Lavoro in Italia a livelli record, ma vincono precariato e stipendi bassi

Il XXIV Rapporto annuale Inps mostra come gli occupati siano in crescita, ma quasi la metà ha un lavoro precario. E aumenta il numero di pensionati lavoratori

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Il rapporto Inps sul lavoro traccia un quadro in chiaroscuro, in cui si può leggere ciò che si vuole a seconda della convenienza politica.

Secondo il XXIV Rapporto annuale Inps appena pubblicato, gli occupati aumentano ma solo il 45% ha un impiego stabile e a tempo pieno. Intanto si allarga il divario di genere nelle pensioni e cresce il numero di emigrati fra giovani e anziani. In sintesi: più occupati ma spesso precari, sottopagati o costretti a fare un biglietto di sola andata fuori dal nostro Paese.

L’andamento dell’occupazione in Italia

Partiamo dalle buone notizie: nel 2024 il numero di occupati in Italia ha raggiunto il massimo storico con oltre 24 milioni di lavoratori, un tasso di occupazione che sfiora il 63%, secondo i dati Inps.

Bisogna comunque ricordare che l’Italia resta sotto la media Ue di 8 punti percentuali e che persiste un significativo divario occupazionale tra uomini e donne

Un po’ di numeri: tra il 2019 e il 2024

Ma solo il 45% dei dipendenti italiani lavora tutto l’anno a tempo pieno. Gli altri si arrangiano:

I lavoratori part-time, che vengono impegnati solo per pochi mesi, guadagnano una media di 9.000 euro l’anno.

Gli stipendi aumentano ma l’inflazione se li mangia

Gli stipendi sono saliti del +8,3% in 5 anni, ma l’inflazione ha galoppato al +17,4%. Questo per gli italiani si è tradotto in una perdita di oltre 9 punti sul potere d’acquisto. Solo i lavoratori stabili, vale a dire quelli a tempo pieno per tutto l’anno, hanno visto una crescita reale dei redditi netti. Per tutti gli altri, la retribuzione effettiva è rimasta indietro rispetto al costo della vita.

Donne penalizzate dal gender gap nel lavoro

Le donne, e soprattutto le madri, restano tra le categorie più penalizzate:

Quei pensionati al lavoro o all’estero

Il Rapporto Inps segnala un doppio trend crescente fra i pensionati. L’8,5% continua a lavorare dopo il pensionamento, spesso per bisogno, talvolta per scelta. Chi va in pensione con assegno basso prima dei 64 anni torna a lavorare per necessità. Quelli con pensioni elevate oltre i 64 anni, invece, lo fanno per motivi personali o di interesse professionale.

Sono 228.600 gli italiani pensionati residenti all’estero e il trend è in crescita costante. La migrazione è favorita da clima, fisco più morbido e qualità della vita migliori. La propensione a trasferirsi è 6 volte più alta tra chi ha una pensione sopra i 5.000 euro al mese. Spagna, Portogallo, Svizzera, Francia e Germania sono le mete più scelte. Tra le nuove destinazioni emergono Albania e Tunisia.

Welfare sotto pressione

La spesa pensionistica ha toccato i 364 miliardi, +4,5% rispetto al 2023, trainata dalle pensioni di vecchiaia e invalidità. Le pensioni anticipate, invece, calano del 9% dopo i correttivi del governo Meloni, che ha decretato la fine di Quota 100 e ha imposto una stretta su Opzione donna.

La pensione media in Italia è di 1.860 euro al mese. Gli uomini percepiscono il 34% in più rispetto alle donne (2.143 euro contro 1.595 euro). L’età media al pensionamento è di 64,8 anni, con le donne che si ritirano 15 mesi dopo gli uomini.

Sul fronte del welfare, l’unico risparmio significativo è venuto dallo spegnimento del Reddito di cittadinanza, sostituito da Adi (Assegno di inclusione) e Sfl (Supporto per la formazione e il lavoro) che però coinvolgono meno beneficiari.

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