Green è prima di tutto prendersi cura della terra. Da qui l’idea, sempre più diffusa negli ultimi anni anche in Italia, di ridare vita a piccoli o grandi “pezzi” di città restituendoli ai cittadini sotto forma di spazi verdi da vivere, o anche da coltivare: orti che rinascono, che riprendono vita dove già esistevano un tempo, o mettono radici in luoghi abbandonati e prima inquinati.
La riscoperta dei Jardin Ouvrieurs
L’orto contemporaneo non è più legato al consumo ma ha acquisito nel tempo valori sociali, educativi, estetici e ambientali. I primi orti urbani sono nati nel corso del XIX secolo, attraverso i celebri Jardin Ovrieurs (giardini operai), messi a disposizione dalle amministrazioni comunali.
I giardini furono creati in Francia nel 1896 da padre Jules-Auguste Lemire, sindaco di Hazebrouck nelle Fiandre francesi, con l’obiettivo di migliorare la vita dei lavoratori attraverso la fornitura di un terreno destinato alla coltivazione di verdura e frutta. I Jardin Ovrieurs avevano un duplice obiettivo: coltivare l’orto come fonte di risorse economiche e alimentari, e stimolare lo sviluppo sociale e l’integrazione.
Un ruolo molto importante era quello che svolgeva nei confronti dei bambini proprio per riscoprire il rapporto con la terra, insegnando il rispetto per il lavoro e per gli altri.
In Italia gli orti sociali nacquero durante la Seconda Guerra Mondiale: venivano chiamati anche orticelli di guerra e non erano altro che spazi condivisi che permettevano di aumentare la produzione alimentare condividendo uno spazio non utilizzato.
Cosa sono i moderni orti sociali
Quello degli orti urbani o sociali nel nostro Paese, oggi, è un fenomeno di grande interesse, che riguarda trasversalmente tutti: anziani, persone in cerca di occupazione, giovani – anche laureati – che si specializzano per trovare nuove forme di agricoltura sostenibile, bambini che si avvicinano alla scoperta della terra.
Gli orti sociali sono appezzamenti di terreno urbano destinati alla coltivazione di piante che partono proprio da un concetto di agricoltura ecologica. Nascono, e si sviluppano, grazie a speciali accordi che le autorità locali stabiliscono con una o più persone per il loro utilizzo, come associazioni di quartiere, piccole realtà o anche aziende.
Non è un caso che gli orti sociali si trovino spesso in aree periferiche, ossia lì dove il Comune è facilitato nel concedere la gestione di piccoli appezzamenti di terreno tramite un bando e dietro il pagamento di un affitto simbolico. E soprattutto, è il valore sociale – oltre a quello ambientale – che spinge sempre più le persone verso questo interesse.
Nasce l’Orto della Tradizione per un’agricoltura sempre più sostenibile
Sempre più realtà stanno ponendo grande attenzione al rapporto con il territorio in cui operano. Una bellissima iniziativa – che sulla carta è già un successo – è quella che l’azienda toscana FertiGlobal sta realizzando a Larderello, dove ha sede proprio il gruppo omonimo di cui è parte.
In collaborazione con la Fortezza di Volterra, che fornisce la mano d’opera, FertiGlobal sta preparando L’Orto della Tradizione, una superficie di circa 2mila metri quadri adibita alla coltivazione di ortaggi per testare nuove soluzioni per un’agricoltura sempre più sostenibile.
Saranno coinvolti ragazzi che saranno seguiti da agronomi di FertiGlobal, che operano nel reparto R&D della società. Il connubio creato darà la possibilità agli operatori di vivere un’esperienza unica nel suo genere, attraverso l’apprendimento di un lavoro importante per la comunità, che li sta reintegrando nel tessuto sociale circostante.
L’Orto della Tradizione, oltre ad essere un campo sperimentale a disposizione esclusiva del reparto R&D FertiGlobal, avrà anche un angolo dedicato al recupero di specie del territorio dimenticate, per tenere vive le tradizioni regionali. Quest’area consentirà ai tecnici di studiare modi sostenibili per ripristinare la coltivazione di piante autoctone non più in uso.
L’Orto della Tradizione, che vedrà il suo primo raccolto già entro questa estate, è sostenuto anche da aziende leader nel mondo del giardinaggio hobbistico, attente allo sviluppo delle aree verdi in Italia. Partecipano Blumen, Compo, Hozelock, Orto Mio e Verdemax, che hanno contribuito attraverso materiali e consigli tecnici per far sì che il progetto sia integrato in una realtà a misura d’uomo.
Chi è e cosa fa FertiGlobal
Costituita in Italia nel 2003, FertiGlobal è la business unit agricoltura del Gruppo Larderello, uno dei più antichi player dell’industria chimica internazionale con oltre 200 anni di storia e know how.
FertiGlobal è fortemente impegnata nello sviluppo di tecnologie innovative e sostenibili in grado di affrontare le sfide dell’agricoltura moderna a livello globale. Tecnologie avanzate, biostimolanti, bioattivatori e soluzioni per la nutrizione delle colture sono il risultato di studi approfonditi condotti direttamente negli innovativi laboratori di ricerca di proprietà situati Larderello, in Toscana, vicino agli impianti di produzione dedicati.
Nel 2019 l’azienda ha costituito un polo di ricerca e sviluppo all’avanguardia proprio nel sito di Larderello, provincia di Pisa, investendo in una vasta gamma di strumenti innovativi, camere di crescita e serre. Offre programmi di gestione delle colture innovativi, che coprono l’intero ciclo colturale con soluzioni in grado di incrementare resa e qualità del raccolto diminuendo l’uso di agrofarmaci e acqua.
Le sue tecnologie rivoluzionarie consentono agli agricoltori di ridurre progressivamente l’uso di sostanze chimiche, come fungicidi e battericidi, che oggi non producono più i risultati attesi, rendendo anche le colture meno tolleranti alle avversità e ai cambiamenti climatici. Una speciale combinazione di nutrienti vegetali, biostimolanti e bioattivatori, permettono di proteggere gli investimenti degli agricoltori e promuovere, allo stesso tempo, un’agricoltura sostenibile ed efficiente, senza alcun tipo di stress per le piante.
L’impianto che utilizza energia rinnovabile e a vapore
Per tutti i suoi processi di lavorazione poi, FertiGlobal utilizza solo il calore della terra, riducendo sensibilmente i livelli di emissioni di CO2, mentre la raccolta dell’acqua piovana contribuisce a ridurre lo spreco.
In pochi sanno che la geotermia è nata proprio a Larderello. Agli inizi dell’800, a Montecerboli, nel Granducato di Toscana, il giovane ingegnere e imprenditore Francesco Giacomo Larderel, di origini francesi, avviò i lavori per realizzare il suo grande sogno: il primo impianto al mondo per estrarre l’acido borico dal vapore geotermico e produrre, così, boro a scopi chimici e farmaceutici. Fu così che nacque la geotermia industriale.
Oggi l’area di Larderello è uno dei centri della geotermia mondiale: gli impianti della zona, gestiti da Enel attraverso Enel Green Power, hanno una potenza complessiva di 800 MW e riforniscono di elettricità oltre 10mila utenze, tra abitazioni private, servizi pubblici e attività industriali. In tutta la Toscana, fra le province di Pisa, Siena e Grosseto, gli impianti geotermici di EGP sono 34, e soddisfano oltre il 30% del fabbisogno elettrico regionale con energia rinnovabile e sostenibile.