a Google di finanziare campagne di sensibilizzazione per educare gli utenti a scegliere consapevolmente il motore di ricerca che meglio risponde alle loro esigenze. Questa misura avrebbe lo scopo di ridurre la dipendenza degli utenti da Google come opzione predefinita, aumentando la consapevolezza sulle alternative disponibili.
Il precedente con AT&T
È piuttosto raro che un’azienda tecnologica venga smembrata, poiché i giudici sono cauti riguardo alle possibili conseguenze indesiderate. L’ultimo caso di smembramento risale al 1982, quando una sentenza negli Stati Uniti decise di scorporare in sette società il potentissimo monopolio nelle telecomunicazioni dell’AT&T, una decisione che aprì alla concorrenza e all’innovazione l’intero settore delle comunicazioni.
Il rimedio “strutturale”, come definito dal Dipartimento di Giustizia, potrebbe essere mantenuto come misura di riserva nel caso in cui Google non rispetti i termini imposti, hanno spiegato i procuratori.
La reazione dell’azienda
Una decisione che ovviamente non è piaciuta a Google: “Dividere Chrome e Android porterebbe alla loro distruzione, insieme a molte altre implicazioni,” ha dichiarato l’azienda in un comunicato pubblicato sul suo sito web. Una separazione forzata “modificherebbe il loro modello di business, aumenterebbe i costi dei dispositivi e comprometterebbe Android e Google Play nella competizione con l’iPhone e l’App Store”.
Riguardo alla possibile condivisione dei dati di ricerca e dei risultati con altri attori del web, Google avverte che “ciò rappresenterebbe un rischio per la protezione dei dati e la sicurezza.” Secondo Google, le raccomandazioni del governo degli Stati Uniti “vanno ben oltre le questioni legali in gioco in questo caso”.
Quanto valgono Chrome e Android
I guadagni derivanti dai servizi come Chrome e Android sono davvero notevoli. Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2023 Google ha registrato un impressionante totale di 306 miliardi di dollari dai ricavi pubblicitari. Di questo importo, circa il 65%, equivalente a 175 miliardi di dollari, proviene da Chrome. Gli utili netti di Google per l’anno fiscale 2023 sono stati altrettanto significativi, raggiungendo 73,8 miliardi di dollari.
Per quanto riguarda Android, il sistema operativo più diffuso al mondo, installato su oltre 2,5 miliardi di dispositivi mobili in più di 190 Paesi, il fatturato generato tramite il Google Play Store ha toccato i 47 miliardi di dollari nel 2023. Nello stesso anno, erano disponibili oltre 2,6 milioni di applicazioni su Google Play, che sono state scaricate complessivamente 113 miliardi di volte.
La notizia riguardante la possibile “amputazione” di Google ha avuto ripercussioni significative sui mercati finanziari. Nella giornata di ieri, le azioni di Alphabet, la società madre di Google, hanno subito una flessione superiore al 4% al Nasdaq di New York, chiudendo con una perdita del 2,31%. Oggi, il titolo continua a scendere, con una perdita attuale del 4%.
Le prossime tappe
Il giudice Mehta prevede di tenere un processo per definire la soluzione nella primavera del 2025, con una decisione finale attesa per agosto dello stesso anno. Google ha già annunciato l’intenzione di ricorrere in appello, ma solo dopo che il giudice Mehta avrà finalizzato le sue conclusioni.
Una sentenza sfavorevole per Google potrebbe rappresentare un punto di svolta non solo per l’azienda, ma per l’intero settore tecnologico. La possibile scissione di Alphabet segnerebbe un cambiamento radicale nell’industria dei motori di ricerca e dei servizi correlati.