In Italia, solo 1 lavoratore su 2 dichiara di “amare” veramente il proprio lavoro. A scattare la fotografia di una Penisola spaccata in due è l’Ufficio Studi della Cgia, che ha elaborato i dati dell’indagine Bes dell’Istat del 2023 sulla soddisfazione lavorativa. I parametri considerati vanno dalle opportunità di carriera all’orario, dalla stabilità occupazionale all’interesse per le mansioni svolte. Il risultato? Su un totale di circa 23,6 milioni di occupati, solo 12,2 milioni (il 51,7%) si dichiarano pienamente soddisfatti.
Sorprese arrivano anche dalle zone dove gli occupati sono più felici. Aosta, Trento e Bolzano sono in cima alla classifica, più indietro invece il Sud.
Indice
La classifica
A guidare la classifica nazionale sono infatti i tre territori alpini, che distaccano nettamente la media nazionale. A seguire, si posizionano Umbria (58,2%), Piemonte (57,1%) e Marche (55,4%).
All’estremo opposto della graduatoria si trovano le regioni del Sud Italia. Negli ultimi tre posti ci sono i lavoratori della Calabria con un livello di felicità del proprio lavoro del 43,8% (pari a 245mila persone), della Basilicata con il 42,3% (96mila) e, infine, della Campania con il 41,2% (681mila).
- Valle d’Aosta – 61,7%;
- Trento – 61,1%;
- Bolzano – 60,5%;
- Umbria – 58,2%;
- Piemonte – 57,1%;
- Marche – 55,4%;
- Sardegna – 55%;
- Toscana – 54,2%:
- Lombardia – 53,9%;
- Friuli-Venezia Giulia – 53,5%;
- Emilia-Romagna – 53,1%;
- Lazio – 52,7%;
- Veneto – 52,3%;
- Molise – 52,2%;
- Abruzzo – 48,9%;
- Puglia – 48,2%;
- Liguria – 47,5%;
- Sicilia – 45%;
- Calabria – 43,8%;
- Basilicata – 42,3%;
- Campania – 41,2%.
Le piccole regioni e Pmi fanno più felici i lavoratori
Un dato significativo è che, fatta eccezione per il Piemonte, le posizioni di vertice sono occupate da realtà geografiche di piccole dimensioni. Infatti, secondo l’analisi della Cgia, il successo di queste aree è legato a un ecosistema unico. Questi territori sono caratterizzati da piccolissime imprese, a basso impatto ambientale, perfettamente integrate in contesti di straordinaria bellezza e a misura d’uomo. Spiega l’analisi:
Tali realtà risultano fortemente integrate e in perfetto equilibrio con territori di straordinaria bellezza, ancora preservati e a misura d’uomo. Insomma, le piccole imprese oltre a svolgere un ruolo fondamentale nella conservazione della cultura e delle tradizioni locali, promuovono l’identità culturale delle comunità coinvolte, valorizzando i lavoratori che si sentono i principali protagonisti di questo successo.
Non è un caso che Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, pur essendo i motori economici del paese, si posizionano in una fascia centrale e medio-alta (tra il 53,9% e il 52,3%), ben lontane dai picchi delle regioni alpine. I loro modelli, sebbene efficienti nel generare occupazione e ricchezza, faticano a replicare i livelli di benessere lavorativo dei territori più piccoli. Fattori di stress come i lunghi pendolamenti, la vita più frenetica e la minore coesione sociale delle comunità pesano sul grado di soddisfazione complessivo.
Sud in coda
Per quanto riguarda la parte bassa della classifica, secondo la Cgia il divario tra Nord e Sud del Paese non è solo economico o occupazionale, ma anche legato al benessere percepito sul posto di lavoro.
Quando una regione ha quasi 6 occupati su 10 che non sono soddisfatti del proprio lavoro, si crea un terreno fertile per disaffezione, calo di produttività e tensioni sociali. È un dato che ha implicazioni profonde non solo per l’economia locale, ma per la stabilità dell’intero paese.