Aumentano ancora i prezzi dei beni alimentari, anche se l’inflazione scende

L'Istat conferma il paradosso dell'economia italiana: ad agosto 2025 l'inflazione generale rallenta grazie all'energia, ma i prezzi dei beni alimentari continuano a salire, mettendo sotto pressione il carrello della spesa delle famiglie

Pubblicato:

Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

L’ultimo aggiornamento dell’Istat sui prezzi al consumo, diffuso il 29 agosto 2025, mette in luce un quadro economico che può sembrare contraddittorio: l’inflazione generale rallenta, ma il costo del cibo continua a salire. Questo vuol dire che il “carrello della spesa” delle famiglie italiane resta sotto pressione, anche in un contesto di progressivo raffreddamento dell’indice generale dei prezzi.

Ma perché?

Perché i prezzi alimentari aumentano se l’inflazione scende

Secondo le stime preliminari, ad agosto 2025 la decelerazione del tasso d’inflazione si deve principalmente alla dinamica dei prezzi dei beni energetici. Nel dettaglio:

In pratica, l’inflazione scende non perché tutti i prezzi calano, ma perché l’energia — che pesa molto sull’indice generale — aumenta meno (o addirittura cala, nel caso dei carburanti). Senza questo effetto, l’inflazione non sarebbe diminuita.

Il paradosso del carrello: alimentari in aumento

Se il quadro energetico alleggerisce l’inflazione, i beni alimentari raccontano una storia opposta. Ad agosto accelerano sia i prezzi dei prodotti non lavorati (frutta, verdura, carne, pesce) che passano da +5,1% del mese precedente a +5,6%, sia quelli lavorati (pane, pasta, latte, formaggi, conserve) che salgono da +2,8% di luglio a +3,0%.

Nel complesso:

Si tratta di un indicatore cruciale perché rappresenta i consumi essenziali, quelli che incidono in maniera diretta e non comprimibile sui bilanci familiari. Per una famiglia media italiana, questo significa spendere di più per lo stesso paniere di beni di base, senza la possibilità di rinviare o ridurre sostanzialmente gli acquisti.

Inflazione di fondo: segnale da non sottovalutare

Un altro dato da monitorare è l’inflazione di fondo, che esclude energetici e alimentari freschi, salita dal +2,0% al +2,1%. Anche al netto dei soli beni energetici, l’aumento è dal +2,2% al +2,3%. Questo dettaglio indica che la pressione sui prezzi non è soltanto episodica o legata a prodotti stagionali, ma si sta consolidando in diversi comparti, in particolare nei servizi.

Ad agosto, i beni registrano un rallentamento della crescita dei prezzi (da +0,8% a +0,6%), mentre i servizi accelerano (da +2,6% a +2,7%). Il differenziale inflazionistico tra i due comparti si allarga così a 2,1 punti percentuali, contro 1,8 del mese precedente. Questa dinamica segnala che l’economia italiana si trova in una fase in cui i costi dei servizi — trasporti, tempo libero, cura della persona — aumentano più rapidamente rispetto ai beni materiali.

Inflazione acquisita e prospettive

Un dato tecnico ma rilevante è l’inflazione acquisita per il 2025: +1,7% per l’indice generale e +2,1% per la componente di fondo. Vuol dire che, anche se nei prossimi mesi l’inflazione dovesse azzerarsi, l’anno si chiuderebbe comunque con un incremento medio superiore all’1,5%.

Per le famiglie, significa un ulteriore drenaggio di potere d’acquisto sui beni essenziali, mentre le imprese della filiera agroalimentare potrebbero fare i conti con ulteriori tensioni legate ai costi di produzione, alla scarsità di materie prime e agli effetti climatici su raccolti e approvvigionamenti.

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