Dopo la decisione degli Stati Uniti di aumentare i dazi fino al 20% sui prodotti cinesi, Pechino ha risposto colpendo al cuore dell’economia americana: nuove contro-tariffe del 10% e 15% su grano, pollame e cotone. E mentre il presidente Donald Trump evita ogni domanda su una possibile recessione, il Canada alza la voce: “I nostri dazi resteranno fino a quando gli Stati Uniti non ci mostreranno rispetto”, ha dichiarato il nuovo premier Mark Carney.
Il braccio di ferro tra Stati Uniti, Cina e Canada agita i mercati e fa tremare le Borse. L’unico Paese a ritagliarsi il proprio spazio è il Messico, che grazie al pressing dell’industria automobilistica, ha strappato a Trump un congelamento dei dazi sulle esportazioni. Per adesso, almeno.
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Contro-dazi cinesi al 15% e 10% su tanti prodotti
Pechino non ha perso tempo. In risposta ai dazi di Donald Trump, ha alzato le proprie tariffe su una lunga lista di prodotti agricoli e industriali americani. Pollame, grano, mais e cotone, su cui ora pende un dazio del 15%. Mentre soia, carne suina e bovina, frutta, verdura e latticini se la cavano (si fa per dire) con un aumento del 10%.
Non finisce qui. Ha incluso nella sua lista nera 15 aziende statunitensi e alzato i dazi anche su carbone, gas naturale liquefatto e petrolio. Inoltre, ha messo nel mirino macchine agricole, pick-up e auto di grossa cilindrata. Il messaggio è chiaro: colpire l’economia americana dove fa più male.
La sfida di Carney: “Dollaro per dollaro”
Anche il Canada risponde e lo fa con Mark Carney, ex banchiere centrale, ora nuovo premier canadese. Dopo l’addio di Justin Trudeau, Carney sembra voler usare il pugno duro: “Non possiamo permettere che Trump vinca”.
Carney, con un passato tra le fila della Goldman Sachs e due poltrone da governatore alle spalle (Canada e Inghilterra), si dice pronto a difendere il Paese con ogni mezzo. Ha quindi promesso che le tariffe canadesi contro gli Usa resteranno in vigore “fino a quando gli americani non ci mostreranno rispetto”.
A preoccupare il Paese però non ci sono solo i dazi (per ora in pausa), ma anche le continue allusioni di Trump a un’annessione del Canada come “51° Stato”.
Gli Usa temono la recessione?
La guerra commerciale inizia a colpire anche gli Stati Uniti e Donald Trump ha eluso alcune domande dei giornalisti in merito durante un volo. Il mercato però risponde per lui. Secondo gli economisti intervistati da Reuters, le probabilità di recessione sono aumentate a causa delle scelte commerciali dell’amministrazione Usa.
La soluzione messicana: come ha fatto a sospendere i dazi
E mentre Cina e Canada alzano i toni in risposta ai dazi, ricordiamo la prova di diplomazia del Messico. Questo rischiava di essere uno dei Paesi più colpiti, apertamente minacciato da Trump in più occasioni, anche simboliche come il cambio del nome del Golfo del Messico.
La presidente Claudia Sheinbaum, però, è riuscita a strappare a Trump un rinvio sui dazi. Un accordo reso possibile da diverse azioni, come la consegna di narcotrafficanti che minacciavano gli Usa e grazie anche all’intervento dell’industria automobilistica americana. Le case automobilistiche producono gran parte delle loro vetture in Messico e imporre dazi avrebbe fatto lievitare i prezzi negli Stati Uniti. Da qui l’intervento che sembra aver fatto cedere Trump sul rinvio.