L’opinione dei mercati è unanime: nel 2025 la Bce effettuerà tre nuovi tagli ai tassi di riferimento. Il primo intervento è previsto per il 6 marzo, in occasione della riunione del Consiglio direttivo a Francoforte. D’altronde Christine Lagarde aveva già sottolineato come le condizioni economiche in Europa restino restrittive, suggerendo la necessità di ulteriori misure per sostenere la crescita.
Secondo le stime degli operatori, il prossimo taglio sarà di 25 punti base, con una riduzione del Tasso sui Depositi dal 2,75% al 2,50%. Ma quali saranno le conseguenze per i mutui degli italiani?
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Cosa cambia per i mutui
Il taglio di 25 punti base è così consolidato che l’Euribor 3 Mesi ha già anticipato la mossa, attestandosi al 2,53% a febbraio. I cinque cali fatti dalla Banca Centrale Europea, da giugno 2024 a gennaio 2025, stanno facendo scendere il costo del denaro, con il tasso di riferimento dei depositi presso la Banca centrale calato al 2,75% all’inizio di febbraio di quest’anno.
La conseguenza di questa politica è una riduzione degli interessi applicati dalle banche su mutui ipotecari e prestiti personali, con un conseguente aumento delle richieste per entrambi.
Il tasso fisso conviene di più
Per i consumatori questa è una buona notizia, anche se non è detto che questo taglio renderà automaticamente più vantaggiosi i mutui variabili.
Secondo gli ultimi dati di Codacons Toscana, prendendo come esempio un mutuo di 140mila euro con una durata di 20 anni, la rata mensile media a tasso fisso è di 738 euro a febbraio 2025, mentre per quelle a tasso variabile ci si assesta mediamente sugli 806 euro. Dunque il tasso fisso conviene e rimarrà più vantaggioso anche dopo il probabile taglio di giovedì.
Taglio dei tassi confermato nonostante i dazi?
Nonostante gli operatori di mercato considerino ormai quasi certi i tagli della Bce, l’annuncio dei nuovi dazi statunitensi contro l’Europa da parte del presidente Donald Trump li mette a rischio.
L’impatto sull’economia dell’eurozona sarà inevitabile e, se l’Unione Europea risponderà con contro-dazi, potrebbe scatenarsi un ulteriore aumento dell’inflazione, in particolare sotto forma di inflazione importata.
Sebbene l’effetto sui fondamentali economici sembri prevedibile, lo stesso non vale per la politica monetaria. I tre tagli dei tassi previsti per il 2025 dalla Bce non sembrano essere in discussione, e i dazi sono già stati in parte riflessi nei mercati.
In conclusione, pur mantenendo la prudenza di fronte a possibili incertezze e sviluppi imprevisti, è ragionevole ritenere che le questioni legate al costo del denaro non subiranno variazioni troppo marcate.
Stop in arrivo? Cosa dicono gli esperti
Cresce però l’aspettativa che la banca centrale possa prendere una pausa nei suoi prossimi interventi. Gli analisti si dividono tra chi ritiene che, una volta raggiunto il 2,50%, la politica monetaria della Bce possa fermarsi per una riflessione, e chi continua a sostenere la necessità di nuovi tagli.
Questa opinione è stata espressa anche dalla presidente della Bce Christine Lagarde che ha parlato di direzione chiara verso altri tagli.
Quello che sarà fondamentale vedere giovedì è se la Bce deciderà di rimuovere l’etichetta “restrittiva” dalla sua posizione ufficiale sui tassi. Se ciò accadrà, una pausa nel ciclo di tagli diventerà più probabile.
In caso contrario, l’attuale ritmo continuerà. È probabile che questa frase venga sostituita con qualcosa di più “vago”, o potrebbe essere eliminata del tutto, ma secondo gli esperti di Bloomberg, il comunicato stampa riguardante le decisioni di politica monetaria probabilmente non affermerà più che “la politica monetaria resterà restrittiva”.