Pensioni, quante e quali domande rischiano di essere scartate nel 2022

La riforma pensioni non piace alla Cgil. Secondo la Confederazione, troppi lavoratori in uscita rischiano di vedersi negato - con le nuove condizioni - l'assegno pensionistico nel 2022

Pubblicato: 7 Novembre 2021 11:02

Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Il governo Draghi sta attuando riforme e investimenti significativi, focalizzandosi sulla manovra 2022 con l’obiettivo di includere il sistema pensionistico italiano. La proposta annunciata ha suscitato però disaccordi con la Cgil. Secondo il sindacato, infatti, le nuove condizioni potrebbero portare a una situazione in cui molti lavoratori in procinto di andare in pensione rischiano di non ottenere l’assegno pensione nel 2022. Questo contrasto evidenzia la complessità delle riforme pensionistiche e la necessità di bilanciare le esigenze finanziarie dello Stato con la sicurezza economica dei lavoratori anziani. La sfida per il governo sarà trovare un equilibrio tra questi due obiettivi, garantendo al contempo la sostenibilità del sistema pensionistico nel lungo termine e la protezione dei diritti dei lavoratori. Si prevede un dibattito acceso in Parlamento e nelle istituzioni sindacali al fine di trovare una soluzione che possa soddisfare le diverse parti interessate e assicurare un futuro stabile per il sistema pensionistico italiano.

Quante e quali pensioni rischiano di saltare nel 2022

Secondo un’analisi dell’Osservatorio Previdenza della Fondazione di Vittorio e della Cgil nazionale, le misure previdenziali della legge di bilancio nel 2022 coinvolgeranno meno di un terzo della platea dei beneficiari del 2020. Le stime, viene spiegato nella nota rilasciata dalla Confederazione, sono basate su Quota 102, la proroga dell’Ape sociale con l’ampliamento dei gravosi e l’intervento sui disoccupati.

Stando a quanto emerso, saranno solo 32.151 le persone coinvolte da queste misure nel 2022, ovvero il 22,6% delle 141.918 domande accolte nel 2020.

“Dai nostri studi – ha dichiarato Ezio Cigna, responsabile Previdenza pubblica della CGIL nazionale – sarebbero solo 11.674 le domande di Ape sociale per lavoro gravoso che potranno essere accolte con l’ampliamento previsto in legge di bilancio, e solo 2.013 le donne che potranno perfezionare il requisito di Opzione donna al 31.12.2021 dettato dalla proroga”. Nel 2022, ha concluso infine Cigna, “avremo 109.767 uscite in meno su queste tre misure analizzate”.

Pensioni 2022, i soggetti esclusi

Alla luce dell’analisi relativa alle tre misure, così come dovrebbero essere modificate nel 2022, Fondazione di Vittorio e Cgil hanno confrontato le platee stimate nel 2022 con quelle relative al 2020.

Come emerso dallo studio la platea coinvolta nel 2020 per Quota 100, Ape sociale, Opzione donna corrisponde complessivamente a 141.918 domande accolte, mentre nel 2022 è stata stimata una platea totale per le medesime misure pari a 32.151 domande, cioè al 22,65% del totale. Di fatto, come sostiene Cgil, ci sarebbe una differenza di platea uguale a 109.767, numero questo coincidente con i soggetti che sarebbe esclusi dalla prossima legge di bilancio.

Per questo motivo, per il segretario confederale della Cgil Roberto Ghiselli “è necessario che il Governo apra un confronto immediatamente e dichiari la disponibilità a migliorare sin da subito le misure previdenziali contenute nel testo della legge di bilancio”.

“Vanno aumentate sensibilmente le risorse previste per la previdenza – ha ribadito lo stesso – per garantire a tutti coloro che svolgono effettivamente un’attività gravosa di poter accedere alle misure previste. Per questo è indispensabile prevedere l’allargamento della platea dei gravosi, estendendo la misura ai precoci, abbassando anche il requisito contributivo per accedere all’Ape sociale. Inoltre, la proroga di Opzione donna rischia di essere una misura inutile, solo per poche donne, motivo per cui occorre abbassare il requisito di età previsto”.

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