Finito il ponte del 2 giugno, gli italiani smettono di lavorare per pagare le tasse e possono iniziare a mettere in tasca tutti i soldi che ricevono come retribuzione. Secondo i calcoli della CGIA Mestre, infatti, giovedì 8 giugno 2023 si festeggia il tax freedom day, il giorno di liberazione fiscale. Dall’inizio dell’anno fino al 7 giugno gli italiani praticamente hanno lavorato per conto dell’Agenzia delle Entrate, ma dal giorno successivo e fino a fine anno lavoreranno esclusivamente per se stessi e le proprie famiglie. Il dato non è in linea con il resto d’Europa, ed evidenzia che la pressione fiscale nel nostro Paese è alle stelle.
Cos’è il tax freedom day e come si calcola
Il calcolo è stato fatto in base alla stima del Pil nazionale, che supera i 2 milioni di milioni di euro per il 2023, suddivisa per 365 giorni. Con 5,5 miliardi di euro di prodotto interno lordo quotidiano, è stato calcolato che servono ben 158 giorni, compresi i festivi, per pagare i debiti con lo Stato. Gli italiani con reddito versano quest’anno oltre 874mila euro di tasse.
Il dato migliore della Storia è quello del 1995, quando il tax freedom day cadde il 23 maggio, e bastarono 142 giorni lavorativi per liberarsi dalle tasse. Il record in negativo si è avuto lo scorso anno, quando è stato necessario un giorno di lavoro in più per pareggiare i conti con il Fisco. Nel 2022 non c’è stato un vero aumento della pressione fiscale, ma l’impennata dei prodotti energetici ha causato un balzo del gettito Iva.
Quali sono le regioni con più pressione fiscale
Il tax freedom day non è uguale in tutta Italia. Il primato spetta a Bolzano, Lombardia, Valle D’Aosta, Emilia-Romagna e Lazio. Il Fisco è invece più contenuto in Calabria. Il nostro sistema tributario è basato sulla progressività, dunque le regioni e le province autonome più ricche pagano più tasse. A questo è dovuto il forte divario tra il Nord e il Sud del Paese.
Non è solo il reddito più alto a determinare una più alta pressione fiscale, e dunque un giorno di liberazione fiscale più avanti nel corso dell’anno. Nei territori in cui il settore primario è più diffuso, la base imponibile dei contribuenti è ridotta, e di conseguenze lo è anche il gettito complessivo.
Italia al terzo posto UE per pressione fiscale
È giusto sottolineare che il giorno di liberazione fiscale è un puro esercizio teorico, ma serve, come sottolinea CGIA Mestre, a dimostrare quanto pesano le tasse sulle tasche degli italiani. Soprattutto se messo in contrapposizione ai tax freedom day degli altri Paesi europei.
Gli ultimi dati disponibili, quelli del 2022, mostrano che solo in Francia e in Belgio la pressione fiscale è più alta di quella italiana. Di seguito i dati dei 27 Paesi dell’Unione Europea.
Paese | Pressione fiscale |
Francia | 47,7% |
Belgio | 45,1% |
Italia | 43,5% |
Austria | 43,3% |
Danimarca | 43,1% |
Finlandia | 43% |
Grecia | 42,6% |
Svezia | 42,2% |
Germania | 41,9% |
Lussemburgo | 39,3% |
Paesi Bassi | 39,3% |
Spagna | 38,5% |
Portogallo | 38,2% |
Cipro | 36,9% |
Slovenia | 36,4% |
Croazia | 36,3% |
Polonia | 35% |
Slovacchia | 34,9% |
Repubblica Ceca | 34,7% |
Ungheria | 34,5% |
Estonia | 32,8% |
Lituania | 31,9% |
Bulgaria | 30,9% |
Lettonia | 30,4% |
Malta | 30,2% |
Romania | 27,2% |
Irlanda | 21,6% |
La pressione fiscale media rilevata nell’Unione Europea è del 41,2%, mentre per la sola area Euro è del 41,9%.