Negoziati per Gaza a Sharm, Trump: “Dialogo proficuo con Hamas”

Il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi da entrambi le parti sono tra gli obiettivi del piano di Trump per Gaza, ma restano dubbi

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Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

C’è grande attesa per i negoziati di pace per Gaza a Sharm el-Sheikh, in Egitto. Donald Trump ha commentato su Truth che le discussioni del week-end con Hamas e con i Paesi del mondo arabo sono state molto positive. In settimana, secondo le parole del presidente degli Stati Uniti, si dovrebbe concludere la prima fase del piano di pace attraverso la liberazione degli ostaggi israeliani e la fine dei bombardamenti sulla popolazione civile nella Striscia di Gaza.

I negoziati si terranno a partire da lunedì 6 ottobre tra le parti interessate, ovvero Hamas e Israele. Il primo ha annunciato l’arrivo della sua delegazione, guidata da Khalil al-Hayya, in Egitto. Si attende l’arrivo di quella israeliana, guidata dal ministro degli Affari strategici Ron Dermer, dal capo dello Shin Bet e dal capo del Mossad. Dovrebbero arrivare anche l’inviato speciale Usa, Steve Witkoff, e il genero del presidente Jared Kushner.

Il piano di Trump non è perfetto, ma è un primo passo

Ci sono tante voci autorevoli a discutere del piano di Trump per la pace a Gaza e tutte concordano sul fatto che non sia un “piano perfetto ma…”. Il “ma” serve a confermare che al momento non c’è altra speranza per i civili palestinesi, che anche durante i colloqui vengono bombardati.

Hamas ha accettato di negoziare, eppure la notte tra domenica 5 e lunedì 6 è stata un’altra notte di raid aerei. La conferma arriva dallo stesso esercito israeliano, che in una dichiarazione su X ha affermato di aver preso di mira i combattenti palestinesi. Almeno 24 persone sono state uccise prima dell’inizio dei colloqui in Egitto.

Anche per questo, dichiara la ministra degli Esteri dell’Autorità nazionale palestinese Varsen Aghabekian:

Il piano di Trump non è perfetto, ma è un passo nella giusta direzione.

La visione di questo accordo, aggiunge, incoraggia una soluzione politica e menziona l’avvio di un percorso verso lo Stato palestinese. Quindi no, non è perfetto, ma intanto permetterà il rilascio degli ostaggi, compresi quelli palestinesi dimenticati, che in massa (inclusi bambini) affollano le prigioni israeliane.

Le reazioni del mondo occidentale

Il clima di speranza, termine usato anche dal patriarca di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, si percepisce. Pizzaballa aggiunge che è un primo passo, ma anche che:

La fine di questa guerra orribile non sarebbe la fine del conflitto: il cessate il fuoco non è la pace. Però è un primo passo, la premessa necessaria per cominciare un percorso nuovo, diverso.

I leader europei sembrano credere tutti nel piano di Trump per la pace a Gaza.

Non perché il piano sia perfetto per i gazawi (e come abbiamo visto non lo è), ma perché la questione palestinese sta diventando troppo scottante: le manifestazioni richiamano sempre più persone, il boicottaggio delle attività in linea con Israele inizia ad avere un peso importante e le richieste di rottura di accordi da parte di governi e università sono sempre più pressanti.

I 20 punti proposti dagli Stati Uniti sono una mossa che, usando le parole di Giorgia Meloni:

Squarcia le tenebre della guerra.

Qual è il piano di Trump?

Ma cosa prevede? Andiamo con ordine:

Quest’ultimo punto è il più controverso.

Prevede infatti di affidare la formazione del governo a una commissione palestinese supervisionata da un Consiglio della Pace guidato da Donald Trump stesso. A questo si aggiungono personaggi come l’ex primo ministro britannico Tony Blair, che di fallimenti è esperto.

Sarà, dicono i commentatori, il garante degli immobiliaristi americani e dei loro sodali arabi e israeliani.

Non a caso Trump, da “esperto immobiliare”, sta già pensando a un piano per lo sviluppo economico di Gaza attraverso “razionali proposte di investimento ed eccitanti idee di sviluppo”.

Di nuovo la possibilità della Riviera di Gaza costruita sul sangue? Forse. Sicuramente nessuno ha chiesto cosa ne pensano i palestinesi. Lo fa notare il più noto degli storici israeliani del momento, Ilan Pappé, che sul piano di Trump parla di “fallimento” proprio perché “nessuno chiede ai palestinesi del loro futuro”.

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