Le patologie cardiovascolari sono la causa più comune di morte nei 55 Paesi che fanno parte dell’ESC (Società Europea di Cardiologia). Ma non da tutte le parti stiamo assistendo ad un trend simile. Se è vero che i tassi di mortalità per queste condizioni patologiche sono sostanzialmente in calo, il benessere economico fa la differenza. E crea una dicotomia. La discesa dei decessi appare inferiore nei Paesi con un reddito pro capite medio, rispetto a quelli ad alto reddito. A ricordarlo è l’ESC Atlas of Cardiology, che raccoglie i dati della Società Europea di Cardiologia (ESC) pubblicati su European Heart Journal.
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Quanto pesano le patologie cardiovascolari
Stando a quanto riporta la pubblicazione, nei 55 paesi membri dell’ESC studiati ci sarebbero oltre 3 milioni di decessi dovuti a queste patologie ogni anno. Più o meno stiamo parlando di 8.500 decessi al giorno. Il che significa che mediamente il 37,4% delle persone muore per questa cause.
Attenzione però, le differenze sociali e sanitarie pesano. I tassi di mortalità standardizzati per età (ASMR) erano almeno 2,5 volte più alti nei paesi a medio reddito rispetto a quelli ad alto reddito. E soprattutto, la tendenza al calo appare meno significativa nei primi. In particolare, secondo gli ultimi dati dei paesi membri dell’ESC, la mortalità per malattie cardiovascolari è più alta nei paesi a medio reddito (46% di tutti i decessi negli uomini; 53% di tutti i decessi nelle donne) rispetto ai paesi ad alto reddito (30% di tutti i decessi negli uomini; 34% di tutti i decessi nelle donne).
La stima degli anni di vita potenziali standardizzati per età persi è stata più di 3 volte superiore nei paesi a medio reddito rispetto ai paesi ad alto reddito. Cosa significa? Secondo Adam Timmis, primo autore del rapporto, “le nuove statistiche sui decessi dovuti a CVD illustrano la portata del problema e sottolineano l’urgente necessità di strategie efficaci nella prevenzione e nella gestione. Le disuguaglianze tra i paesi membri dell’ESC a medio e alto reddito riflettono probabilmente esposizioni eterogenee a una serie di fattori di rischio ambientali, socioeconomici e clinici”.
Le cure e la prevenzione non sono uguali ovunque
Il controllo dei fattori di rischio, con un evidente impatto sul benessere dei cittadini, appare fondamentale per migliorare la gestione e soprattutto l’impatto di infarti, ictus, scompensi cardiaci e altro. E fa la differenza.
Purtroppo però non sembra che su questo fronte ci sia la stessa attenzione ovunque. Ecco le cifre: si stima che circa un quarto delle persone over-15 consumi prodotti del tabacco (25,4%), con tassi pari al 40,9% tra i maschi nei paesi a medio reddito.
Capitolo pressione alta. L’ipertensione ha colpito più di 4 persone su 10 di entrambi i sessi nei paesi a medio reddito rispetto a meno del 30% delle femmine e del 40% dei maschi nei paesi ad alto reddito. La prevalenza del diabete risulta del 7,7% nei paesi a medio reddito rispetto al 6% nei paesi ad alto reddito. Per il sovrappeso più di una persona su due risulta in eccesso ponderale e il 17% è obeso. Queste percentuali sono simili per i paesi a medio e alto reddito.
L’importanza del finanziamento della sanità
Come riporta una nota dell’ESC, Timmis ha anche sottolineato nuovi dati che suggeriscono che i fattori di trattamento possono contribuire alle disuguaglianze nella mortalità per malattie cardiovascolari, con i paesi a medio reddito sostanzialmente sotto-finanziati in termini di personale specializzato e tassi di procedure diagnostiche e terapeutiche rispetto ai paesi ad alto reddito.
Cominciamo dalla disponibilità di specialisti. Nei paesi membri dell’ESC, ci sarebbe il doppio dei cardiologi per milione di abitanti nei paesi ad alto reddito rispetto a quelli a medio reddito (rispettivamente 100 contro 55). Inoltre, i paesi a medio reddito hanno segnalato tassi inferiori per milione di interventi coronarici percutanei (rispettivamente 1.355 contro 2.330), impianto di valvola aortica transcatetere (4,0 contro 153,4) e impianto di pacemaker (147,0 contro 831,9) rispetto ai paesi ad alto reddito.
Quanto pesano le malattie cardiovascolari sull’economia
Stando ai dati economici dal progetto Burden of CVD dell’ESC sviluppato in collaborazione con il Nuffield Department of Population Health dell’Università di Oxford, si stima che le malattie cardiovascolari costino all’economia dell’Ue 282 miliardi di euro all’anno, un costo di 630 euro a persona, che varia da 381 euro a Cipro a 903 euro in Germania.
Del costo totale delle malattie cardiovascolari:
- il 46% è dovuto all’assistenza sanitaria
- il 9% all’assistenza sociale
- il 28% all’assistenza informale
- il 17% alla perdita di produttività.
In pratica, secondo dati presentati recentemente sulla base delle informazioni del 2021, nei 27 Paesi dell’Ue il costo di queste patologie si aggirerebbe intorno ai 282 miliardi di euro. E soprattutto, sarebbero ben 155 i miliardi di euro spesi per l’assistenza a lungo termine dei pazienti: in pratica circa l’11% dei costi europei per la spesa sanitaria La voce maggiore, che incide per il 46%, è legata all’assistenza sanitaria.
- 25 miliardi di euro vanno per l’assistenza sociale (9%)
- 79 miliardi di euro per la cosiddetta assistenza “informale” (questi costi comprendono il lavoro o il tempo libero, valutato in termini monetari, a cui parenti e amici hanno rinunciato per fornire assistenza non retribuita
- 15 miliardi di euro di perdite di produttività sono legati a malattia e/o disabilità (5%)
- 32 miliardi di euro di perdite di produttività dovute a decesso prematuro (12%).