Unicredit ha completato un’operazione di acquisto di azioni di Banco Bpm prevista da un contratto di opzione lo scorso novembre, prima che si concretizzasse l’Ops nei confronti della banca. Si tratta di 860mila azioni, per un totale di 5,6 milioni di euro di spesa.
Il colosso bancario italiano è stato costretto a rendere pubblica questa operazione proprio dal fatto che è in corso l’Ops su Banco Bpm, l’offerta pubblica di scambio con cui Unicredit spera di riuscire a convincere gli azionisti della banca concorrente e di acquisirla, consolidando la sua posizione tra i più importanti gruppi europei del settore finanziario.
Unicredit compra 860mila azioni di Bpm
Il colosso bancario italiano Unicredit, tra i più importanti d’Europa, ha comunicato pubblicamente di aver esercitato un’opzione concordata a novembre scorso su 860mila azioni di Banco Bpm. Nelle ultime settimane Unicredit ha lanciato un’Ops, offerta pubblica di scambio, proprio su Bpm, ma questa operazione non ha niente a che fare con questo acquisto di azioni.
Il contratto di opzione era infatti stato firmato a novembre, prima che il tentativo di acquisizione di Unicredit si concretizzasse. Prevedeva l’acquisto di 860mila azioni di Banco Bpm a un prezzo di 6,80 euro l’una, un prezzo molto inferiore a quanto il mercato quota i titoli della banca italiana, 7,70 euro. La spesa totale per Unicredit si aggira attorno a 5,85 milioni di euro.
Normalmente un’azienda non sarebbe obbligata a comunicare pubblicamente operazioni di questo tipo, soprattutto di queste dimensioni. Anche se all’apparenza 860mila azioni possono sembrare molte, si tratta solo di una piccola parte del totale dei titoli di Banco Bpm, lo 0,057%. Unicredit però è impegnata nell’offerta pubblica di scambio su Bpm ed è quindi costretta a pubblicare ogni operazione di qualsiasi entità che riguarda la società bersaglio del suo tentativo di acquisizione.
Anche Messina difende l’Ops
L’offerta pubblica di scambio di Unicredit nei confronti di Banco Bpm ha causato reazioni molto forti nel Governo italiano, che l’ha interpretata come un’ostacolo alla fusione, auspicata, di quest’ultima con Monte dei Paschi. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti è arrivato ad accennare alla possibilità dell’utilizzo del golden power, la legge che permette al Governo di bloccare alcune acquisizioni tra aziende.
A difendere l’operazione è arrivato però anche il dirigente principale della più grande banca italiana, l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo Carlo Messina. In un’intervista rilasciata al Financial Times, l’Ad ha dichiarato che “I governi non possono scegliere in base ai loro gusti e dovrebbero intervenire solo nei casi in cui è in gioco la stabilità finanziaria.”
Il riferimento di Messina non è soltanto a Banco Bpm, ma anche a un’altra operazione di Unicredit, il tentativo di fusione con Commerzbank, una delle più importanti banche tedesche. Il governo di Olaf Scholz, nel frattempo caduto, aveva protestato contro i tentativi della banca italiana di avvicinarsi dal punto di vista finanziario al quella tedesca, nel timore che una delle più importanti istituzioni finanziarie del Paese potesse cadere in mano a una società estera.