Antonello Provenzale: “Gli oceani sono essenziali per il nostro clima, parte tutto da lì”

Antonello Provenzale, direttore dell’Istituto di geoscienze e georisorse del CNR, racconta a QF Green qual è lo stato di salute dei nostri oceani e dei nostri "spazi blu".

Pubblicato: 4 Novembre 2024 10:35

Andrea Bertolucci

Giornalista esperto di Lifestyle

Classe 1990, Andrea Bertolucci è un giornalista e autore specializzato in cultura giovanile, lifestyle, società ed economia dell’intrattenimento. La sua attività professionale lo ha avvicinato negli anni ad alcune tra le principali redazioni televisive e web nazionali. Andrea è considerato uno dei maggiori esperti di cultura Trap nel nostro Paese.

Dagli antichi porti del Mediterraneo alle spiagge tempestose dell’Atlantico, dalle isole dei Caraibi fino all’immenso Pacifico, al Mare Cinese e alle baie dell’India veleggiando sulle antiche rotte commerciali: Giovanni Soldini ha intrapreso un viaggio intorno al mondo per oltre 44mila miglia, che lo hanno condotto nella difficile impresa di conoscere a fondo lo stato di salute dei nostri spazi blu. Assieme a lui si sono susseguiti diversi esperti, sia italiani che internazionali, ma con uno in particolare Giovanni ha condiviso i suoi dubbi sugli oceani e sui cambiamenti climatici: si tratta di Antonello Provenzale, direttore dell’Istituto di geoscienze e georisorse del CNR.

Provenzale si occupa di dinamica del clima, interazioni geosfera-biosfera e impatto dei cambiamenti climatici su ecosistemi e ciclo dell’acqua e il suo compito durante il viaggio di Soldini è proprio quello di raccontare il reale stato di salute di questa immensa, ma purtroppo non illimitata risorsa. Quest’impresa straordinaria cresce, si sviluppa e si concentra attorno alla piattaforma editoriale multimediale aroundtheblue.org, realizzata da QMI e Groenlandia: un diario di bordo che si propone di diventare un punto di riferimento per le tematiche relative alla sostenibilità dei mari, e che si arricchirà via via di contenuti esclusivi, materiali video, ricerche, informazioni, incontri e testimonianze di esperti di tutto il mondo e persone comuni impegnate nella salvaguardia del Pianeta.

QF Green ha incontrato Antonello Provenzale per parlare di Aroundtheblue e dello stato di salute dei nostri oceani, oltre che più in generale del cambiamento climatico. 

Fonte: Ufficio Stampa
Il panel di Aroundtheblue che si è tenuto durante la Mostra del Cinema di Venezia

Aroundtheblue è un documento importantissimo che racconta lo stato di salute degli oceani attraverso materiali video, ricerche, informazioni e la testimonianza di esperti come lei. Da studioso, qual è lo stato di salute dei nostri oceani?
I mari e gli oceani della Terra sono stati e sono tuttora soggetti a intense pressioni antropiche, che hanno compromesso il funzionamento di molti ecosistemi marini. L’aumento di concentrazione dell’anidride carbonica atmosferica dovuta alle emissioni di gas serra ha portato a una crescita rilevante delle temperature anche in mare (pensiamo ad esempio al Mediterraneo) e a un aumento dell’acidità delle acque oceaniche, che assorbendo la CO2 diventano appunto più acide. Molti organismi marini risentono negativamente di questi due effetti, e alcuni ecosistemi sono prossimi al collasso. L’esempio dei coralli è evidente. Allo stesso tempo, ci sono molti altri impatti, legati all’inquinamento – pensiamo alle enormi quantità di plastica che riversiamo nei mari, ma anche all’inquinamento chimico e per rilascio di petrolio. Oppure il tema cruciale della pesca eccessiva, in alcuni casi legalizzata da parte di paesi che non hanno aderito alle convenzioni internazionali, in altri casi vera e propria pesca illegale. Per questi motivi, lo stato di salute dei mari è quello di un paziente a rischio. Naturalmente gli oceani saranno qui anche molti milioni di anni dopo che noi saremo – come specie – svaniti. A rischio è dunque l’oceano come è adesso, e quindi tutti i benefici che un oceano con ecosistemi integri è in grado di dare a noi esseri umani. Ad esempio, il possibile collasso delle zone di pesca tropicali comporterebbe enormi danni economici e sociali per milioni di persone. E più in generale, passare alla storia come una razza di sterminatori e distruttori consapevoli del loro stesso ambiente, non è né glorioso né coerente con l’appellativo di sapiens che ci siamo pomposamente dati.

Perché le informazioni contenute negli “spazi blu” sono così importanti?
Gli oceani coprono il 70% della superficie della Terra e sono regolatori essenziali del clima del nostro pianeta. Se non ci fossero gli oceani, il clima sarebbe completamente diverso. In più, contengono enormi risorse di biodiversità, ecosistemi ricchissimi il cui collasso sarebbe catastrofico per tutta la vita sulla Terra. Sono anche sorgenti di cibo fondamentali, che se utilizzate in modo saggio e sostenibile possono continuare a nutrirci per sempre. La capacità degli oceani di immagazzinare calore e anidride carbonica è inoltre gigantesca, e quindi gli oceani e gli ecosistemi marini agiscono da “calmiere” per le fluttuazioni climatiche e la crescita delle temperature. Ma se a causa nostra questi meccanismi si interrompessero, o addirittura si invertissero e i mari restituissero il calore e la CO2 assorbita, il riscaldamento globale sarebbe enormemente amplificato. Gli oceani sono, per tutti, anche per chi vive al centro di un continente, i grandi controllori del clima planetario.

Come dobbiamo immaginare i nostri mari e i nostri oceani nel futuro prossimo?
Dipende da noi. Se continuiamo come stiamo facendo adesso, sarà sempre peggio. Collasso di ecosistemi, impoverimento della biodiversità, cambiamenti nella circolazione marina, aumento di specie invasive e inquinamento incontrollato. Ma non è una punizione divina, dipende da cosa faremo. Riduzione dell’emissione dei gas serra, certamente, ma anche regolamentazioni più appropriate per la pesca e controllo dell’inquinamento. Servono leggi chiare e condivise a livello internazionale, e mezzi per farle rispettare. Vi sono associazioni come Sea Sheperd che cercano di contrastare, con pochi mezzi e in modo volontario, i crimini commessi contro l’ambiente marino e, in definitiva, contro il nostro stesso diritto ad un ambiente in grado di sostenerci. Ma occorre una mobilitazione seria, un’attenzione verso le tematiche di gestione del mare e dei diritti legali, tematiche a volte cavillose, ma cruciali. Ci sono esempi di buoni comportamenti, di ambienti ed ecosistemi recuperati, e di come questi recuperi portino ad un maggior benessere per le popolazioni, a nuove possibilità di lavoro. Il portale Aroundtheblue ne parla, ci sono tanti esempi di come si possa migliorare la situazione e di come il mare ci riservi infinite sorprese. Ad esempio, il Santuario dei Cetacei nel Mar Ligure e Tirreno: nel cuore di una zona industriale, fortemente antropizzata, ci sono balene, delfini, zifi. Se ci diamo da fare, possiamo risolvere i problemi. Il punto è non negare l’esistenza dei problemi che abbiamo davanti, e allo stesso tempo non lasciarsi prendere da un catastrofismo apocalittico. Se ci diamo da fare, il mare tornerà a essere una sorgente di vita, di biodiversità, di nutrimento e bellezza per tutti noi. Ma bisogna agire presto, e insieme.

In che modo è nata la collaborazione con Giovanni Soldini e la piattaforma Aroundtheblue?
Ho incontrato Giovanni tramite amici comuni, al Festival della Mente di Sarzana, ed è subito nata l’idea di combinare l’esperienza da grande navigatore di Giovanni con l’approccio e il modo di vedere dei ricercatori… Così abbiamo partecipato insieme a incontri divulgativi e abbiamo scritto a quattro mani un articolo per un numero speciale di “The Passenger” dedicato all’oceano. E di lì, grazie all’incontro con Giovanni Cova di QMI e insieme alla mia collega Annalisa Bracco di Georgia Tech (USA), si è sviluppata l’idea di dare consulenza scientifica per la costruzione di un portale dedicato all’esplorazione dell’oceano, al viaggio in barca a vela, con le regate di Giovanni e con le interviste, gli incontri e i dialoghi con i ricercatori, attivisti e gestori dell’ambiente di tutto il mondo. Un giro del pianeta per capire cosa sta succedendo al grande mare oceano, e cosa possiamo fare per porre rimedio ai danni che noi stessi abbiamo generato. In tutto questo, l’entusiasmo travolgente e la determinazione di Giovanni Soldini, insieme al suo desiderio di capire e contribuire a migliorare le cose, sono stati cruciali.

I fenomeni atmosferici sempre più estremi, sono ormai sotto gli occhi di tutti. Qual è – dal suo punto di vista – la mossa più urgente e indispensabile per invertire la rotta?
L’aumento della temperatura atmosferica, generato dalle emissioni antropiche di gas serra, porta con sé una maggiore quantità di vapore d’acqua in atmosfera e una maggiore intensità del ciclo dell’acqua, con eventi estremi più intensi ed estesi, sia nel senso di siccità prolungate sia di eventi di forte precipitazione. In molti casi, le temperature della superficie del mare amplificano e danno nuova energia alle perturbazioni. Un mare molto caldo cede calore e quindi energia alle perturbazioni atmosferiche, rafforzandole ulteriormente. Tutte le componenti del “sistema clima” interagiscono fra di loro, e gli effetti del riscaldamento globale si combinano in modi a volte inattesi, amplificando la violenza degli eventi atmosferici. Nel portale, si parla esplicitamente di questi temi, incontrando Luca Ferraris, presidente della Fondazione di Ricerca CIMA, che lavora proprio sulla previsione e sulla gestione degli eventi estremi idrometeorologici. Per invertire la rotta… serve prima di tutto ridurre le emissioni di gas serra. Nel caso specifico degli eventi estremi, poi, l’opera della Protezione Civile italiana è eccellente e la nostra gestione delle emergenze è un esempio per tutto il mondo. Ma oltre ad affrontare l’emergenza, serve anche la capacità di prevedere meglio, con alcuni mesi di anticipo, il tipo di condizioni climatiche che avremo (più o meno caldo, secco o piovoso, rischio di incendi, di siccità e di eventi estremi), di pianificare l’uso delle risorse, incluse quelle idriche, e di impostare una gestione del territorio che sia compatibile con le dinamiche naturali. Non per qualche ragione astratta o ideologica, ma perché se non rispettiamo le leggi della natura, saremo noi stessi a pagarne le conseguenze.

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