La nuova Commissione europea si è definitivamente composta e Ursula von der Leyen ha ottenuto, il 27 ottobre, la fiducia per il suo secondo mandato come presidente per il periodo 2024-2029. L’ex ministra della Difesa tedesca era stata una delle principali artefici e sostenitrici del Green Deal Europeo. Cosa ci si può aspettare, dunque, per il futuro e il proseguimento delle iniziative strategiche che hanno lo scopo di portare il vecchio Continente verso la neutralità climatica e la transizione verde?
La maggioranza minima del von der Leyen bis
Il primo dato da tenere in considerazione se pensiamo al futuro del Green Deal, è che Ursula von der Leyen è stata rieletta con una maggioranza molto risicata, anzi minima. Per essere precisi, si tratta della fiducia con il dato più basso di sempre: il von der Leyen bis, infatti ha ricevuto 370 voti favorevoli, 282 voti contrari e 36 astenuti (cioè il 51% dei voti a favore e il 49% contrari o astenuti).
É il dato più basso di sempre, e fa riflettere che solo in estate Ursula von der Leyen avesse incassato 401 voti favorevoli (nel frattempo persi per strada), così come fanno riflettere le settimane di scontri e tensioni tra i tre gruppi della maggioranza, Popolari, Socialisti e Liberali. La stessa von der Leyen ha poi invitato i vari gruppi politici a “superare le divisioni” e a prepararsi per lavorare insieme. Il che significa che qualche concessione potrebbe essere fatta e che la politica tedesca dovrà scendere a patti con le destre e con l’opposizione.
Obiettivo: mantenere la rotta sul Green Deal
Nel programma presentato in estate nel discorso agli eurodeputati per la sua rielezione, Ursula von der Leyen si era impegnata a proseguire con il Green Deal, specificando la necessità di un’azione congiunta da parte dell’Europa per raggiungere gli obiettivi sulla decarbonizzazione e riduzione delle emissioni.
“I motivi che ci hanno spinto a essere così ambiziosi restano validi anche oggi. Quindi voglio essere chiara: manterremo la rotta sul Green Deal”, ha detto, specificando che “se vogliamo avere successo nella transizione dobbiamo accompagnare tutti”. Sempre a luglio, la von der Leyen si era impegnata a lanciare un piano durante i primi cento giorni volto a diminuire le emissioni di gas serra dalle industrie e avere posti di lavoro di qualità.
Alcune associazioni ambientaliste temono una minor incisività, un approccio troppo morbido, da parte dell’Ue nella lotta al cambiamento climatico. Il timore è anche quello di un avvicinamento, su alcune questioni, della von der Leyen alle destre, ideologicamente e storicamente scettiche su argomenti ambientalisti. In tutto questo inciderà, da gennaio, anche l’insediamento alla Casa Bianca di Donald Trump, uno che non ha mai fatto mistero di non mettere in prima linea nel suo programma gli sforzi per l’ambiente.
Ecco il “Clean Industrial Deal”
Nel programma estivo di Ursula von der Leyen poi il Green Deal è stato rinominato “Clean Industrial Deal”. L’obiettivo è sempre aumentare la produzione di tecnologie pulite all’interno dell’Unione Europea e aumentare la capacità produttiva di tecnologie a sostegno della transizione energetica. Ma i più timorosi pensano che in questo secondo mandato la presidente possa porre l’accento più sull’economia che sull’ecologia, come dimostrerebbe la frase per cui nei prossimi cinque anni sarà la “bussola della competitività” a fare da guida e da faro alle azioni europee.
A rigor di logica è possibile immaginare una von der Leyen attenta a non sconfessare la linea del Green Deal e della sostenibilità, ma anche disposta (o costretta, dai numeri) a concedere qualcosa alle destre e alle politiche di competitività e resa economica. I nuovi Commissari Ue lo hanno confermato, ribadendo che l’azione climatica resta un pilastro centrale dell’agenda Ue e con essa i principi del Green Deal, a condizione, però, che i suoi vantaggi siano accessibili e fungano da volano per la competitività industriale.
Il piano programmatico della von der Leyen segue tre punti, tre direttrici fondamentali, tre obiettivi:
- Colmare il divario di innovazione dell’Europa con due super potenze come Stati Uniti e Cina
- Procedere con un piano di decarbonizzazione e transizione verde, digitale e social
- Aumentare la sicurezza e ridurre le dipendenze dell’Europa da partner stranieri.
Le diverse posizione dei Commissari
Qualcosa, sul futuro del Green Deal e sulle intenzioni di come proseguire con i suoi obiettivi, possono rivelare anche le audizioni dei Commissari. La socialista Teresa Ribera, ad esempio, che si occuperà di Transizione Pulita, Giusta e Competitiva, ha ribadito che la transizione non può dipendere dai combustibili fossili. Molto attenta agli aspetti di giustizia sociale, ha spiegato che non può esserci transizione senza inclusività e che il Clean Industrial Deal deve creare posti di lavoro, favorire lo sviluppo delle competenze e la resilienza delle comunità, puntare sull’adattamento al cambiamento climatico a livello locale.
Wopke Hoekstra, olandese cristiano-democratico che si occuperà di Clima, Net-Zero e Crescita Pulita, nella sua audizione però è stato piuttosto timido sulla decarbonizzazione: ha parlato di crescita e di buon uso dei fondi pubblici ma ha evitato di approfondire il suo passato di consulente nel settore petrolifero e del gas.
Cruciale per la decarbonizzazione dovrebbe essere anche il ruolo di Dan Jorgensen (il nuovo commissario per l’Energia, danese e socialdemocratico) che però non ha dato risposte soddisfacenti su come poter provare a risolvere il problema del caro energia e non ha menzionato l’efficienza energetica tra i nuovi obbiettivi.
Obiettivi da rivedere e la crisi del settore automobilistico
Insomma il Green Deal Europeo, con i suoi obiettivi di neutralità climatica e transizione green, continuerà a essere il denominatore comune dei due mandati von der Leyen, ma è altrettanto chiaro che qualcosa verrà rivisto, probabilmente per portare alcune misure da un piano di maggiore ambizione a un piano comunque di realismo e realizzabilità, come richiesto da alcuni partiti politici ma anche da una buona fetta del mondo industriale. Non da ultimo, von der Leyen dovrà considerare lo stato di salute dell’industria automobilistica, un settore che sta vivendo un momento storico di profonda crisi con la chiusura di diversi stabilimenti in Europa e la conseguente perdita di numerosi posti di lavoro.