Sì, viaggiare. E non solo per conoscere nuovi luoghi, incontrare persone, trovarsi al fianco di culture diverse e fissarsi negli occhi paesaggi mozzafiato. Ma anche per combattere i segni del tempo che passa, specie se le rughe compaiono sul volto e i capelli ingrigiscono.
A lanciare l’ipotesi – di questo si tratta – dei viaggi come possibile supporto nella sfida all’invecchiamento psicofisico è un’originale ricerca apparsa su Journal of Travel Research, condotta dagli esperti dell’Università Edith Cowan.
Attenzione, stiamo parlando di un’ipotesi. E non basta certo salire sul primo volo, magari per lavoro, per godere dei benefici di questo approccio. E’ importante, stando allo studio, che il viaggio abbia certe caratteristiche. Altrimenti rischia di essere controproducente.
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Tutto parte dalla giusta entropia
Sul fronte psicologico, il beneficio del viaggio “giusto” che magari porta a fare esperienze specifiche sul fronte del benessere, dalla frequentazione di attività fisicamente impegnative ma al contempo rilassanti come lo yoga o placide saune, magari accompagnate da robuste nuotate nell’oceano o trekking, sarebbe da ricercare nell’entropia.
Perché se è vero, secondo gli studiosi, che la tendenza dell’entropia sarebbe verso il disordine ed il progressivo procedere del tempo (stiamo parlando in chiave universale, ma il processo interessa anche l’uomo), il viaggio potrebbe connotarsi come variabile in grado di influire positivamente sul processo, aiutandoci a fronteggiare le esperienze negative che invece possono farci progredire più rapidamente verso l’invecchiamento, sia sul fronte psicologico che sotto l’aspetto fisico.
In questo senso, come segnala in una nota dell’Università Fangli Hu, il turismo non andrebbe visto solamente come occupazione del tempo libero, ma anche come un vero e proprio supporto alla salute fisica e mentale delle persone. A patto che ovviamente presenti certe caratteristiche. Ad esempio è importante che si si trovi esposti a nuovi ambienti, che si facciano esperienze in termini di interazione sociale, che ci si impegni in attività fisiche, che si ricerchino emozioni positive. Insomma, per sfruttare la “terapia” del viaggio occorre innanzitutto organizzare viaggi che strizzino l’occhio anche al benessere di psiche e corpo.
Un trattamento antistress
Come agirebbe sul fronte fisico il viaggio piacevole e con le giuste caratteristiche? Prima di tutto modificando la risposta allo stress. Poi, se c’è il giusto esercizio fisico, anche influendo sul metabolismo. Il tutto, porterebbe anche a migliorare le risposte del sistema immunitario, contribuendo alla difesa dalle infezioni ed al corretto funzionamento delle cellule. Insomma, una sorta di approccio “olistico” al benessere che passa attraverso una maggior resilienza del sistema difensivo.
“Gli ormoni che favoriscono la riparazione e la rigenerazione dei tessuti possono essere rilasciati e promuovere il funzionamento del sistema di auto-guarigione – commenta la Hu”. Favorendo il controllo dello stress cronico, quindi, si può migliorare la risposta difensiva.
Ma non basta. In pratica si punta al fatto che organi e tessuti rimangano in condizione di ridotta entropia, specie se muscoli ed articolazioni vengono testati da attività ricreative, a partire dalle semplici esplorazioni nelle escursioni. Lo sforzo fisico può aumentare il metabolismo e il dispendio energetico, contribuendo a mantenerci in forma, facilitando anche l’eliminazione da parte dell’organismo dei composti nocivi che possono metterlo in condizione di invecchiare più rapidamente.
Attenzione però. Stiamo parlando del giusto viaggio. Se il turismo diventa fonte di esperienze negative, da quello che può capitare per una gastroenterite fino all’incertezza sui livelli di sicurezza del Paese che si visita, l’effetto diventa negativo. Quindi, programmate bene se volete ipotizzare questa originale e piacevole terapia “anti-aging”. Altrimenti tutti i benefici ipotizzati sfumeranno via.