Non ci giriamo troppo intorno: finché Russia o Ucraina crederanno di poter migliorare la propria posizione sul campo di battaglia, la pace resterà un orizzonte lontano. La pace, non il cessate il fuoco o l’armistizio, che non farebbero altro che congelare il conflitto senza risolverlo.
Negli ultimi giorni, però, entrambe la parti sembrano aver aperto alla ripresa dei negoziati anche dal punto di vista retorico. Kiev definisce “necessario” un vertice per porre fine al conflitto, mentre Mosca da parte sua “valuta positivamente la posizione sulla pace di Papa Francesco“. Si arriverà davvero alla cessazione delle ostilità?
Intanto la Russia riesce ad aggirare le sanzioni occidentali: ecco come.
Quando e perché Kiev e Mosca vogliono la pace
Dal punto di vista ucraino, sarebbe meglio che i negoziati si tengano “il prima possibile, l’ideale sarebbe luglio”. Ma non solo: secondo il capo dell’ufficio presidenziale ucraino, Andriy Yermak, oltre alla tempistica la Russia dovrebbe rispettare anche il piano di 10 punti presentato da Kiev qualche mese fa, come “base” per un possibile accordo.
Inutile precisare che il Cremlino non sarebbe d’accordo. In primis perché le rivendicazioni ucraine su Donbass e Crimea vanno nella direzione opposta a quelle russe, ma anche perché la macchina della guerra di Mosca ha investito moltissimo e si è mossa nelle ultime settimane nell’ottica di resistere alla controffensiva ucraina nel sud e nell’est del Paese invaso. Le rapide sortite “ribelli” in territorio russo, nella regione di Belgorod, partite dall’Ucraina non hanno smosso questa convinzione negli uffici di Putin (qui abbiamo analizzato che fine farà il presidente russo dopo la guerra).
Kiev, dal canto suo, vuole tirare dritto, sperando nel sostegno occidentale anche sul fronte diplomatico. Yermak auspica una “larga partecipazione” di leader di altri Paesi al tavolo che dovrebbe coinvolgere solo i due Stati belligeranti. Sempre secondo l’alto funzionario, la posizione dell’Ucraina è chiara: “Il nostro piano è la base, ma siamo pronti ad ascoltare tutti quei Paesi che rispettano la nostra sovranità e integrità territoriale. Siamo pronti ad accettare elementi di altre proposte“.
La posizione della Russia
Dall’altro lato del tavolo, la Russia si è dimostrata ancora una volta intransigente. “Finché ci sarà l’attuale regime e il clown Zelensky al potere a Kiev, i colloqui saranno impossibili”, ha tuonato l’ex presidente russo Dmitry Medvedev, attuale vice capo del Consiglio di Sicurezza nazionale. “Tutto finisce sempre con i negoziati. Questo è inevitabile, ma finché queste persone saranno al potere, la situazione per la Russia non cambierà in termini di trattative”.
Il Cremlino sembra aprire però uno spiraglio significativo, a differenza dei mesi passati. “Per quanto riguarda i piani di pace proposti, tutti dovrebbero essere presi in considerazione”, ha precisato lo stesso Medvedev, riferendosi ai piani per la pace proposti dalla Cina e da altri Paesi. Il ministero degli Esteri russo ha invece valutato positivamente l’iniziativa di pace avanzata da Papa Francesco. Nessun dettaglio territoriale da parte del Vaticano, soltanto l’accorato appello alla distensione e alla cessazione del conflitto. Nobile, ma debole base per tecnici e generali che si troveranno di fronte con la carta geografica spianata sul tavolo delle trattative.
Il ruolo della Cina
Lo stallo sulla possibile pace è dunque destinato ancora a durare? Uno scossone potrebbe darlo, ancora una volta, la Cina. Il presidente Xi Jinping ha dato incarico al suo fidato inviato speciale cinese per gli affari euroasiatici, Li Hui, di parlare con Vladimir Putin per “aprire un canale diplomatico tra i due Paesi”. Lo stesso Li Hui era stato a Kiev da Zelensky nei giorni precedenti, e il fatto che il Cremlino abbia accettato l’incontro fa sicuramente ben sperare.
All’inviato di Pechino, Kiev ha ribadito che non accetterà compromessi sulla sovranità nazionale. Tradotto: si deve tornare alla situazione dei confini precedente al 2014. Ma il compito di Li Hui, che per oltre dieci anni è stato ambasciatore cinese a Mosca, è un altro: trattare coi Paesi europei e occidentali per il “futuro”. La manovra diplomatica insiste sugli stessi punti anche dal lato russo, col quale l’inviato di Xi insisterà sulla necessità di sedersi al tavolo dei negoziati, per cominciare. E poi si vedrà. Nella nebbia della guerra, però, vederci chiaro è estremamente difficile.