Quante tasse pagherebbero i redditi più alti col taglio dell’Irpef: le nuove aliquote

Nuove ipotesi sul taglio dell’Irpef per i redditi fino ai medio-alti: le discussioni si rincorrono e il vero nodo è rappresentato dalle risorse

Pubblicato: 29 Agosto 2024 14:28

Alessandra Di Bartolomeo

Giornalista di economia

Giornalista esperta di risparmio, ha maturato una vasta esperienza nella divulgazione di questioni economiche.

Entrano nel vivo le discussioni sulla manovra di bilancio 2025, soprattutto per quanto concerne la ventilata ipotesi di un nuovo taglio all’Irpef per i redditi fino a 60mila euro. Non si tratta soltanto di una suggestione rilanciata dai media. Maurizio Leo, viceministro all’Economia, ha annunciato una misura di questo tipo più volte, l’ultima nel mese di agosto.

In quell’occasione, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, aveva sottolineato come i nuovi sgravi sui quali stava ragionando l’esecutivo non avrebbero riguardato più le fasce di reddito medio-basse, ma quelle superiori ai 35mila euro e forse oltre i 50mila euro, dove non si sentono più i benefici del taglio al cuneo fiscale. Il nodo da sciogliere riguarda ovviamente le risorse che sarà possibile mettere in campo, ma la riduzione dell’Irpef in una forma o in un’altra sembra essere uno dei cavalli di battaglia della prossima legge di bilancio.

La questione delle risorse: si punta sul concordato preventivo biennale

La suggestione di un nuovo taglio dell’Irpef per i redditi medio-alti potrebbe trasformarsi in realtà nel caso in cui il governo Meloni riuscisse a fare cassa con il concordato preventivo biennale. Si tratta di un meccanismo pensato dall’esecutivo che permette alle partite IVA di concordare, a partire da specifici parametri connessi alla categoria di riferimento, i versamenti da effettuare nel biennio prossimo.

In cambio, i possessori di partita IVA sarebbero certi di non ricevere controlli fiscali nei due anni a venire. La misura, contestata da più parti perché sembrerebbe strizzare l’occhio all’evasione fiscale, prevede una prima scadenza di pagamento il 31 ottobre prossimo. È difficile immaginare se la misura sta attraendo davvero le partite Iva e se quindi l’esecutivo avrà abbastanza disponibilità economica per le misure della manovra 2025.

Tutte le ipotesi in campo per la riduzione dell’Irpef

La riforma fiscale avviata dal governo Meloni con la manovra di bilancio 2024 prevedeva già allora una seconda parte. Il già ricordato Maurizio Leo aveva infatti annunciato, alla fine del 2023, che il “secondo modulo” della riforma dell’Irpef avrebbe dovuto riguardare le fasce di reddito medio-alte.

Il programma dell’esecutivo sarebbe quello di arrivare, riforma dopo riforma, a un sistema fiscale a sole due aliquote: il primo modulo ha tagliato le fasce da quattro a tre, adesso si tratterebbe di portare avanti quanto iniziato l’anno scorso. Il progetto si scontra ovviamente con la mancanza strutturale di risorse, per cui è estremamente difficile che questa ulteriore riduzione possa avvenire in tempi brevi.

Quello che invece il governo Meloni potrebbe fare, secondo una suggestione che proviene da Il Sole 24 Ore, è la riduzione della pressione fiscale sull’aliquota intermedia dal 35% al 33%, oppure alzare a 60mila euro il limite del secondo scaglione, quello oltre il quale parte l’aliquota del 43%. In questo senso, si potrebbe arrivare a una riduzione delle tasse per i redditi compresi tra i 50mila e i 60mila euro.

Si inizierà a discutere concretamente della manovra 2025 il 30 agosto, in un incontro previsto tra la premier Giorgia Meloni e i due vice premier, Antonio Tajani e Matteo Salvini.

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