Pignoramento, la banca può versare tutto il tuo saldo al Fisco per 60 giorni

In caso di pignoramento la banca può versare al Fisco i soldi che hai attualmente sul conto corrente e quelli che riceverai in futuro

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

In molti ritengono che l’Agenzia delle Entrate Riscossione possa scattare una fotografia del momento della situazione patrimoniale di un debitore. In altre parole verificare cosa c’è sul conto corrente in quel momento e, al massimo, pignorare il saldo attuale: essere in rosso o avere un saldo vicino allo zero – secondo molti contribuenti – tutela da eventuali pretese del Fisco e permette di farla franca. Volendo proprio essere magnanimi, a rischio potrebbero essere, al massimo, le somme che vengono accreditate nei giorni successivi.

Una speranza – o un falso mito – che è stato completamente spazzato via dalla sentenza n. 28520 del 27 ottobre 2025 della Corte di Cassazione, che ha riscritto completamente le regole del pignoramento esattoriale speciale, che viene disciplinato dall’articolo 72-bis del Dpr n. 602/1973.

Pignoramento del conto corrente, il nuovo principio

I giudici della Suprema Corte hanno stabilito un nuovo principio: quando viene notificato alla banca un ordine di pagamento diretto, non viene congelato unicamente il saldo presente in quel momento. I suoi effetti vengono estesi sulla movimentazione dei successivi 60 giorni.

Cosa cambia in altre parole? A seguito di una richiesta da parte degli uffici dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, la banca è tenuta a bloccare tutte le somme con affluiscono sul conto corrente del debitore, anche quando il saldo è negativo nel momento in cui è arrivata la notifica e se risulta già effettuato un primo pagamento.

Siamo davanti a quella che può essere considerata a tutti gli effetti una svolta epocale, che mette nelle mani dell’Agenzia delle Entrate Riscossione un potere enorme e che, sostanzialmente, modifica le dinamiche del recupero dei crediti in Italia, almeno come le abbiamo conosciute fino ad oggi.

Un blocco che dura 60 giorni

La pronuncia della Corte di Cassazione è entrata a gamba tesa in una situazione che era a dir poco paradossale. Ma vediamo nello specifico cosa accadeva in precedenza: l’Agenzia delle Entrate Riscossione pignora un conto corrente. Il saldo è basso e, comunque vada, non sufficiente a saldare per intero il debito, ma la banca provvede a pagare immediatamente con quel poco che è presente. Il giorno successivo viene accreditato lo stipendio (o, comunque vada il debitore riceve un qualsiasi altro bonifico), ma le somme ricevute sono salve.

La banca, al contrario, avrebbe potuto prendersi i 60 giorni di tempo previsti dalla legge per effettuare tutte le verifiche e, a questo punto, i versamenti successivi sarebbero rientrati nel pignoramento. Un’azione di recupero poteva diventare un po’ più efficace se la banca avesse avuto meno sollecitudine nell’effettuare il pagamento.

Attraverso la sentenza n. 28520/2025 la Corte di Cassazione ha messo la parola fine a questa prassi. È stato chiarito che i 60 giorni previsti non valgono solo e soltanto per pagare, ma costituiscono uno spatium deliberandi: stiamo parlando, in altre parole, di un periodo di tempo che viene concesso ad un terzo soggetto – nel nostro caso alla banca – per comprendere cosa debba pagare.

Nel corso di questi 60 giorni il ruolo della banca non si limita ad essere esclusivamente quello di pagatore, ma diventa a tutti gli effetti il custode delle cifre dovute all’Agenzia delle Entrate Riscossione (ai sensi dell’articolo 546 del Codice di Procedura Civile).

Ma non solo: il vincolo di custodia non finisce nel momento in cui viene effettuato il primo pagamento.

Cosa succede quando il conto corrente è in rosso

Il caso finito sulla scrivania dei giudici della Suprema Corte è emblematico: ad una società era stato pignorato il conto corrente e la banca aveva provveduto a pagare con il saldo disponibile in quel momento. In un secondo momento sul conto avevano iniziato ad arrivare altre somme: la banca ha, quindi, girato i nuovi fondi all’Agenzia delle Entrate Riscossione, facendo andare in rosso la società che era stata immediatamente segnalata alla Centrale Rischi.

L’azienda, a questo punto, ha deciso di tutelarsi in Tribunale, dove ha vinto. Lo stesso risultato lo ha ottenuto anche in Appello. A ribaltare completamente la vicenda è stata la Corte di Cassazione, che ha dato ragione all’istituto di credito.

Su questo argomento infatti l’articolo 72-bis del Dpr n. 602/1973 è molto chiaro: la banca è tenuta a pagare i crediti che sono esigibili subito – entro 60 giorni – e quelli che lo diventano successivamente.

I giudici della Suprema Corte, in altre parole, hanno ribadito un principio già conosciuto: è possibile pignorare i crediti futuri, purché sia scaturito da un rapporto giuridico esistente (nel caso preso in esame lo è il conto corrente). In altre parole, non importa che il saldo risulti essere pari allo zero, se non addirittura negativo, al momento della notifica: il pignoramento continua a rimanere attivo e può intercettare ogni somma che entra nel corso dei 60 giorni successivi.

L’impatto sui debitori

Per quanti abbiano delle pendenze fiscali questa sentenza ha un impatto devastante. L’ordine di pignoramento non si limita a bloccare quanto presente sul conto corrente, ma è in grado di andare a intercettare tutti gli attivi del conto corrente nei due mesi successivi.

Un debitore del Fisco che riceve una notifica a metà mese, non può più sperare di riuscire a salvare lo stipendio che arriverà all’inizio di quello successivo. Qualsiasi bonifico in entrata dovrà essere girato direttamente al Fisco, almeno per i 60 giorni successivi. Nel caso in cui la banca non lo facesse rischierebbe in proprio.

La sentenza si basa sulla normativa attualmente in vigore, ma lo stesso principio si potrà applicare anche dopo il 1° gennaio 2026, quando saranno entrati in vigore gli articoli 169 e seguenti del D.Lgs n. 33 del 24 marzo 2025, che ricalca le stesse disposizioni.

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