Riforma fiscale: ecco cosa succederà in autunno

A che punto siamo con la riforma fiscale? Il Governo è pronto a partire con i cambiamenti previsti e a rispettare la tabella di marcia. Scopriamolo

Pubblicato: 30 Agosto 2023 09:11

Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

L’autunno ormai è alle porte. Con la fine dell’estate si prospettano diverse novità per i contribuenti, dopo che è stata approvata la delega al Governo per la riforma fiscale. Quali saranno, ora come ora, i prossimi passi dell’Esecutivo? I prossimi passaggi saranno indubbiamente fondamentali, perché l’attività del governo si dovrà concentrare sull’attuazione dei decreti attuativi. Entro il 20 settembre 2023 si attendono già i primi schemi.

A questo punto la domanda è d’obbligo: l’Esecutivo è pronto? Riuscirà a rispettare il calendario che si è prefissato? Ma soprattutto quali saranno i punti chiavi intorno ai quali verterà la nuova manovra? Andiamo a scoprirli insieme.

La riforma fiscale: gli obiettivi del Governo

Uno degli obiettivi che si è prefissato il governo Meloni a seguito della riforma fiscale è la riorganizzazione del sistema tributario italiano. L’Esecutivo si è ufficialmente impegnato a realizzarlo attraverso l’emissione di alcuni decreti attuativi, che dovranno essere concepiti con la massima cura. Le prime proposte d’intervento dovrebbero arrivare entro e non oltre il prossimo 20 settembre 2023: questa scadenza, almeno nelle intenzioni, dovrebbe essere rispettata grazie all’istituzione delle tredici commissioni, nominate dal vice ministro Mef Maurizio Leo.

Gli obiettivi che governo di è impegnato a raggiungere attraverso la riforma fiscale sono ambiziosi: si parte dal cambiamento dell’Irpef, per arrivare alla flat tax, passando dal superamento di Ires ed Irap e dalla lotta all’evasione. Entro ventiquattro mesi l’Esecutivo ha intenzione di ristrutturare il sistema tributario nostrano, attraverso alcuni decreti attuativi specifici. Due anni, almeno sulla carta, appaiono un periodo ragionevole e sufficiente entro il quale fare la riforma fiscale. È necessario, però, muoversi con la massima cautela. Gli interventi che il Governo ha intenzione di attuare sono ambiziosi, ma soprattutto richiedono molte risorse economiche.

Il nodo delle coperture finanziarie

Uno dei nodi più complessi e difficili da affrontare, per la riforma fiscale, è costituito dalle risorse finanziarie. Entrando un po’ più nello specifico, al momento c’è una questione significativa relativa all’individuazione delle risorse finanziarie che risultano essere necessarie per poter sostenere economicamente le varie misure proposte.

La tabella di marcia prevede che i primi decreti attuativi diano disposizioni a quelle parti della riforma fiscale che non richiedano delle risorse aggiuntive. Anche se questa scelta potrebbe non essere sufficiente: la riforma fiscale dovrà obbligatoriamente fare i conti con la Manovra 2024, attraverso la quale l’Esecutivo dovrà identificare analiticamente tutte le fonti di finanziamento necessarie.

Il nodo delle risorse finanziarie potrebbe costituire, in un certo senso, il tallone d’Achille per il Governo, perché potrebbe correre il rischio di non essere in grado di rispettare l’impegno elettorale relativo alla diminuzione del carico fiscale sui contribuenti. Alcuni cambiamenti, rispetto alle promesse iniziali, sono già stati effettuati, come ad esempio la deviazione dalla flat tax per tutti ad una diminuzione delle aliquote Irpef. L’Esecutivo ha poi puntato sulla detassazione delle tredicesime, degli straordinari e dei premi di produzione. All’orizzonte, poi, si intravede anche il superamento dell’Ires e dell’Irap: l’obiettivo, in questo caso, è quello di andare a ridurre l’onere fiscale sulle spalle delle aziende.

Sono due a questo punto le questioni che sorgono:

Il Governo, ora come ora, deve affrontare una vera e propria sfida, che non appare sicuramente facile.

Da dove partirà il Governo

La Legge 111/23 è entrata in vigore proprio in questi giorni (il 29 agosto 2023, per l’esattezza). Al momento, però, non è ancora chiaro quale possa essere il percorso che il governo ha intenzione di seguire per riuscire ad attuare la Legge Delega. Una delle ipotesi, che sono al vaglio in questo momento, prevede una vera e propria semplificazione del calendario degli adempimenti fiscali. Giusto per avere un’idea degli impegni che coinvolgono i contribuenti oggi, basti pensare che sono gravati da qualcosa come 1.500 scadenze. Gli obiettivi di intervento sono i seguenti:

È possibile che entro la fine di quest’anno o l’inizio del 2024 potrebbero arrivare i primi testi unici derivanti da questa riforma. Ricordiamo che la riforma fiscale contempla, tra le altre cose, l’introduzione del pagamento a rate del secondo acconto di novembre dell’Irpef.

L’intenzione è quella di riuscire ad avviare un processo di semplificazione che vada a coinvolgere anche i titolari di partita Iva. E che, soprattutto, sia in grado di andare a ridurre l’entità del carico fiscale che si concentra in determinate date. Entrando un po’ più nello specifico, l’Esecutivo avrebbe allo studio la possibilità di suddividere gli acconti di novembre in rate, con un limite massimo di 500mila euro.

La lotta all’evasione e il Pnrr

Il Governo, nell’attuazione della Legge Delega, dovrà concentrarsi anche sulla lotta all’evasione fiscale. Già dal 2024, l’Esecutivo ha intenzione di promuovere il concordato preventivo e l’adempimento collaborativo tra le parti. Questi obiettivi potrebbero essere centrati utilizzando l’intelligenza artificiale.

In varie occasioni Maurizio Leo si è soffermato sull’importanza di intervenire in maniera attiva per contrastare l’evasione fiscale. È indispensabile, soprattutto, andare a intercettarla prima che si possa verificare.

Il contrasto all’evasione fiscale si andrà a basare su tre elementi:

La riforma fiscale – è importante tenere a mente questo particolare punto – si va ad inserire all’interno di alcuni accordi internazionali presi dall’Italia, come ad esempio il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Continua, infatti, a rimanere una variabile incerta costituita da un particolare impegno delineato proprio dal PNRR, ossia la riduzione del divario fiscale.

Tra le modifiche richieste da Roma a Bruxelles rientra anche una dilazione della riduzione del gap fiscale a vantaggio di un maggiore impegno verso la conformità fiscale, per il momento continua rimanere incerta la risposta dell’Unione europea, che potrebbe non accettarla. Il rischio è di non riuscire ad accedere ad ulteriori finanziamenti provenienti proprio dall’Ue.

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