Nelle ultime due settimane si è sentito sempre più parlare di un esercito russo in difficoltà, bloccato nell’avanzata dall’efficace resistenza ucraina. L’intelligence di Kiev ha addirittura affermato che le operazioni di Mosca intorno alla capitale “sono fallite e che ora è impossibile per l’esercito russo rovesciare il governo ucraino”. Ma quanto c’è di vero in queste affermazioni?
Se da un lato sembra cosa certa che Vladimir Putin stia concentrando gli attacchi nel sud e nell’est dell’Ucraina, “mollando” la presa sul resto del Paese, dall’altro si parla di un Cremlino orientato a uno “scenario coreano” per risolvere la guerra.
L’esempio delle Coree: cos’è e cosa c’entra con l’Ucraina
Il capo dell’Agenzia di intelligence per la Difesa dell’Ucraina, il generale Kyrylo Budanov, sostiene che Putin stia valutando uno “scenario coreano” per il Paese invaso. Uno scenario che cioè segua l’esempio delle due Coree, divise in due Stati separati a Nord e a Sud nel 1953. Il piano russo sarebbe dunque quello di imporre una linea di demarcazione tra le regioni non occupate e quelle occupate in Ucraina.
Il progetto russo: che fine faranno i territori occupati
Che il fronte orientale fosse il più saldo per la Russia s’era capito fin dall’inizio della guerra e, ancora prima, dal riconoscimento delle Repubbliche separatiste del Donbass. E forse anche dalla presunta apertura di Zelensky a un compromesso per la regione e per la Crimea. Secondo Budanov, Mosca è intenzionata a stabilire un corridoio terrestre dal confine russo alla Crimea e ha affermato di aspettarsi un tentativo di unire i territori occupati in un’unica entità.
“Stiamo già assistendo a tentativi di creare autorità ‘parallele’ nei territori occupati e di costringere le persone a rinunciare alla valuta ucraina“, ha aggiunto il capo dell’intelligence.
Il ruolo delle Repubbliche del Donbass: verso un referendum?
Non è però solo l’invasione militare a minacciare l’integrità territoriale dell’Ucraina, ma anche le iniziative politiche che mirano a sancire la definitiva amputazione di parte del Paese. L’ultima è quella dell’autoproclamata Repubblica popolare di Lugansk che, non contenta di avere ricevuto il riconoscimento di Mosca insieme alla consorella Repubblica di Donetsk, ha fatto sapere di voler tenere un referendum per unirsi alla Russia.
L’iniziativa, paventata dal leader separatista Leonid Pasechnik, ha ovviamente incontrato il netto rifiuto delle autorità ucraine. Non solo: sulla possibilità di interrogazione popolare hanno espresso dubbi anche vertici russi. Al punto che Leonid Kalashnikov, presidente della commissione della Duma per gli Affari delle ex Repubbliche sovietiche, ha bollato come “sconsigliabile” una consultazione di questo genere. Sconsigliabile e prematura, perché “le due repubbliche erano parte dell’Ucraina fino a tempi recenti”.
“Qualsiasi falso referendum nei territori temporaneamente occupati è giuridicamente insignificante e non avrà conseguenze
legali”, ha sentenziato il portavoce del ministero degli Esteri ucraino Oleg Nikolenko, dicendosi sicuro che nessun Paese al mondo ne riconoscerebbe la validità.
La diplomazia non ferma le bombe: cosa sta succedendo
Intanto l’Ucraina continua a essere sotto assedio, coi russi che attaccano anche con le bombe a grappolo. Il ministero dell’Interno ha denunciato l’impiego delle devastanti “cluster bomb” in una zona residenziale nella regione di Donetsk. Accantonata l’offensiva verso Kiev e l’ovest – dopo il fallimento della guerra lampo – la piena conquista di questo territorio, insieme al resto del territorio di Lugansk, è stata identificata come la “priorità” dell’esercito di Mosca.
“Il nemico ha sparato dai lanciarazzi multipli Tornado-C nel settore residenziale di Krasnohorivka, le munizioni sono cadute nelle strade del settore privato”, hanno riferito le autorità ucraine. In tutto sono stati oltre 30 i bombardamenti su complessi residenziali e infrastrutture nella regione di Kiev registrati in 24 ore.