Fondi pensione, è boom: come cambia la previdenza e cosa sapere

I rendimenti dei fondi pensione e le prospettive future: la previdenza guarderà sempre più a giovani, donne, Pmi e Sud

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Redazione

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I fondi pensione rappresentano un mezzo di risparmio a lungo termine finalizzato principalmente all’integrazione pensionistica. La loro funzione primaria è di colmare il divario previdenziale inevitabile tra la pensione pubblica e l’ultimo reddito percepito dai lavoratori. La decisione di aderire a questi fondi è sempre volontaria e aperta a diverse categorie di lavoratori, inclusi dipendenti privati, pubblici, autonomi, e anche a non lavoratori come studenti o individui fiscalmente a carico.
Guardando ai dati del 2019, i fondi pensione mostrano una situazione positiva, segnando un netto miglioramento rispetto all’anno precedente, che nel 2018 aveva evidenziato qualche difficoltà. Questo trend positivo suggerisce una maggiore fiducia e stabilità nel sistema pensionistico integrativo, offrendo prospettive più solide per il futuro dei risparmiatori e dei pensionati.

Quanto rendono i fondi pensione

I rendimenti sono stati del 7,2% per i fondi negoziali, dell’8,3% per quelli aperti, del 12,2% per i Pip unit linked. Il Tfr ha invece reso l’1,5%. Ma la previdenza integrativa va valutata sul lungo periodo. Negli ultimi dieci anni i fondi negoziali hanno reso il 3,6% l’anno, gli aperti il 3,8% e così i Pip unit linked, mentre il Tfr il 2%.

Un aspetto interessante da notare è che, nonostante la fase prolungata di tassi bassi in cui ci troviamo, questo non incide particolarmente sui fondi pensione. I fondi pensione, infatti, funzionano, tranne alcuni casi, a capitalizzazione con la contribuzione definita.

Fondi pensione, le caratteristiche

Come spiega bene il presidente della Covip, l’autorità di vigilanza, Mario Padula, in un’intervista al Corriere della Sera del 5 febbraio, a differenza dei sistemi a ripartizione e prestazione definita, per esempio ancora molto presenti in Germania e nei Paesi Bassi, i tassi bassi in Italia non generano un problema di sostenibilità.

Tuttavia, hanno comunque ripercussioni sulla capitalizzazione dei montanti contributivi e quindi sulle stesse prestazioni. “In ogni caso, i fondi investono in un ampio ventaglio di asset, anche di tipo illiquido, proprio alla ricerca di rendimenti più elevati”. In Italia ci sono iniziative in corso sul fronte del private equity che aumenteranno, spiega, l’esposizione dei fondi a questo tipo di asset, ad oggi molto limitata.

Da notare che, nei fondi pensione italiani, una forte componente di investimenti è quella estera. Considerato che il primo pilastro, quello pubblico Inps, dipende al 100% dall’andamento dell’economia italiana, la presenza estera è un importante elemento di diversificazione del rischio.

Come cambieranno

E riguardo alla previdenza del futuro, cosa succederà? Probabilmente sarà sempre più complementare e inclusiva. “Per noi è importante quella che chiamo l’inclusione previdenziale, per superare quei dualismi che si manifestano anche in altri settori dell’economia italiana” spiega ancora il presidente della Covip.

Di fatto, significa affrontare il tema della più bassa adesione ai fondi che si riscontra tra le donne, i giovani, tra i lavoratori delle piccole imprese e nel Mezzogiorno.

Come? Ad esempio, attraverso un uso più flessibile della deducibilità dei contributi fino a 5.164 euro, immaginando che lo sconto fiscale non utilizzato o utilizzato solo in parte in un anno possa essere recuperato in altri anni, così da aiutare chi ha carriere discontinue.

Un’altra ipotesi sul tavolo è consentire di devolvere nel fondo anche solo una parte del Tfr, anziché tutto, cosa che oggi si può fare solo se lo prevede il contratto collettivo di lavoro.

Infine, aprirsi al digitale. Come indicato dalle ultime direttive Ue in materia, la Covip lavora per fare in modo che si possa aderire ai fondi pensione non solo in forma cartacea, ma anche online.

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