Riso, prezzi in aumento: ne mancano 64mila tonnellate

Il dato delle 64.343 tonnellate di riso in meno in un solo mese è molto più di un numero tecnico: è il sintomo di una crisi che rischia di ripercuotersi sui prezzi

Pubblicato:

Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

Secondo i dati aggiornati delle Riunioni di filiera cereali, pubblicati dal Ministero dell’agricoltura e della sovranità alimentare (Masaf), le giacenze di riso al 31 maggio 2025 risultano inferiori di oltre 64.000 tonnellate rispetto al mese precedente, una riduzione, questa, che rischia di avere conseguenze dirette sul prezzo al consumo e sull’equilibrio del mercato.

Soprattutto se si considerano altre dinamiche che, a livello nazionale e internazionale, stanno già influenzando il rapporto tra domanda e offerta, come le condizioni climatiche sfavorevoli, i costi di produzione elevati, l’instabilità dei flussi commerciali.

I numeri della crisi: 64.343 tonnellate di riso in meno in un solo mese

Nel dettaglio, secondo il report mensile del Masaf, le giacenze di riso in Italia sono passate da 445.643 tonnellate al 30 aprile 2025 a 381.300 tonnellate al 31 maggio 2025, segnando una contrazione del 14,4% in soli 30 giorni. Un calo brusco, che accende i riflettori su un prodotto strategico per molte filiere – non solo quella del consumo diretto, ma anche per la trasformazione industriale e per l’export verso mercati esteri che premiano la qualità del riso italiano.

Le cause di questo drastico calo sono molteplici, ma sicuramente a giocare un ruolo sfavorevole sono i ritardi nella raccolta, la riduzione della superficie coltivata, scarsità d’acqua nei distretti produttivi principali e una domanda in crescita interna ed esterna. A tutto questo si aggiungono le incertezze generate dal cambiamento climatico, con stagioni sempre più difficili da prevedere e da gestire per gli agricoltori.

Scorte in calo anche per altri cereali, il problema non riguarda solo il riso

Il problema, però, non riguarda solo il riso. Anche le scorte di frumento duro sono scese da 1.100.000 tonnellate ad appena 787.600 tonnellate in un mese. Il frumento tenero, invece, cala da 1.400.000 a 650.000 tonnellate. Il mais (granturco), altro pilastro della produzione agricola italiana, perde oltre 380.000 tonnellate, passando da 1.300.000 a 918.000. Stesso discorso per l’orzo, che da 130.000 tonnellate scende a 80.000.

Tuttavia, nel caso del riso, la diminuzione è ancora più preoccupante per almeno due motivi: la maggiore incidenza sul paniere alimentare nazionale e l’alta specializzazione delle produzioni italiane, spesso indirizzate verso varietà di qualità, come il Carnaroli o l’Arborio, molto richieste e più sensibili a oscillazioni di mercato.

Quale l’effetto sui prezzi?

Quando un evento del genere si verifica, il riflesso più immediato della contrazione delle scorte è l’aumento dei prezzi. Non a caso, già a partire da maggio si sono registrati ritocchi al rialzo dei listini nei mercati all’ingrosso e gli operatori segnalano aumenti anche a livello di vendita al dettaglio. Il rischio è quello di una spirale inflattiva che coinvolga non solo il riso da cucina, ma anche tutti i derivati e i prodotti trasformati.

Per l’industria alimentare, soprattutto quella che produce piatti pronti, riso per la ristorazione e confezionato, questo si traduce in una compressione dei margini o in una necessaria rinegoziazione dei contratti. Per i consumatori, invece, è l’ennesima voce di spesa alimentare che pesa di più sul bilancio familiare.

La necessità di un piano strategico sulla risicoltura

La situazione attuale mette in evidenza l’urgenza di definire una strategia nazionale più solida per la tutela e lo sviluppo della risicoltura italiana, settore chiave per l’economia. Questo vuol dire che in un contesto in cui le riserve idriche diventano sempre più incerte, con sempre più allarmi siccità, diventa essenziale investire su sistemi di irrigazione sostenibili, varietà resistenti alla siccità, reti logistiche più efficienti e supporti assicurativi e finanziari in caso di perdite produttive.

I numeri spingono a fare attenzione, in un panorama agricolo europeo ed extraeuropeo che continua a essere condizionato dalle guerre, dalle restrizioni logistiche e da politiche commerciali sempre più protezionistiche.

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