Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha annunciato che lunedì il Ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti porterà in Consiglio dei ministri il decreto sul caro bollette. Una decisione che lo stesso Giorgetti aveva annunciato nei giorni scorsi: “Nelle prossime settimane sarà necessario adottare un provvedimento in relazione all’andamento dei prezzi energetici”, aveva dichiarato.
Giorgetti ha sottolineato che l’aumento delle tariffe non è determinato dall’esecutivo, ma da fattori esterni e dinamiche speculative, su cui il governo mantiene alta l’attenzione. Inoltre, ha evidenziato la necessità di una “riflessione su ciò che è significato il passaggio al libero mercato degli utenti del mercato elettrico”.
I piani del Governo
Il governo sta valutando diverse misure per ridurre il costo dell’energia, tra cui l’eliminazione o la riduzione della differenza di prezzo tra il mercato all’ingrosso italiano e quello di Amsterdam.
Attualmente, l’elettricità in Italia è più costosa rispetto a molti altri paesi dell’Ue, con una media di 143 €/MWh a gennaio. La proposta è sostenuta da Confindustria, che a fine gennaio aveva espresso forte preoccupazione per il peso delle bollette sulle imprese, ma vorrebbe limitarne l’applicazione al settore produttivo. Tuttavia, potrebbero sorgere criticità legate alle normative europee sugli aiuti di Stato.
Un’altra ipotesi allo studio è la sospensione delle tasse sulle emissioni di CO2 per i produttori da fonti fossili, con l’obiettivo di ridurre i costi di generazione e, di conseguenza, i prezzi dell’energia. Si discute anche dell’azzeramento degli oneri di sistema, una delle voci principali della bolletta, slegata dai consumi, o della riduzione dell’Iva sul gas al 5%.
Passo indietro sul libero mercato?
Nel suo intervento al Senato sul caro-bollette, il ministro Giorgetti ha sottolineato la necessità di una “riflessione su ciò che è significato il passaggio al libero mercato degli utenti del mercato elettrico”.
Anche altri esponenti della Lega, a partire dal segretario Matteo Salvini, hanno espresso critiche più o meno marcate sulla fine del regime tutelato e il passaggio al mercato libero dell’energia. Una posizione che appare in contrasto con il sostegno del partito al Pnrr elaborato dal governo Draghi, nel quale liberalizzazione e concorrenza figurano tra gli obiettivi strategici.
Le associazioni dei consumatori: “Bene, ma il taglio delle tasse non basta”
“Bene, non possiamo che essere contenti che il Governo si stia ravvedendo, anche se con un anno e 11 mesi di ritardo, visto che ha cominciato a togliere gli sconti dall’aprile 2023. Meglio tardi che mai! – afferma Marco Vignola, vicepresidente dell’Unione Nazionale Consumatori – Ora, però, servono atti seri e concreti visto che il gas lo stiamo pagando il 78,7% in più rispetto ai tempi pre-crisi, ossia confrontando i prezzi del Servizio di tutela della vulnerabilità di gennaio 2025 con quelli di gennaio 2021″.
“Bisogna ripristinare i crediti di importa per le imprese, per evitare che l’inflazione torni a decollare, mentre per le famiglie bisogna abbassare l’Iva sul gas, se non al 5% come ha fatto Draghi, almeno al 10 per cento. Quanto alle famiglie in condizioni economicamente svantaggiate vanno ripristinate le soglie Isee introdotte da Draghi, ossia 15mila euro contro i 9.530 euro attuali” conclude Vignola.
Anche il Codacons attende di leggere il contenuto del decreto sul caro-bollette, ma “ciò che è certo è che il taglio della tassazione, come il ripristino degli sconti Iva sul gas, non può rappresentare la soluzione al problema delle tariffe energetiche, considerato che oggi tra luce e gas la spesa si attesta sui 2.237 euro a famiglia”, specifica l’associazione.