Giù i prezzi dell’olio d’oliva, ma l’extravergine italiano costa 9 euro al kg

L'olio italiano sfida il ribasso globale: meno quantità, ma prezzi stabili oltre i 9 euro al kg grazie a qualità e reputazione

Pubblicato:

Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

In un panorama internazionale in lenta ma evidente ripresa, l’olio extravergine d’oliva italiano si distingue ancora una volta per tenuta, qualità e valore. Mentre il resto del mondo assiste a un drastico calo dei prezzi, con la Spagna – principale produttore mondiale – che vede crollare le sue quotazioni da quasi 9 a 3,60 euro al chilo, l’extravergine italiano resta saldamente ancorato sopra i 9 euro al chilo.

Il dato non solo colpisce per la sua stabilità, ma racconta di una filiera che punta sull’identità, sulla qualità, sulla reputazione e che riesce, in un contesto globale di normalizzazione produttiva, a rimanere competitiva senza cedere al ribasso.

I dati sulla produzione mondiale di olio

Dopo due campagne consecutive segnate da una produzione fortemente compromessa dalla siccità, in particolare in Spagna, il biennio 2024/2025 si presenta come quello del riscatto. Le ultime stime diffuse dalla Commissione Europea e dal Comitato Oleicolo Internazionale (COI) indicano un volume produttivo globale di 3,5 milioni di tonnellate.

Si tratta di un risultato nettamente migliore rispetto ai cicli precedenti e segna il ritorno alla normalità per il comparto oleicolo internazionale.

La maggiore disponibilità di prodotto si è tradotta, come prevedibile, in un abbassamento delle quotazioni, specialmente nei Paesi esportatori a basso costo come Spagna, Grecia e Tunisia.

Per l’Italia è l’anno della “scarica”

In Italia, invece, la situazione produttiva ha seguito un corso diverso. La campagna olearia 2024/2025 ha confermato le previsioni di un’annata di “scarica”, ossia una fase naturale di alternanza produttiva fisiologica per l’olivo.

Secondo le elaborazioni Ismea basate sui dati Agea, i volumi si attesterebbero poco sotto le 250mila tonnellate, registrando un calo del 24% rispetto all’anno precedente.

Il punto chiave, però, non è solo la quantità. Il vero elemento differenziante resta la qualità. Nonostante la produzione ridotta, il valore dell’olio italiano – in particolare dell’extravergine – non è crollato come per i concorrenti esteri.

È anzi rimasto stabile o addirittura rafforzato proprio per la sua identità legata al territorio, alla tradizione e a standard qualitativi che difficilmente possono essere replicati altrove.

Prezzi a confronto: il crollo internazionale

In generale il mercato internazionale ha vissuto negli ultimi due anni un’impennata storica dei prezzi, dovuta alla scarsità dell’offerta e all’inflazione. Ma con il ritorno a un livello produttivo “normale”, i prezzi hanno cominciato a cedere.

In Spagna, per esempio, l’olio Evo è passato dai vertiginosi 8,80 euro al chilo a soli 3,60 euro al chilo nel giugno 2025. Una tendenza simile ha coinvolto Grecia e Tunisia, i cui extravergini – spesso utilizzati come prodotto da taglio o per le grandi industrie – hanno seguito la stessa traiettoria al ribasso.

In questo scenario, l’Italia rappresenta un’anomalia virtuosa, dato che da noi il prezzo medio dell’olio extravergine si mantiene sopra i 9 euro al chilo, resistendo alla pressione dei listini esteri.

Il consumatore – sia italiano che internazionale – continua a riconoscere un valore superiore all’olio italiano, disposto a pagare di più in cambio di garanzie sulla tracciabilità, sul gusto, sulla tipicità.

L’Italia protagonista anche negli scambi

La normalizzazione dei prezzi internazionali ha avuto effetti rilevanti anche sul commercio estero. L’Italia ha saputo sfruttare l’occasione per aumentare gli acquisti dall’estero, in particolare nei primi quattro mesi del 2025.

Secondo i dati diffusi da Ismea, le importazioni hanno superato le 250mila tonnellate, segnando un incremento del 66% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Un dato significativo, che però non ha portato a un aumento della spesa: al contrario, grazie al calo dei prezzi internazionali, l’Italia ha speso il 13% in meno.

Parallelamente, le esportazioni italiane sono cresciute del 19% in volume, mentre il valore economico è sceso del 10%, anche in questo caso per effetto della flessione dei prezzi.

L’Italia, quindi, non solo ha rafforzato il suo approvvigionamento dall’estero, ma ha anche saputo mantenere un buon ritmo di esportazioni, nonostante un contesto più competitivo.

Come cambiano i prezzi adesso

Il quadro che emerge è quello di un sistema oleicolo italiano che, pur in un’annata difficile dal punto di vista produttivo, riesce a mantenere alta la reputazione del proprio prodotto, sostenendo prezzi superiori alla media globale.

Ma il rischio ora è duplice:

Sarà quindi fondamentale, nei prossimi mesi, adottare strategie mirate, investire in innovazione, continuare a sostenere la promozione dell’olio italiano sui mercati esteri, rafforzare le politiche di certificazione e contrasto alle frodi e, soprattutto, educare il consumatore.

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