La nuova campagna di raccolta del riso si apre con un campanello d’allarme che risuona forte soprattutto nelle campagne del Nord Italia. Coldiretti Vercelli-Biella denuncia una situazione sempre più insostenibile per i produttori italiani: i prezzi del riso nazionale sono crollati quasi della metà rispetto a pochi mesi fa, precipitando al di sotto dei costi di produzione.
La crisi non nasce da una cattiva annata agricola. La produzione, infatti, è rimasta di poco superiore ai livelli del 2024. Tuttavia il continuo afflusso di riso straniero a basso costo sta prendendo sempre più il sopravvento nel mercato interno, schiacciando il valore del prodotto tricolore.
Prezzi del riso dimezzati per le varietà Made in Italy
Secondo Coldiretti, le quotazioni all’origine del riso italiano, in particolare per varietà pregiate come Carnaroli e Arborio, sono crollate. In pochi mesi il prezzo al chilogrammo è passato da 1-1,10 euro a 60-70 centesimi.
Prezzi che, secondo gli esperti, non coprirebbero nemmeno le spese sostenute dai risicoltori per coltivare, raccogliere e lavorare il prodotto. Come spiega la confederazione:
È una situazione paradossale. Produciamo riso di altissima qualità, richiesto in tutto il mondo, ma ci troviamo a venderlo sottocosto a causa della concorrenza sleale di prodotto estero che arriva sul mercato a tariffe ridotte.
L’Italia è il primo produttore europeo di riso, con oltre 200mila ettari coltivati e un comparto che dà lavoro a migliaia di persone tra Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Solo il Vercellese e il Pavese rappresentano il cuore pulsante della risicoltura nazionale. Eppure, oggi proprio qui i produttori si sentono abbandonati e disorientati, costretti a fronteggiare prezzi che non riflettono il valore reale del loro lavoro.
Importazioni in aumento: +10% nei primi 7 mesi del 2025
A pesare su questa dinamica è l’incremento delle importazioni di riso straniero, cresciute del 10% nei primi 7 mesi del 2025, come evidenzia un’analisi di Coldiretti su dati Istat. In termini assoluti, parliamo di 208 milioni di chili di riso importati in Italia, provenienti in gran parte da Paesi extraeuropei.
Roberto Guerrini, membro di giunta di Coldiretti Piemonte con delega al settore risicolo e presidente di Coldiretti Vercelli-Biella, spiega:
È un fiume di riso che entra nel nostro Paese e che, nella maggior parte dei casi, viene venduto come prodotto generico o trasformato in confezioni che confondono il consumatore. Il problema è che il 60% del riso importato beneficia di tariffe agevolate, rendendo impossibile per i produttori italiani competere in modo equo.
Questo vantaggio tariffario deriva in gran parte dal Sistema delle preferenze generalizzate (Spg) dell’Unione Europea, che consente ai Paesi in via di sviluppo di esportare determinati prodotti in Europa a dazi ridotti o nulli. Una misura pensata per sostenere le economie più deboli, ma che secondo gli esperti negli anni si è trasformata in una distorsione del mercato, penalizzando fortemente i produttori europei.
Oltre al danno economico, la diffusione del riso straniero a basso costo comporta anche un rischio per i consumatori. In molti casi, questi prodotti non rispettano gli stessi standard qualitativi e ambientali previsti per le produzioni europee.
Alcuni Paesi esportatori, come Cambogia, Myanmar, Pakistan o India, utilizzano fitofarmaci e pratiche agricole non consentite in Ue, con controlli meno rigorosi e costi di produzione notevolmente inferiori. Sostenendo questa tesi Coldiretti ritiene urgente rafforzare l’obbligo di indicazione d’origine in etichetta, affinché chi compra possa scegliere con consapevolezza.