Aumenti per pane, pasta, farina e birra: crollano giacenze di frumento

La crisi delle scorte di frumento e orzo potrebbe trasformarsi in una crisi dei prezzi, con ricadute economiche e sociali significative per produttori e consumatori

Pubblicato:

Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

Nel giro di un solo mese, in Italia, sono andate perse oltre un milione di tonnellate di frumento dalle scorte nazionali. Un crollo che, contribuendo a influenzare l’equilibrio tra domanda e offerta, rischia anche di far impennare i prezzi dei principali prodotti alimentari derivanti dal frumento:

È quanto emerge dai dati ufficiali del Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare e delle foreste (Masaf), diffusi nell’ambito delle Riunioni Filiera Cereali ogni mese.

Crollano le scorte e aumentano i prezzi

Secondo il monitoraggio sulle giacenze mensili di cereali, semi oleosi, farine e oli, le scorte di frumento tenero (utilizzato principalmente per produrre farina da pane, biscotti e dolci) e segalato sono passate da 1.400.000 tonnellate ad appena 650.000, mentre quelle di frumento duro sono scese da 1.100.000 tonnellate a 787.600. In totale, si tratta di oltre 1.060.000 tonnellate di frumento in meno in appena 30 giorni, un calo che ha già cominciato a produrre effetti sul mercato e che preoccupa l’intero comparto agroalimentare.

A completare il quadro, arriva un altro dato poco incoraggiante: le scorte di orzo — fondamentale per la produzione di birra — sono passate da 130.000 tonnellate ad appena 80.000. Una perdita del 38% in un mese, che si somma alla crisi delle altre colture. Questo potrebbe avere un impatto sui produttori artigianali e industriali, che potrebbero dover rivedere i costi o l’offerta.

Un calo combinato che non ha precedenti recenti in termini di velocità e quantità, e che potrebbe generare una nuova ondata di aumenti per i prodotti di prima necessità. Pane, pasta e farine — che già hanno subito pressioni inflattive a causa dei rincari energetici e dei costi di produzione — sono ora nuovamente sotto minaccia.

Le giacenze di frumento rappresentano infatti un indicatore chiave della salute della filiera agroalimentare. Quando le scorte si riducono bruscamente, come avvenuto tra aprile e maggio 2025, i trasformatori — dai mulini ai pastifici — iniziano a confrontarsi con problemi di approvvigionamento, e spesso sono costretti ad acquistare materia prima a prezzi più alti, anche dall’estero.

Questi costi si trasferiscono rapidamente a valle, fino al consumatore finale. Se la situazione non si stabilizza, è facile prevedere un aumento dei prezzi della pasta e del pane già a partire dai mesi estivi, periodo in cui solitamente la domanda rimane alta e l’offerta diventa più rigida in attesa della nuova raccolta.

Cause della crisi: clima, produzione in calo e logistica fragile

A determinare il drastico calo delle giacenze di frumento sono più fattori concomitanti, come le condizioni climatiche avverse. Le semine autunnali e invernali 2024-2025 hanno risentito di periodi prolungati di siccità, seguiti da piogge torrenziali in primavera. Risultato: un calo delle rese produttive in molte aree vocate, come la Puglia e la Sicilia per il grano duro, e l’Emilia-Romagna per il tenero.

Inoltre, le tensioni geopolitiche e l’instabilità nei principali corridoi di approvvigionamento hanno limitato l’importazione di grano da alcuni Paesi terzi, cambiando i flussi commerciali. In parallelo, le esportazioni italiane hanno continuato, prosciugando le scorte interne.

Infine, un ruolo chiave hanno avuto alcuni operatori industriali che, temendo futuri aumenti, hanno aumentato gli acquisti anticipati, contribuendo all’abbassamento repentino delle scorte disponibili nei magazzini rilevati dal ministero. Nello stesso tempo, i rincari dell’energia hanno spinto alcune aziende agricole e depositi a liberare spazio nei silos e a vendere in anticipo, riducendo le scorte residue.

Il rischio inflazione alimentare

La scarsità di frumento, se confermata anche nei prossimi mesi, potrebbe alimentare ancora l’inflazione, proprio mentre l’Italia cercava di lasciarsi alle spalle l’ondata di rincari dei mesi passati. Secondo diverse associazioni dei consumatori, un aumento anche solo del 10% sul prezzo della farina (a causa delle scarse giacenze di frumento) potrebbe incidere in modo significativo sui prezzi finali di pane e pasta, con effetti sulle famiglie più fragili.

Già ad aprile, secondo i dati Istat, il prezzo del pane era cresciuto del 6,7% su base annua, quello della pasta del 9,4%. Se dovessero consolidarsi le tensioni attuali, è possibile immaginare aumenti a due cifre nei prossimi trimestri.

Se non si interviene con misure strutturali, questa crisi di scorte potrebbe trasformarsi in una crisi dei prezzi, con ricadute economiche e sociali significative.

© Italiaonline S.p.A. 2025Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963