Quando pensiamo all’inquinamento e soprattutto all’impatto del cambiamento climatico, difficilmente ci vengono in mente gli occhi. Eppure queste “finestre” sul mondo esterno risentono della situazione ambientale. Lo conferma un’analisi pubblicata su Clinical Ophtalmology, coordinata da Jennifer Patnaik, docente presso l’Università del Colorado.
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L’inquinamento raddoppia i rischi di visite ambulatoriali
La ricerca aggiunge un tassello alle conoscenze sul rapporto tra benessere oculare e ambiente. Gli studiosi hanno preso in esame le associazioni tra irritazione della superficie oculare e visite ambulatoriali giornaliere correlate alle allergie con livelli giornalieri di PM (particolato atmosferico) nell’area metropolitana di Denver. Sono state studiate in particolare le concentrazioni di PM10 e PM relativo a particelle di 2,5 micrometri o meno di diametro. Sono state analizzate 144.313 visite per irritazione della superficie oculare e allergie presso centri specializzati per tutto il periodo di analisi.
Risultato. Le visite giornaliere sono più che raddoppiate (aumento di 2,2, volte) in presenza di concentrazioni di PM10 elevate (intorno a 110). Non solo. Esiste un rapporto diretto tra incremento dei controlli per gli occhi ed aumento delle concentrazioni giornaliere di inquinanti.
La congiuntivite era la seconda malattia oculare più comune riscontrata in corso di visita. In media un controllo su tre è stato associato proprio a questa patologia. Ovviamente le forme di natura allergica, a prescindere dalle stagioni, sono risultate particolarmente frequenti confermando la tendenza all’aumento di questi quadri riscontrato su scala globale. Tra gli elementi esterni che paiono associarsi a questa osservazione ci sarebbero i mutamenti di temperatura, umidità e inquinamento atmosferico.
Cosa succede in caso di occhio secco
L’occhio secco è legato ad una alterazione del film lacrimale che causa danni alla superficie oculare associata a sintomi di discomfort oculare. Il film lacrimale è una sottile pellicola liquida, disposta sulla superficie oculare, costituita da 3 strati:
- lipidico, il più esterno che ne impedisce la evaporazione
- acquoso, il più spesso, che contiene ossigeno, sostanze nutritive e di difesa
- mucoso, il più interno, a contatto con la cornea.
Grazie al film lacrimale si lubrifica l’occhio, anche per via dell’ammiccamento reso possibile dalla presenza del film lacrimale che lubrifica la superficie stessa. L’ammiccamento palpebrale determina una continua distribuzione delle lacrime in modo regolare in modo da costituire una superficie omogenea otticamente valida. Inoltre, la “pellicola” difende l’occhio lavando ed asportando le sostanze di rifiuto ed impedendo ai germi di proliferare ed attecchire.
L’alterazione del film lacrimale responsabile di un “occhio secco” può essere di tipo quantitativo per deficit della componente acquosa (ipolacrimia) o di tipo qualitativo (dislacrimia) per alterazioni di una delle tre componenti (acquosa, lipidica, mucosa) e per alterazioni meccaniche (anomalie palpebrali, dell’ammiccamento, della superficie oculare, lenti a contatto, ipoestesia).
I sintomi più frequenti sono: bruciore, senso di corpo estraneo, disturbi della visione, fotofobia, senso di peso, dolore, stanchezza oculare. Tra i fattori di rischio anche il clima e l’aria che si respira giocano un ruolo importante. L’eccessiva esposizione all’aria condizionata, il clima secco, lo smog e il fumo di sigaretta possono peggiorare il quadro.
Quanto conta la qualità dell’aria per la salute
Lo studio, come segnalano gli esperti, evidenzia gli impatti sistemici sulla salute degli stress climatici, tra cui qualità dell’aria, incendi boschivi, temperatura e condizioni di siccità. E soprattutto mette in luce come il particolato possa avere effetto sul benessere oculare e non solo. Recentemente è emerso come per ridurre il rischio di sviluppo ed esacerbazione delle patologie della cute, in particolar modo della dermatite atopica, occorrano strategie di politiche ambientali che limitino l’utilizzo dei combustibili fossili, promuovano pratiche di gestione sostenibile del territorio riducendo la quantità di inquinamento atmosferico e prevedano l’installazione di dispositivi di filtraggio dell’aria negli ambienti indoor.
Numerosi studi hanno infatti dimostrato non solo la connessione tra cambiamenti climatici ed incremento della dermatite atopica, ma anche tra inquinamento ambientale e aumento della patologia. Inoltre, il trend in crescita dell’inquinamento atmosferico, dovuto soprattutto all’incremento dei veicoli a motore e all’uso del carbone per la produzione di energia elettrica, impatta sulla salute umana sin dall’età pre-natale.
Più in generale, insomma, qualsiasi aspetto ambientale condiziona lo sviluppo delle malattie croniche in un individuo, sia durante il concepimento e la gravidanza fino all’età più avanzata.
Dal punto di vista concettuale adesso non si parla più di cause ambientali, ma di esposoma, un termine inizialmente utilizzato solo in riferimento allo sviluppo di tumori, ma che oggi afferisce anche al campo delle allergie e che è stato introdotto pochi anni fa per indicare la totalità delle esposizioni ambientali non genetiche a cui un individuo è sottoposto, e dall’insieme degli effetti dell’ambiente, ai virus, all’inquinamento, fino ai cambiamenti climatici.