Che si tratti di un abbonamento in palestra, di un finanziamento o della sottoscrizione di un servizio online, nella frenesia quotidiana, quanti di noi hanno firmato un contratto senza esaminarlo con cura, affidandosi alla controparte o considerandolo una semplice formalità? Secondo recenti statistiche, il 33,5% degli italiani ammette di non leggere integralmente i “Termini e Condizioni”, mentre il 9% delega questa lettura ad altri, esponendosi così a potenziali svantaggi economici e clausole sfavorevoli.
Indice
Quali sono i rischi principali?
La firma su un contratto è un vincolo giuridicamente vincolante (art. 1321 c.c.), che obbliga le parti al rispetto delle condizioni pattuite, anche se il documento non è stato letto integralmente. Tuttavia, nei rapporti tra professionisti e consumatori, la legge pone un obbligo di trasparenza, affinché le clausole siano chiare e non ingannevoli. Se da un lato il firmatario è responsabile della verifica del contratto prima di sottoscriverlo, dall’altro la controparte deve fornire informazioni corrette ed evidenziare eventuali clausole onerose.
Le clausole vessatorie: quando il contratto è sbilanciato
Le clausole vessatorie (art.1341 c.c.), sono quelle condizioni contrattuali che determinano un significativo squilibrio a sfavore di una delle parti, spesso il consumatore. Per essere valide, queste clausole devono essere accettate esplicitamente e per iscritto.
Esempi di clausole vessatorie:
- “Il cliente rinuncia a qualsiasi azione legale contro l’azienda in caso di problemi con il servizio”. Tale clausola priva il cliente del diritto di difendersi in caso di disservizi o danni.
- “L’azienda può modificare unilateralmente le condizioni del contratto senza preavviso”. Il cliente potrebbe ritrovarsi a dover pagare di più senza possibilità di opposizione.
- “Il cliente accetta che eventuali controversie siano risolte esclusivamente presso il tribunale scelto dall’azienda”. Se l’azienda ha una sede legale lontana, il cliente dovrà affrontare spese legali molto più alte per difendersi.
Le penali nascoste: pagare senza sapere
La presenza di clausole penali (art. 1382 c.c), può comportare l’obbligo di pagare somme predeterminate in caso di inadempimento o ritardo nell’adempimento delle obbligazioni contrattuali. Anche in tal caso, le conseguenze possono essere pesanti.
Immagina di aver sottoscritto un contratto con una compagnia telefonica che prevede una penale di 500 euro per la disdetta anticipata. Se decidi di cambiare operatore prima della scadenza, ti ritroverai a pagare una cifra sproporzionata, spesso senza che l’importo sia stato chiaramente evidenziato al momento della firma.
Impegni a lungo termine
Uno dei maggiori rischi nella sottoscrizione di contratti è rappresentato dagli impegni a lungo termine, spesso inseriti in maniera poco evidente nelle condizioni generali. Molti contratti di servizi – come abbonamenti a palestre, contratti di telefonia, forniture energetiche o servizi digitali – prevedono periodi minimi di vincolo, rinnovi automatici e costi elevati per il recesso anticipato.
Ad esempio:
- contratti di telefonia e internet. Un’offerta vantaggiosa potrebbe celare un vincolo contrattuale di 24 o 36 mesi. La risoluzione anticipata comporta, oltre alla cessazione del servizio, l’obbligo di pagare tutte le rate residue di eventuali dispositivi inclusi e, in alcuni casi, una penale.
- servizi digitali e pay TV. Molte piattaforme offrono promozioni a prezzo ridotto per i primi mesi, ma con rinnovi automatici annuali e termini di disdetta stringenti. Se il recesso non viene comunicato con un preavviso adeguato, il contratto si rinnova e il cliente è tenuto a pagare l’intero periodo successivo.
Per tutelarsi, occorre, ovviamente, leggere attentamente tutte le clausole contrattuali, richiedere chiarimenti su eventuali punti oscuri e, se necessario, consultare un avvocato prima della sottoscrizione. Una diligenza preventiva può prevenire conseguenze gravose derivanti da obbligazioni assunte inconsapevolmente.
E’ possibile annullare un contratto firmato senza averlo letto?
La firma di un contratto comporta un impegno giuridico e, in linea generale, la mancata lettura delle clausole non è di per sé un motivo valido per annullarlo. Tuttavia, la legge prevede alcuni casi specifici in cui un contratto può essere dichiarato annullabile, qualora vi siano vizi del consenso, ossia situazioni in cui la volontà di una delle parti è stata viziata da errore, violenza o dolo (art. 1427 c.c.).
Errore essenziale e riconoscibile
Un contratto può essere annullato per errore solo se questo è:
- essenziale, ossia determinante per la volontà contrattuale della parte che lo ha subito.
- riconoscibile dalla controparte, cioè se l’altra parte era in grado di accorgersi dell’errore al momento della stipula.
Un soggetto firma un contratto credendo di acquistare un’automobile nuova, ma in realtà sta sottoscrivendo un accordo per un veicolo usato. Se l’errore era evidente per il venditore e quest’ultimo ha omesso di chiarire la reale natura dell’oggetto del contratto, si potrebbe richiedere l’annullamento dell’accordo.
Dolo contrattuale: quando l’inganno porta all’annullamento
Il dolo si verifica quando una parte induce l’altra a sottoscrivere il contratto con raggiri, artifici o omissioni intenzionali, alterandone la volontà. È il caso di un’agenzia di viaggi propone un contratto per una vacanza all-inclusive, omettendo volutamente informazioni sulle spese aggiuntive obbligatorie. Se il consumatore scopre dopo la firma che il pacchetto richiede costi extra rilevanti (es. tasse di soggiorno non dichiarate, supplementi obbligatori), potrebbe invocare il dolo per chiedere l’annullamento del contratto.
La giurisprudenza ha chiarito che il dolo può consistere anche in omissioni, purché il silenzio su elementi determinanti sia parte di una condotta ingannevole. La Corte di Cassazione ha stabilito che il dolo omissivo, ossia la mancata comunicazione di informazioni essenziali, può giustificare l’annullamento solo se fa parte di un disegno complessivo finalizzato a ingannare l’altra parte (Cass. sent. n. 16605 del 2022).
L’onere della prova
Chi richiede l’annullamento di un contratto per errore o dolo deve dimostrare con prove concrete che il vizio del consenso ha influenzato la sua decisione. In assenza di elementi oggettivi, non è possibile far annullare un contratto solo perché non lo si è letto attentamente.
Diritto di recesso: sciogliere un contratto senza penali
In alcuni casi, la legge tutela il consumatore prevedendo un diritto di recesso che consente di uscire da un contratto senza dover dimostrare vizi del consenso. Il Codice del Consumo (D.lgs. 206/2005) stabilisce che per i contratti conclusi a distanza (online, telefono) o fuori dai locali commerciali (ad es. porta a porta), il consumatore ha 14 giorni di tempo per recedere senza dover fornire alcuna motivazione. Tuttavia, questo diritto non si applica a tutti i contratti: esistono eccezioni, ad esempio per acquisti personalizzati, servizi già erogati o beni deperibili.