Crisi auto, cura da 4 miliardi dei fornitori tra tagli di forza lavoro e razionalizzazioni

L'agenzia Moody's prevede riorganizzazione e tagli del personale tra i fornitori europei della componentistica auto, con interventi da oltre 4 miliardi contro la crisi

Pubblicato: 29 Novembre 2024 08:00

Claudio Carollo

Giornalista politico-economico

Classe ’88, è giornalista professionista dal 2017. Scrive di attualità economico-politica, cronaca e sport.

Grandi manovre tra i fornitori europei di auto per trovare rimedio alla crisi. Le aziende di componenti per l’industria automobilistica si stanno muovendo nel Vecchio continente con interventi drastici sul fronte del ridimensionamento della forza lavoro e interventi di riorganizzazione delle attività, imposti dalla transizione del mercato verso l’elettrico. Processo nel quale devono contrapporsi all’avanzata della Cina, dove nel frattempo i colossi del settore spremono sempre di più i propri fornitori per abbassare i prezzi. Secondo un report Moody’s, la strategia dei concorrenti della componentistica in Europa per fronteggiare il calo della produzione peserebbe in totale oltre 4 miliardi.

Il report di Moody’s

La cifra sarebbe il risultato della somma tra i 2,5 miliardi di costi straordinari e la stima di 1,8 miliardi di tagli dei costi nel programma di razionalizzazione dei fornitori europei.

Come sottolineato nell’analisi dell’agenzia di rating e di ricerche in ambito finanziario, nel 2024 l’industria europea dell’automotive ha subito una contrazione del 3,5% nella produzione, a causa del rallentamento nel passaggio ai veicoli elettrici, della domanda debole e le difficoltà nell’adattare le competenze alle nuove richieste.

In questo quadro i fornitori delle case automobilistiche sono costretti a investire sempre di più nella ricerca e lo sviluppo, rendendo necessari severi piani di riassetto aziendale attraverso la chiusura delle fabbriche e inevitabili tagli al personale.

Da quanto rilevato dal report di Moody’s, a firma Goetz Grossmann, Matthias Heck e Christian Hendker, riportato da Il Sole 24 Ore, tra le imprese di componentistica auto analizzate si prevede una riduzione tra i 27mila e i 30mila posti di lavoro entro il 2028. Una stima nella quale non rientra però il colosso tedesco del settore Bosch, che ha già annunciato 5.500 licenziamenti.

I fornitori cinesi

In questo quadro, i fornitori europei devono confrontarsi con i concorrenti cinesi, che prendono sempre più piede nel mercato globale dei veicoli elettrici.

All’interno dei confini del Dragone, poi, le aziende di componentistica auto del Vecchio continente non riescono a tenere testa ai competitori locali, perdendo ricavi: sempre secondo Moody’s, aziende come Valeo, Forvia, Schaeffler e Continental hanno registrato in Cina, nel terzo trimestre 2024, una riduzione dei profitti compreso tra il 6% e il 13,5%, un calo nettamente più mercato del 2,6% della produzione locale di automobili.

Nonostante per il 2025 si stimino prestazioni in miglioramento come effetto dei piani di razionalizzazione, l’agenzia mantiene prudenza sulle previsioni, con margini Ebitda per le imprese europee che potrebbero passare dal 5,5% del 2024 al 6,4% sulla scia di segnali di lieve ottimismo sulla redditività.

Tutto dipenderà dall’abilità delle aziende di contrastare i concorrenti asiatici e salire sul carro della domanda di veicoli elettrici, che nella seconda metà del 2025 è prevista in ripresa.

Nel frattempo, però, dalla Cina arriverebbero notizie di un’ulteriore accelerazione sulla produzione da parte dei colossi dell’automotive: la casa automobilistica Byd, primo produttore di auto elettriche al mondo, avrebbe infatti chiesto ai suoi fornitori di abbassare del 10% i prezzi a partire da gennaio, per ridurre i costi di produzione e limare ancora di più i listini.

“La contrattazione annuale con i fornitori è una pratica comune“, ha affermato Li Yunfei, direttore delle pubbliche relazioni e di Byd commentando la strategia trapelata da una mail inviata alle aziende di componentistica locale.

“Proponiamo obiettivi di riduzione dei prezzi ai fornitori. Non sono requisiti obbligatori. Possiamo negoziare“, ha aggiunto in risposta alle critiche sulle ripercussioni inevitabili a discapito dei lavoratori.

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