Affitti brevi, no al self check-in: nuovi obblighi per i proprietari

Una sentenza chiarisce come deve avvenire l’identificazione negli affitti brevi e quali controlli sono richiesti a host e strutture ricettive

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Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

Il Consiglio di Stato ha stabilito che, negli affitti brevi, l’identificazione degli ospiti resta obbligatoria ma può avvenire anche a distanza tramite sistemi di videocollegamento. La decisione, attesa da host e Comuni, ribalta il no del Tar Lazio e chiarisce come devono essere effettuati i controlli in tutta Italia.

La pronuncia, arrivata sul ricorso del ministero dell’Interno, definisce quando il check-in da remoto è valido e quali tecnologie possono essere utilizzate per garantire sicurezza e tracciabilità. La sentenza riguarda migliaia di strutture ricettive e incide sulle regole del settore, dagli host ai gestori di B&B, residence e case vacanza.

Affitti brevi: cosa ha deciso il Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso del Viminale contro l’annullamento, disposto dal Tar Lazio lo scorso maggio, della circolare che imponeva la verifica dell’identità degli ospiti. La sentenza conferma che l’identificazione “de visu” resta obbligatoria, ma apre alla possibilità di svolgerla a distanza, purché tramite sistemi di videocollegamento installati all’ingresso e in grado di verificare in tempo reale la corrispondenza tra documento e persona.

Il principio vale per tutte le strutture ricettive, incluse quelle in locazione breve. La decisione supera le incertezze degli ultimi mesi, durante i quali l’accesso tramite keybox o consegna di chiavi senza controllo era rimasto possibile in diversi Comuni. Il Viminale aveva richiamato il rischio sicurezza, citando il caso di Viterbo in cui due ospiti, identificati grazie a una segnalazione dell’host, erano stati arrestati con armi da fuoco nella stanza in cui alloggiavano.

Come funziona l’identificazione

La sentenza ripristina l’impianto della circolare del Ministero, ovvero che il gestore deve verificare l’identità dell’ospite e trasmettere i dati alle autorità competenti.

Il controllo può avvenire:

Resta invece vietato l’invio di documenti tramite WhatsApp o messaggistica, considerato non idoneo ai fini della sicurezza. Le tecnologie dovranno essere definite in un confronto tra Viminale e associazioni di settore. Aigab ha già chiesto un tavolo tecnico per chiarire quali sistemi siano ammessi.

La reazione dei settori coinvolti

Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha definito la decisione un chiarimento definitivo che rafforza la sicurezza in aree particolarmente esposte. Federalberghi ha risposto parlando di un “impegno civico” che gli operatori alberghieri rispettano da sempre, ricordando i casi in cui i controlli hanno permesso di individuare persone pericolose.

Di parere diverso Confedilizia, che sottolinea come la sentenza confermi la validità dell’identificazione a distanza, purché tecnologicamente adeguata. Anche le amministrazioni locali hanno commentato, come la sindaca di Firenze Sara Funaro che ha ricordato come il divieto delle keybox introdotto nel centro storico trova ulteriore conferma nella pronuncia.

La decisione interessa migliaia di host nelle città turistiche più esposte al fenomeno degli affitti brevi e apre la strada a un quadro più uniforme sulla gestione del check-in.

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