Alla Gurit di Volpiano licenziamento per 56 dipendenti, il lavoro si sposta in Cina

Sono 56 i lavoratori Gurit avviati verso il licenziamento, ai quali si sommano 21 interinali. L'azienda non sembra intenzionata a vendere, né ad attivare ammortizzatori

Pubblicato: 11 Febbraio 2025 07:35

Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Entro aprile la Gurit Italy di Volpiano, alle porte di Torino, procederà al licenziamento di 56 dipendenti su 64 e alla chiusura per delocalizzare il lavoro in Cina, dove energia e manodopera costano meno.

E oltre ai 56 lavoratori alle dirette dipendenze dell’azienda, ce ne sono 21 in somministrazione che sognavano la stabilizzazione e che invece dovranno presto trovare un altro impiego.

Incontro tra i sindacati e Gurit

Sono rimaste inascoltate le proteste dei lavoratori che il 10 febbraio si sono dati appuntamento per uno sciopero di 8 ore e il presidio davanti all’Unione Industriale di Torino, mentre all’interno i sindacati incontravano i dirigenti internazionali di Gurit – azienda svizzera specializzata nella produzione di pale eoliche. La crisi ha investito in pieno operai e ingegneri italiani.

Dopo giorni di richieste, Filctem Cgil, Uiltec Uil e Femca Cisl hanno incontrato il presidente del consiglio di amministrazione di Gurit Sven Daniel Dahlqvist.

Massima delusione per i sindacati, che speravano di poter strappare un accordo e che invece si sono ritrovati davanti un muro: Gurit non ha dichiarato lo stato di crisi ed è rimasta sorda ad ogni ipotesi di ammortizzatore sociale.

Considerati i fatturati, i sindacati ritenevano possibile la permanenza di Gurit in Italia. Nel tentativo di scongiurare licenziamenti e chiusura, le sigle hanno suggerito la vendita dello stabilimento. Suggerimento che è stato respinto dietro la motivazione relativa all’assenza di acquirenti interessati.

Gurit non intende vendere

Per i sindacati, la scelta di non vendere risiederebbe nella di Gurit di non “regalare” un impianto perfettamente funzionante alla concorrenza: “La scelta loro è di mantenersi le commissioni che hanno e farle in Cina. È una scelta ingrata, che ne va della vostra pelle”, hanno tuonato i sindacati rivolgendosi ai lavoratori.

“Abbiamo sempre avuto tantissimo lavoro e da quando sono stato assunto non ho mai avuto sentore in merito a possibili problematiche che avessero potuto portare a questa crisi”, ha commentato un lavoratore in presidio, raggiunto dalle telecamere del Tg Rai del Piemonte.

Gurit lamenta il calo delle commesse e la dura concorrenza cinese. E proprio in Cina ha deciso di delocalizzare. Sindacati e lavoratori non ci stanno e sono disposti a dare battaglia giocando fino all’ultima carta, coinvolgendo anche il Ministero delle Imprese e del Made in Italy.

I lavoratori sono stati investiti dalla procedura di licenziamento collettivo anche se Gurit aveva un calendario di lavoro di un anno a ciclo continuo.

Uno shock per i dipendenti, molti dei quali avevano da poco acceso un mutuo, mentre altri hanno quasi 60 anni: troppo giovani per andare in pensione e non abbastanza giovani per essere considerati appetibili dall’attuale mercato del lavoro italiano. Si tratta inoltre di un colpo per l’economia del Comune di Volpiano e del suo circondario.

Ipotesi incentivo all’esodo

Un prossimo incontro è previsto per mercoledì 19 febbraio, nel frattempo il lavoro va avanti come sempre. Almeno fino ad aprile o fino a nuove disposizioni. Una soluzione ipotizzabile potrebbe essere una buonuscita per favorire l’esodo dei lavoratori, ed anche il ricollocamento in filiali estere. Attualmente, però, non si registrano aperture da parte della multinazionale svizzera.

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