Il nuovo Codice della Strada, approvato in via definitiva, ha suscitato accese polemiche da parte di associazioni, opposizioni politiche e organizzazioni per la mobilità sostenibile. Le critiche non si limitano al merito delle misure, ma coinvolgono anche il metodo di approvazione, giudicato frettoloso e insensibile alle richieste dei soggetti interessati. Tra i punti più controversi, l’allentamento dei controlli sulla velocità, le restrizioni agli autovelox e la difficoltà di attuare interventi a tutela di pedoni e ciclisti.
Un clima di proteste: flash mob e raccolta firme
La riforma del Codice della strada, approvato in via definitiva, è stata ribattezzata “Codice della Strage” dalle 23 principali associazioni italiane dei familiari delle vittime della strada. Queste realtà, insieme a gruppi ambientalisti e sindacali, hanno duramente criticato il provvedimento, denunciandone gli effetti negativi sulla sicurezza stradale. Flash mob e presidi in oltre quindici città italiane hanno portato in piazza migliaia di persone per sensibilizzare l’opinione pubblica e chiedere un ripensamento delle norme.
Secondo le associazioni, il nuovo codice favorisce gli utenti forti – come i conducenti di veicoli a motore – a scapito degli utenti deboli, come pedoni, ciclisti, bambini e anziani, che rappresentano la maggior parte delle vittime nelle città. Tra le misure più contestate figurano:
- la limitazione dei controlli automatici per guida distratta, nonostante l’uso del cellulare sia tra le principali cause di incidenti;
- la possibilità di ricevere una sola multa per più infrazioni, percepita come un incentivo a violare le regole;
- la riduzione delle ZTL e delle piste ciclabili, insieme a maggiori difficoltà per i Comuni nel proteggere le aree pedonali.
Le critiche non si fermano qui. La riforma non solo introduce norme meno severe, ma arriva in un contesto di pesanti tagli alla sicurezza stradale. La Manovra 2025 prevede una riduzione di 154 milioni di euro per investimenti in ciclabilità, infrastrutture e piani di prevenzione. Questo ridimensionamento è considerato un passo indietro rispetto agli obiettivi del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale 2030, che puntava a ridurre drasticamente incidenti e vittime.
Cosa dicono le opposizioni?
Le forze politiche di opposizione hanno espresso un giudizio fortemente negativo sulla riforma. Il Partito Democratico e +Europa hanno accusato il Governo di adottare misure che aumentano i rischi per la sicurezza. Oltre questi, secondo Luca Polverini della FIAB, la velocità, che è la prima causa di incidenti, non viene affrontata con adeguate misure di moderazione, come l’introduzione diffusa delle città a 30 km/h.
Inoltre, la riforma ostacola l’autonomia dei Comuni, rendendo più complicata la creazione di infrastrutture per la mobilità sostenibile. L’eliminazione di strumenti come le “case avanzate” per ciclisti e monopattini è vista come un passo indietro rispetto ai progressi fatti durante la pandemia.
+Europa ha definito il nuovo codice una “follia”. Una delle modifiche più controverse secondo il partito riguarda l’eliminazione del concetto di “stato di alterazione” per la guida sotto l’effetto di stupefacenti. Con le nuove regole, basterà un test positivo per commettere un reato, anche se la sostanza è stata assunta giorni prima. Questa ambiguità, scrivono, rischia di trasformare una norma di sicurezza in una misura vessatoria e poco efficace.
A queste critiche si aggiunge l’opinione dell’avvocata Silvia Fregolent, che ha definito il nuovo codice della strada privo di una visione complessiva sulla sicurezza. Secondo Fregolent: “Ci sono norme spot, come quelle contro l’assunzione di alcol e droghe, ma manca una cornice ideale per contrastare i morti sulle strade. Ci sono le incongruenze tipiche del ministro Salvini, che ha inasprito un po’ le pene e le multe, ma poi ha annacquato la possibilità di fare davvero la differenza per non andare contro a certi suoi elettori”.
Infine, Fregolent ha evidenziato un paradosso, accusando il Governo di voler limitare l’autonomia decisionale dei sindaci:
Viene da sorridere vedendo un governo che fino a ieri ha difeso l‘autonomia differenziata, e che oggi stabilisce centralmente quali possono essere le zone a traffico limitato e le zone a trenta all’ora. Un sindaco non è in grado di decidere sulla sua città? Ha bisogno che gli dia indicazioni un funzionario del ministero, che non conosce il territorio?
Le critiche convergono quindi sull’idea che il nuovo Codice della strada non offra soluzioni adeguate per ridurre incidenti e vittime, ma introduca misure che rischiano di peggiorare la situazione, centralizzando decisioni e ostacolando gli strumenti esistenti.