Aziende italiane eco-friendly, come si rinnova l’industria tessile

Esistono aziende dall'anima sostenibile. I brand italiani eco-friendly rinnovano l'industria tessile

Pubblicato: 12 Luglio 2024 12:00

Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

La differenza tra greenwashing e marketing sostenibile è la stessa che intercorre tra un laghetto in giardino e un lago di montagna. È sempre uno specchio di acqua dolce con qualche pesciolino che ci nuota dentro, ma uno è tenuto in piedi da un sistema che impedisce all’acqua di stagnare, l’altra è parte integrante della natura che lo circonda.

Non tutti i brand fanno green markteting, cioè si impegnano davvero per impattare poco o nulla sull’ambiente, tanti invece creano strategie di marketing di pulizia verde perché hanno capito che il mercato punta in quella direzione. Basta una spunta verde, un logo, un packaging a fare la differenza? No. Al contrario usare materiali riciclati e riciclabili, ridurre il consumo energetico e di acqua, garantire un servizio di riparazione per evitare il rifiuto sono azioni sostenibili di aziende davvero eco-friendly.

Aziende e consumatori cambiano il mercato: come si rinnova l’industria tessile

Proseguendo l’esempio in apertura, il greenwashing non apporta reali cambiamenti rispetto alla consapevolezza dei consumatori e all’impatto ambientale e umano delle aziende. Un’azienda davvero sostenibile, come possono essere alcuni brand di moda che puntano all’innovazione e ai materiali riciclabili e riciclati, invece scuotono l’industria tessile dall’interno. Si tratta di una scelta non solo identitaria del marchio, ma con un impatto reale e quantificabile.

Il mercato è pronto e alcune aziende hanno iniziato a presentarsi con la loro storia autentica ai consumatori più attenti. Tra questi, alcuni brand italiani che hanno iniziato a rinnovare l’industria, troviamo:

Rifò: abbigliamento etico ed eco-sostenibile

Rifò ha un obiettivo: rivoluzionare l’industria della moda. Nasce con un progetto dal basso, finanziato dalle persone con un crowdfunding. È un brand italiano che già dal nome si racconta. Dal toscano “rifò” ovvero ”rifare”, perché rifanno un mestiere della tradizione, quello dei cenciaioli. Nel concreto rigenerano vecchi indumenti per produrre nuovo filato.

Grazie al sostegno della Fondazione Ricerca e Sviluppo e della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, il progetto partito con meno di 12mila euro riesce a spiccare il volo, apre uno negozio-ufficio a Prato e inizia a immettere sul mercato i prodotti creati da materiale completamente rigenerato.

Un brand come Rifò è pensato in maniera autenticamente sostenibile, non solo per la rigenerazione dei vecchi indumenti, ma anche nel senso di “sostenibilità umana”,  perché punta a non far sparire la tradizione tessile artigianale e locale.

Souldaze, quando la moda si fa etica

Domitilla Mattei è la stilista dietro Souldaze, una collezione creata nel 2015 e che vuole gettare consapevolezza sull’impatto della moda sull’ambiente. I marchio e i suoi principi si affidano alla sostenibilità, senza perdere le ultime tendenze della moda.

A cambiare è il processo produttivo, eticamente corretto, che punta ad avere un basso impatto ambientale. Inoltre i modelli sono progettati e realizzati a Roma da sarte locali ed esperte nel trattare il materiale naturale e la fibra riciclata da tessuti vintage.

Cingomma e la lotta alla dispersione dei pneumatici

Cingomma è brand che produce a mano tutti i suoi capi. L’idea è semplice: rendere un rifiuto qualcosa ancora pieno di vita e di possibilità. Il nome è poco fraintendibile.

Come si legge, “dal recupero di camera d’aria e copertoni delle biciclette, ai cartelloni pubblicitari in PVC, al neoprene” il brand trasforma il materiale in un accessorio.

Cingomma produce cinture, borse, portafogli, portapenne, ma anche oggetti per la casa come illuminazione e tovagliette. Quando si acquista un prodotto, si sa perfettamente da dove arriva e come è stato realizzato.

Bamboom: l’utilizzo del bambù organico per articoli d’infanzia

Bamboom, un brand italo-olandese, nasce sostenibile. L’impegno è di confezionare prodotti alla moda, funzionali, ma attenti all’impatto ambientale. I tessuti scelti sono naturali e riciclati e la lavorazione permette di creare abbigliamento e altri prodotti per l’infanzia antibatterici, termoregolatori, traspiranti e soffici.

I prodotti non in bambù, come quelli in plastica per la pappa, sono in ogni caso pensati per generare meno emissioni di CO2. L’utilizzo di plastica riciclata e di PLA, un derivato dello scarto di prodotti vegetali come mais e barbabietola, permettono una scelta consapevole fin dai primi passi.

 CASAGiN: la moda intimo vegana

Il progetto CASAGiN nasce nel 2017, quando dopo aver lavorato in diversi negozi di lusso, la fondatrice decide di investire nella propria idea di sostenibilità.

Il marchio è affidato a un piccolo team, partito da un garage e completamente autofinanziato. Oggi l’intimo di CASAGiN raggiunge i negozi e spedisce in tutto il mondo.

Par.co Denim fa nascere jeans sostenibili

Anche i jeans possono essere sostenibili. Par.co Denim realizza i propri capi con una filiera corta e 100% Made in Italy dal 2014. La sostenibilità passa dalla scelta del materiale, all’uso di piccole aziende locali che si trovano entro 35 km dalla sede operativa.

Il cotone, un tessuto ad alto impatto ambientale se non sostenibile, è biologico e certificato per rispettare criteri ambientali e sociali. Anche il processo di decorazione del capo è pensato in maniera green e attuato attraverso una tecnologia italiana che riduce i consumi. Dalla stoffa al bottone, dal lavaggio all’etichetta, tutto è intimamente sostenibile e cruelty-free.

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