Non c’è tregua per i Ferragnez, questo è ormai evidente. Sono emerse in queste ore delle dichiarazioni di Fedez rese nel 2020 nel corso di un processo per diffamazione a Milano. Si è dichiarato nullatenente in quella circostanza, il che sta prevedibilmente scatenando numerosi commenti. Il tutto dopo che Repubblica ha svelato la vicenda, in connessione a un esposto presentato dal Codacons, che ha commissionato uno studio sulle società del rapper, imprenditore e influencer.
La risposta di Fedez
“Beni mobili e immobili registrati? Nullatenente, direi. È tutto intestato alle mie società”. Si parte da ciò per raccontare la vicenda, che ora torna in auge perché il Codacons vuole vederci chiaro. È stata dunque commissionata una relazione tecnica a Gian Gaetano Bellavia, allegata all’esposto alla Guardia di Finanza.
Per un cittadino comune, non invischiato in società o altro, è semplicemente assurdo, e un po’ sospetto, che un milionario possa dichiararsi nullatenente. È bene precisare, però, come in tutto ciò non ci sia nulla di illegale. Fedez non è il primo e non sarà l’unico a ricorrere all’intestazione di beni a società a sé riconducibili.
In merito all’articolo di Repubblica, il cantante ha dichiarato: “Non capisco il senso e lo scopo dell’articolo, se non quello di dare un’idea sbagliata ai lettori e alle lettrici, riportando una mia dichiarazione in modo del tutto decontestualizzato. È tutto intestato alle società della mia famiglia, come avviene per molti imprenditori e imprenditrici di questo Paese. Se avessi detto il contrario avrei mentito davanti a un giudice compiendo un reato”.
Intestare beni alla società: vantaggi
Proviamo però a guardare alla vicenda Fedez come a un’opportunità per fare chiarezza su una questione che, come detto, per tanti è assolutamente fuori dall’ordinario. Considerando il differente flusso economico, la gestione fiscale di un imprenditore milionario non potrà di certo seguire gli stessi binari di quella di un impiegato.
Facciamo dunque un esempio pratico: comprare casa e intestarla a una società. Perché mai dovremmo farlo? Partiamo dalla deducibilità del costo dell’immobile. Si può sottrarlo da quella che è la base imponibile, con misura del 3% l’anno, fino al raggiungimento dell’intero ammontare. Un risparmio considerevole di imposta.
La deducibilità viene inoltre applicata anche per quanto riguarda altre uscite annesse, come le spese di condominio. Lo stesso dicasi per la manutenzione ordinaria e straordinaria dell’immobile.
I vantaggi però non terminano qui, anzi. In caso di problemi legali o finanziari, tale intestazione andrà a limitare il raggio d’azione dei potenziali creditori. Il singolo non possiede un immobile a sé intestato ma la società sì, ed essa rappresenta un mondo a parte e tutelato, a patto che sia in salute.
Non avrebbe infatti senso acquistare un bene e intestarlo a un’azienda mal gestita e in pessime condizioni. Risulta inoltre estremamente facilitato il processo di trasmissione dell’immobile, nel caso in cui si desideri trasferire la proprietà a un’altra società o a un singolo. Basta cedere le quote sociali della società proprietaria del bene. Il tutto tenendosi alla larga da nuovi atti notarili e ulteriori imposte. Come se non bastasse, in caso di morte del socio proprietario, si potrà anche evitare il pagamento della tassa di successione.
Tornando infine al discorso della corretta gestione aziendale, si potranno sfruttare i professionisti interni per la cura dell’immobile, soprattutto sotto l’aspetto amministrativo, legale e fiscale.
Acquistare casa con una società: svantaggi
Ribadiamo come la gestione fiscale di un imprenditore sia naturalmente differente da quella di un impiegato. Basti pensare al fatto che un’operazione come l’intestazione di beni a una società, passa attraverso numerosi svantaggi:
- Imposta di registro calcolata al 9% del prezzo d’acquisto;
- Perdita dei vantaggi del sistema prezzo-valore, che offre base imponibile calcolata partendo dalla rendita catastale moltiplicata per 1.05 e per il coefficiente 120. Valori inferiori rispetto alla base imponibile legata al prezzo d’acquisto;
- maggior complessità burocratica;
- addio alla cedolare secca al 21%;
- presente la tassazione delle plusvalenze, in caso di vendita;
- gravosi costi di gestione societaria;
- minore flessibilità nella destinazione d’uso del bene (da usare soltanto per attività dell’azienda e non per scopi personali);
- responsabilità limitata, ovvero in caso di fallimento o crisi aziendale, i creditori potrebbero rivalersi sul bene, attraverso pignoramento