Il pane lievita, si sa. Ma anche il prezzo del pane al chilo, da un anno all’altro, può subire aumenti sensibili. In alcune città italiane il costo di un chilo di pane ha raggiunto picchi mai visti. E i motivi sono strettamente legati all’attualità.
Prezzo del pane al kg su per via della guerra
Il principale motivo è legato alla guerra in corso fra Mosca e Kiev: dal 24 febbraio 2022, giorno dello scoppio del conflitto, le esportazioni di grano dall’Ucraina sono crollate. L’esercito russo ha confiscato parte del raccolto ucraino e ha bloccato le navi già cariche di materia prima destinata alla vendita sul mercato internazionale.
Schizza il prezzo del pane. Davvero viene venduto a rate?
La mano di Mosca sul grano Ucraino è servita per indebolire economicamente l’avversario. Ma, svaligiando il granaio d’Europa, Putin ha cercato anche di fiaccare l’Europa per spingerla ad allargare le maglie delle sanzioni economiche. Il braccio di ferro fra Kiev e Mosca non si è tenuto solo sui campi di battaglia, ma anche sull’accordo sul grano. E non solo: la scarsità del prodotto ha spinto i prezzi alle stelle aggravando situazioni già precarie in paesi africani e asiatici, il che si è risolto in una ulteriore spinta alle migrazioni verso la ricca Europa.
Negli ultimi tempi i continui rincari del prezzo del pane sembrano essere una costante, dal momento che già nella seconda metà del 2022 l’Eurostat aveva fotografato rialzi record. Fin qui si è parlato del grano già raccolto. Ma i continui bombardamenti, i blackout e la scarsità di benzina hanno ridotto la capacità degli ucraini di seminare i campi, il che si traduce in scarsità di prodotto anche per i mesi a venire.
Città in cui il pane costa di più
Con i prezzi delle materie prime alle stelle sono schizzati alle stelle anche i prezzi del prodotto finito. Di seguito la top five delle città italiane in cui il pane costa di più al chilo. Come si nota, tutte le città della lista si trovano al centro-nord. L’elaborazione, a un anno dallo scoppio della guerra in Ucraina, è stata fatta da Assoutenti su dati Mimit (Ministero delle Imprese e del Made in Italy).
- Bolzano: 6,21 euro
- Venezia: 5,91 euro
- Ferrara: 5,89 euro
- Treviso: 5,08 euro
- Bologna: 4,96 euro
Città in cui il pane costa meno
Procediamo con la classifica inversa, ovvero la top five delle città italiane in cui il pane costa meno. Aprono la lista due città meridionali, poi seguono due città del centro. Come si noterà, in Italia la differenza di prezzo fra la città in cui il pane costa di più rispetto alla città in cui costa meno è pari al 185%.
- Napoli: 2,18 euro
- Benevento: 2,45 euro
- Perugia: 2,51 euro
- Terni: 2,73 euro
- Siena: 2,82 euro
“Senza dubbio la guerra in Ucraina ha modificato profondamente i prezzi al dettaglio di molti prodotti venduti nel nostro paese”, commenta Furio Truzzi, presidente di Assoutenti. “Lo stop alle importazioni di grano, mais, olio di girasole da Russia e Ucraina, paesi che sono i principali produttori mondiali, ha portato come noto a rialzi delle quotazioni della materia prima, che si sono trasferiti in modo diretto sui prezzi al dettaglio di negozi e supermercati italiani. A ciò si aggiungono però anche evidenti fenomeni speculativi, considerato che la pasta viene realizzata con il grano duro, materia prima che l’Italia non importa dai due paesi in guerra. I consumatori italiani, quindi, hanno pagato e continuano a pagare il conto di un conflitto che ha rivoluzionato i listini del comparto alimentare, con i prezzi che una volta saliti, difficilmente torneranno ai livelli pre-guerra”, conclude Truzzi.
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Il ruolo della lavorazione artigianale
Ma il rincaro delle materie prime è solo uno dei fattori che spingono all’insù il prezzo del pane. Uno dei parametri da considerare, come visto, è di tipo geografico, con le città del nord che tipicamente soffrono maggiormente per gli aumenti dei prezzi. Ma anche qualità, originalità e lavorazione artigianale possono certamente influire sul prezzo. Per pani particolari (alle noci, alle olive, all’aglio, ecc…) il prezzo al chilo può arrivare anche a 16 euro. È chiaro che in questi casi, tuttavia, si esce dal campo dei prodotti di prima necessità per entrare nel campo dei beni voluttuari.