Transfer pricing e tax ruling, ecco cosa prevede la normativa in Italia

L'Agenzia delle Entrate ha fatto delle precisazioni in merito alla normativa italiana riguardo il transfer pricing e il tax ruling. Ecco cosa ha detto

Pubblicato: 23 Marzo 2018 19:49Aggiornato: 14 febbraio 2024 15:53

Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Perché, oggi come oggi, è importante parlare di transfer pricing e tax ruling? E soprattutto, in cosa consistono queste particolari operazioni? Spesso e volentieri può accadere che alcune componenti del reddito di un’impresa vengano maturati a seguito di operazioni effettuate con società non residenti in Italia. E che, però, risultano essere direttamente o indirettamente controllate dalla stessa. Può anche capitare il contrario: che la società straniera controlli quella italiana. Quando questo tipo di operazioni determinano la formazione di reddito, i prezzi di trasferimento infragruppo – o transfer pricing – vengono sostanzialmente determinati facendo riferimento alle condizioni e ai prezzi che, generalmente, vengono pattuiti tra soggetti che risultino essere indipendenti. E che soprattutto, operino in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili.

Ma entriamo nel dettaglio e cerchiamo di capire cosa si intenda per transfer pricing e tax ruling. E cosa prevede la normativa in Italia.

Transfer pricing: cosa prevede la normativa

Attualmente più della metà del commercio estero si svolge all’interno di società multinazionali, attraverso transazioni tra imprese d’origine e imprese distaccamenti dislocate in tutto il mondo. Per questo è necessario fare attenzione sul piano fiscale alla giusta valutazione dei prezzi applicati ai trasferimenti di beni e servizi all’interno dei gruppi. Ecco che si parla di transfer pricing.

Purtroppo spesso il transfer pricing viene utilizzato come strumento di elusione fiscale: i prezzi vengono manipolati per spostare i ricavi dal distaccamento dell’impresa multinazionale, all’impresa d’origine, situata in un paradiso fiscale e che vedrà applicata una tassazione più favorevole sugli utili.

Il 22 marzo 2018 l’Agenzia delle Entrate ha dichiarato, attraverso un comunicato stampa, di voler fare delle precisazioni in merito al transfer pricing e ai criteri da adottare per la corretta quantificazione dei prezzi.
Nel comunicato stampa si legge che i tax ruling sono accordi che violano gli standard internazionali inseriti nei codici dell’OCSE e dell’Unione Europea; per capire meglio, i cosiddetti tax ruling sono le anticipazioni in materia fiscale attraverso cui gli Stati comunicano ad una società le modalità con cui verrà calcolata l’imposta sugli utili societari in quello Stato.

Tax ruling: di cosa si tratta

I tax ruling sono accordi non stipulabili (e mai stipulati) dallo Stato Italiano. Validi nel nostro Stato e rientranti negli APA (Advance Pricing Agreements) sono invece gli accordi che hanno lo scopo di fornire i metodi adottati per determinare i prezzi di trasferimento (ovvero i transfer pricing). I metodi valgono per tutte le imprese, a prescindere dalla dimensione e dalla tipologia della loro attività.

Tali accordi rispettano gli standard previsti dalle previsioni OCSE e dall’Unione Europea, a differenza dei tax ruling, e soprattutto non riguardano una tassazione favorevole e diversa da quella ordinaria. Insomma, non parlano di tasse ridotte per particolari soggetti fiscali, ma solo dei criteri di calcolo di determinazione del valore normale delle operazioni infragruppo secondo gli standard OCSE.

Si tratta di regolamentazioni presenti in tutte le amministrazioni avanzate e in Italia sono regolati dall’art. 31-ter del Dpr n. 600/1973.

L’Agenzia delle Entrate precisa infine che il quadro normativo impone allo Stato Italiano di comunicare gli accordi tra gli Stati all’interno dei quali risultano residenti le imprese associate.

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